Insegnanti

Progetto per un sistema di istruzione fallimentare

di Mario Maviglia, Educazione & Scuola, 17.12.2020.

Avviso ai lettori: l’incipit di questo intervento è volutamente ironico, il seguito no. Purtroppo.

Se una forza politica italiana (o una coalizione di forze politiche) volesse affossare il nostro sistema di istruzione, dovrebbe lavorare relativamente poco: basterebbe lasciare le cose come stanno mantenendo gli standard attuali nei diversi ambiti che verranno elencati tra un po’. Naturalmente quanto stiamo dicendo è un puro divertissement: tutte le forze politiche italiane (beh, quasi tutte… qualcuna… vabbè, questo aspetto non consideriamolo…) sono alacremente impegnate a sostenere, sviluppare e valorizzare il nostro sistema di istruzione e a portarlo alle vette più eccelse per garantire un radioso avvenire alla nostra Patria e alle giovani generazioni nella profonda convinzione che una formazione seria, accurata e di alto profilo costituisce il presupposto per esaltare e diffondere nel mondo le italiche virtù e per proporre il nostro Paese come un faro di civiltà… Sì, forse ci siamo lasciati prendere la mano… Torniamo a noi. Quella forza politica che volesse contrastare lo sviluppo e l’innovazione del nostro sistema di istruzione ha già pronto il programma politico: basta che lasci inalterati i valori riportati sotto.

Retribuzione dei docenti. (Fonte: Eurydice, a.s. 2017/2018). Rispetto alla media UE gli insegnanti italiani hanno una retribuzione finale annua inferiore rispetto ai loro colleghi europei così determinata:

  • Docenti di scuola dell’infanzia e primaria: – 35,94%;
  • Docenti di scuola secondaria 1° grado:        – 28,35%;
  • Docenti di scuola secondaria 2° grado:       – 27,16%.

Da rilevare inoltre che per ottenere la retribuzione massima in UE ci vogliono in media 24 anni di servizio, in Italia ne servono 35. Pertanto i docenti italiani hanno bisogno di molti più anni rispetto ai loro colleghi europei per raggiungere la retribuzione massima che rimane comunque inferiore alla media UE.

Età dei docenti. (Fonte: OCSE, 2018). L’età media degli insegnanti italiani è di 49 anni a fronte di una media OCSE di 44. Il 48% dei docenti italiani ha più di 50 anni (a fronte di una media OCSE di 34%).

Competenze degli studenti nel lavoro cooperativo. (Fonte: OCSE-PISA, 2018). Nella capacità di lavorare insieme per risolvere un problema, gli studenti quindicenni italiani si collocano nella parte bassa della graduatoria (26° posto su 32 Paesi considerati), con un punteggio di 478 punti a fronte di un media OCSE di 500 punti. Singapore, prima in graduatoria, ha un punteggio di 561 punti. Questo vuol dire che gli studenti italiani non hanno adeguate competenze proprio in un ambito oggi particolarmente apprezzato dal mondo del lavoro, ossia la capacità di lavorare in gruppo e di fare squadra. Ma questo vuol dire anche che la scuola dedica poca attenzione allo sviluppo di questa competenza, enfatizzando oltremodo il lavoro individuale e la competizione.

Edifici scolastici. Accessibilità. (Fonte ISTAT, a.s. 2017/18). Solo il 32% degli edifici scolastici è accessibile agli allievi disabili, con forti divari tra Sud (26% di edifici a norma) e Nord (40%). Da notare che le prime leggi sull’inserimento dei disabili nella scuola del primo ciclo risalgono agli anni Settanta (L. 118/1971, L. 517/1977), e agli anni Ottanta quelle per il secondo ciclo (Sentenza Corte Costituzionale 215/1987).

Edifici scolastici. Sicurezza. (Fonte: MIUR, rilevazione 30/03/2020). Da tale rilevazione risulta che il 58,10% degli edifici scolastici è stato costruito prima del 1976. Per quanto riguarda specifici aspetti inerenti la sicurezza emerge che:

  • Il 53,76% degli edifici ha il certificato di collaudo statico;
  • Il 24,46% ha il certificato di prevenzione incendi;
  • Il 39,06% ha il certificato di agibilità;
  • Il 79,27% ha il piano di emergenza.

PIL e istruzione. (Fonte: OCSE, 2018). L’Italia spende circa un punto di PIL in meno per l’istruzione rispetto alla media UE, ossia 3,9% a fronte del 4,7% UE. Questo si traduce in minori investimenti sull’istruzione per circa 12-15 miliardi di euro all’anno.

Tagli alla scuola. (Fonte: Patrizio Bianchi, Nello specchio della scuola, Il Mulino). Nel periodo dal 2009 al 2016 (governi Berlusconi IV, Monti, Letta, Renzi) la spesa complessiva per l’istruzione in Italia è passata dal 9,21 % della spesa pubblica al 7,81%, complici sicuramente la crisi economica degli anni 2000 e l’enorme debito pubblico tipico della finanza italiana, ma anche l’atavica sottovalutazione della funzione propulsiva svolta dall’istruzione. Nello stesso periodo in Germania la spesa per l’istruzione passava dal 10,19 al 10,93% e la media europea si assestava intorno al 10%. In sostanza anche nel pieno della crisi economica alcuni Paesi hanno evitato comunque di apportare tagli all’istruzione, come invece ha fatto l’Italia. Con il Governo Berlusconi (ministro istruzione Gelmini) vengono tagliate 87 mila cattedre e 42.700 posti di personale ATA.

La lettura in Italia. (Fonte: ISTAT, 2018). Nel 2018 il tasso di lettura in Italia (ossia aver letto almeno un libro nel corso dell’anno) era del 40,6%, uno dei più bassi d’Europa. Per avere un’idea del fenomeno: Norvegia 90%, Francia 88%, Inghilterra 86%, Belgio 85%, Svezia 73,5%, Spagna 67,2%, Germania 60,1% (questo dato si riferisce alla lettura di almeno un libero al mese). Un popolo che legge poco è evidentemente un popolo poco documentato e informato.

Livello di ignoranza in Italia. (Fonte: Ipsos Mori, 2014). Secondo l’indagine condotta dall’agenzia Ipsos Mori la popolazione italiana risultava nel 2014 quella più ignorante su 14 Paesi esaminati. Per fare degli esempi: gli italiani credono che i disoccupati siano il 49% a fronte del 12% del dato reale; che gli over 65 anni costituiscano il 48% della popolazione a fronte del 21% del dato reale; che gli immigrati siano il 30% contro il 7% della realtà. Questo vuol dire che gli italiani non si documentano e non si informano. Nando Pagnoncelli (La Penisola che non c’è, Mondadori) sottolinea che in Italia è particolarmente ampia la distanza tra il dato percepito di un fenomeno e l’effettivo dato numerico di quel fenomeno.  Questa distanza viene definita indice di misperception, ossia indice di distorsione percettiva o, più banalmente, indice di ignoranza.

Il merito in Italia. (Fonte: Paolo Balduzzi e Alessandro Rosina, indagine Università Cattolica e Forum Meritocrazia, 2018). L’indagine ha interessato 12 Paesi e riguardava l’indice di meritocrazia (meritometro), rilevato attraverso uno strumento elaborato ad hoc per misurare il livello di meritocrazia di un Paese avendo come riferimento 7 aspetti: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza e mobilità sociale. L’Italia si colloca in ultima posizione in questa classifica, con un punteggio di 23,3; per avere un’idea di tale posizione si consideri che la Finlandia, in cima alla classifica, ha un punteggio di 67,7, ossia più del doppio dell’Italia. Fanno meglio dell’Italia perfino la Spagna (34,9) e la Polonia (38,8).

Asili nido. (Fonte: ISTAT, 2018). Nell’a.s. 2018-19 la copertura dei posti al nido rispetto alla fascia di bambini 0-3 anni era del 25,5%, ben lontana da quel 33% fissato come obiettivo dalla UE da conseguire entro il 2010. Peraltro vi sono delle grandi differenze tra le regioni: si va dal 44,7% di copertura della Valle d’Aosta al 7,6% della Campania.

(Fonte: Linda Laura Sabbadini, direttrice ISTAT, Repubblica, 25 luglio 2020). A fronte dell’appoggio del PD alla proposta della direttrice ISTAT di arrivare alla copertura del 60% dei posti ai nidi entro i prossimi 5 anni, il governo stanzia 100 milioni di euro per il 2022 e nella bozza di utilizzo dei fondi relativi al Recovery Fund per i nidi è prevista la modesta cifra di 0,9 miliardi. Ipotizzando in 2,5 milioni di euro il costo della costruzione di un asilo nido standard (5 sezioni), con le due fonti di finanziamento citate sopra si possono costruire ex novo 400 asili nido a livello nazionale, a meno che non si ricorra a edifici già esistenti e/o non si punti a finanziare la gestione di asili da parte di privati (in tal caso non vi sono le spese di costruzione). Ma anche in questo caso appare alquanto improbabile arrivare a coprire il 60% dell’utenza nei prossimi cinque anni.

Laureati. (Fonte: Patrizio Bianchi, Nello specchio della scuola, Il Mulino). L’Italia risulta penultima in UE per quanto riguarda il tasso di giovani laureati fra i 30 e i 34 anni (27,6% contro una media UE del 40%). Solo la Romania fa peggio di no. Eppure molti corsi di laurea prevedono ancora il numero chiuso per le iscrizioni. La riforma del 1999 che ha introdotto il sistema 3+2 (laurea triennale e magistrale) non ha evidentemente raggiunto i risultati sperati, anzi, ad essere più precisi, è stato un autentico flop.

Dispersione scolastica e Neet. (Fonte: Patrizio Bianchi, Nello specchio della scuola, Il Mulino). L’Italia detiene il triste primato in Europa per quanto concerne la dispersione scolastica (13,3% a fronte di una media UE del 10%). I giovani fra i 15-29 anni che non sono occupati e non sono in formazione (i cosiddetti Neet) in Italia costituiscono il 23,4% dei giovani di quella fascia di età a fronte di una media UE del 12,9%.

Come si vede, ci sono le condizioni ottimali per conseguire risultati significativi nella direzione del fallimento del sistema di istruzione in Italia: un atteggiamento politico indolente o ignavo è quello che ha maggiori possibilità di raggiungere il traguardo, senza particolari problemi. E non poche forze politiche italiane sono particolarmente idonee allo scopo.

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Progetto per un sistema di istruzione fallimentare ultima modifica: 2020-12-18T14:57:09+01:00 da
Gilda Venezia

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