di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola, 30.10.2018
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, rimarca che “questa volta addirittura una professoressa ferita a sediate dai suoi alunni” e nel dire basta “a questa deriva e questo lassismo” esorta il Parlamento a votare una norma che attribuisca la “qualifica di pubblico ufficiale agli insegnanti all’interno degli istituti scolastici”.
A dire il vero, però, il docente è già a tutti gli effetti un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni di insegnante, a differenza degli assistenti amministrativi e dei collaboratori scolastici, i quali invece risultano solo “esercenti di una funzione pubblica”.
A questo proposito, proprio di recente, La Tecnica della Scuola aveva ricordato che esercitare violenza contro un docente equivale ad un reato aggravato: l’insegnante, infatti, nel corso dell’esercizio della sua funzione è già ampiamente considerato dalla legge un pubblico ufficiale. E per questo l’offesa del suo onore viene considerata un reato. Una condizione affermata anche dalla Cassazione.
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Nella sentenza della Corte Di Cassazione n. 15367 2014, i giudici hanno ribadito la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola, nella fattispecie in servizio nella secondaria di primo grado, nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni: tale condizione non riguarda solo le lezioni in classe, ma la Cassazione ha rilevato che va estesa “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore.
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Pure l’articolo 357 del Codice Penale dispone che “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“.
Agli stessi effetti, come disposto dal secondo comma dell’art. 357 novellato dalla L. 86/90 e successivamente modificato dalla L. 181/92, “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.
Dalla lettura della norma, pertanto, si evince che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81); “di collaborazione anche saltuaria” (Cass. Pen. n. 166013/84).
L’articolo 358 c.p., a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
La richiesta formulata quindi dalla leader di Fratelli d’Italia, presto espressa con uno specifico disegno di legge, andrebbe solo a ribadire a livello legislativo, qualora fosse approvata, quanto già ampiamente espresso in ambito giudiziario sulla base di norme, dirette e indirette, oggi in vigore
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