di Orsola Riva, Il Corriere della sera, 26.1.2018
– Da quest’anno le prove Invalsi di terza media e seconda superiore si faranno al computer: ma le macchine sono poche e le connessioni inadeguate. Per questo si faranno in giorni diversi e saranno diverse per ciascun allievo. Un rebus organizzativo per i dirigenti e il rischio di contestazioni dagli studenti.
Quest’anno le prove Invalsi di terza media fanno un salto di qualità. Escono dall’esame, e quindi non faranno più media ai fini della votazione finale, ma ampliano il loro raggio d’azione (non più solo italiano e matematica: anche inglese) e soprattutto si modernizzano. In che senso? Che si faranno al computer. Era ora. Finalmente anche le scuole italiane escono dal pleistocene delle prove di carta e sposano la contemporaneità: i nostri ragazzi svolgeranno i test da un computer collegato a Internet. Bene, bravi, bis. Ma c’è un ma. Quanti computer collegati ad Internet ci sono nelle scuole italiane? Difficile stimare il numero di macchine (l’ultimo dato disponibile riferito all’anno scolastico 2014-15 è di una ogni otto alunni) ma quello che si sa per certo (l’ultima rilevazione ufficiale fatta dal Miur è di pochi mesi fa) è che meno della metà delle scuole italiane (il 47 per cento) può contare su una «connessione adeguata». Ecco perché la prova Invalsi al computer rischia di trasformarsi in un vero e proprio incubo organizzativo per i presidi. «La mia sensazione – dice Mario Rusconi presidente della cellula laziale del sindacato presidi Anp – è che ci saranno molte difficoltà a mettere in moto la macchina informatica. Non tutte le scuole hanno strumentazioni in grado di supportare gli impegni che si sbandierano».
Prove diverse per ciascun allievo
Solo il 48% degli edifici è interamente cablato, poco più della metà delle aule (il 56%) risultano cablate e connesse e nemmeno i laboratori lo sono al cento per cento (ma solo al 75%). Ecco perché – come scritto nelle note informative pubblicate l’autunno scorso dall’Invalsi – «la somministrazione CBT (computer based, ndr) implica necessariamente» che le prove non potranno più avvenire simultaneamente nello stesso giorno e alla stessa ora per tutti gli allievi delle scuole italiane e di conseguenza e non potranno più essere uguali per tutti ma varieranno da studente a studente. I quiz si comporranno di «domande estratte da un vasto repertorio di quesiti tutti uguali per livello di difficoltà e struttura – assicura l’Invalsi – e dovranno svolgersi in orari e giorni diversi all’interno di una finestra possibile che il Miur ha già fissato fra il 4 e il 21 aprile per gli studenti di terza media e fra il 7 e il 19 maggio per quelli del secondo anno delle superiori (sì, anche loro da quest’anno passano alla versione 2.0 delle prove.
Rapporto studenti-computer collegati in rete
Saranno le scuole stesse in base al rapporto fra il numero di studenti coinvolti e quello dei computer a disposizione a decidere come spalmare le prove, eventualmente anche decidendo di smembrare la classe in piccoli gruppi calendarizzati in orari e giorni diversi. «Si tratterà di organizzare un servizio, nulla di particolarmente difficile – sdrammatizza il dirigente scolastico distaccato al sindacato Giorgio La Rocca -. Se dovesse mancare la connessione in un plesso, vuol dire che gli studenti si trasferiranno nell’aula computer di un altro plesso dello stesso istituto comprensivo». Ma poiché le prove sono tre – italiano, matematica e anche inglese (almeno alle medie, con tanto di certificazione finale delle competenze linguistiche acquisite) e l’Invalsi stesso suggerisce che si svolgano in tre giorni diversi per ciascun allievo, incastrare gli spostamenti dei ragazzi dalla classe all’aula informatica e ritorno rischia di diventare un bel rebus. Mentre i prof non potranno fare lezione per tutto il tempo in cui i vari gruppi si assenteranno per le prove (che durano 75 minuti nel caso di italiano e matematica e un’ora e mezza in quello del test di inglese).
Rischio contestazioni
Che possano esserci delle difficoltà organizzative lo riconosce anche il neo presidente dell’Anp Antonello Giannelli «ma ritengo che il personale scolastico ce la farà a far fronte a quest’emergenza. La modalità telematica è più efficiente, oggettiva e trasparente e la correzione diventa automatica», senza oneri aggiuntivi per i docenti che invece fino all’anno scorso erano incaricati dell’ immissione dei dati e della correzione delle domande a risposta aperta. C’è però anche un altro rischio soprattutto alle superiori dove l’anno scorso si era registrato finalmente un tasso di partecipazione altissima (il 97 per cento degli studenti) dopo anni di boicottaggi. Ovvero che gli studenti, attaccandosi al fatto che non saranno più uguali per tutti, tornino a contestare senso e validità delle prove standardizzate, che – è bene ripeterlo – servono ad accertare se le scuole fanno o meno il loro lavoro, ovvero se, tenendo conto dei livelli di partenza che variano a secondo del contesto socio-economico di riferimento, riescono a far raggiungere ai ragazzi il livello di competenze a cui possono ambire. Non sorprende che, in questo contesto ancora abbastanza confuso, ci siano dei dirigenti che a questo punto si augurano, complice il fatto che siamo in campagna elettorale, in un ripensamento dell’ultimo minuto e che almeno ancora per quest’anno l’Invalsi si faccia su carta.
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