di Luca Malgioglio, dal profilo FB La nostra scuola, 13.1.2024.
Sintetizziamo qui alcune riflessioni emerse in un incontro del nostro gruppo con lo psicoanalista Alessandro Zammarelli (SIPre-Società Italiana di Psicoanalisi relazionale):
Il voto, se usato bene e adeguatamente motivato, può essere un ottimo strumento della relazione perché richiede, ‘chiama’ un completamento, l’integrazione individualizzata da parte dell’insegnante all’interno della relazione stessa. Accade o dovrebbe accadere questo: io, insegnante, mi prendo la responsabilità di assegnare quel voto proprio a te, singolarmente, e ti dico da dove arriva, cosa significa, cosa va bene nel lavoro che hai fatto e cosa può essere migliorato. Tra l’altro, nel caso in cui il voto provochi una piccola frustrazione, mi occupo anche di riparare quella frustrazione proprio con la spiegazione, la fiducia, l’incoraggiamento e le indicazioni su cosa migliorare.
Al contrario, una tabella impostata (e imposta) in astratto da qualcuno esterno alla relazione educativa, ad esempio con l’indicazione di livelli di “competenze”, dà l’illusione di una spiegazione – e quindi la presenza dell’insegnante, che è l’unico che può dare una spiegazione personalizzata, viene resa inutile – senza in realtà spiegare e chiarire nulla, fornendo una diagnosi burocratica che non ha niente a che fare con la singolarità dello studente e il suo modo di lavorare, otturando lo spazio della relazione con parole e formule uguali per tutti.
***
Altre considerazioni dopo un confronto sulla questione del voto con lo psicoanalista Luigi Carbone (Docente de Lo spazio psicoanalitico di Roma):
Gli insegnanti, a parte forse qualche caso di persona del tutto inadatta al compito che è chiamata a svolgere, non assegnano voti per ingenerare ansia e frustrazione negli studenti (quello dell’insegnante sadico è un fantasma persecutorio che viene agitato demagogicamente per cercare di dividere gli insegnanti da genitori e studenti e per arrivare a certi risultati di destrutturazione della scuola pubblica graditi al potere politico); semmai, nella stragrande maggioranza dei casi, aiutano a contenere e abituano a gestire l’ansia e la frustrazione di fronte a quello che è un dato di realtà che non va nascosto agli studenti, il fatto ad esempio che ciò che si è appreso in termini di conoscenze e di abilità non è ancora sufficiente alla prosecuzione del percorso e che il lavoro svolto, per qualche motivo che va accuratamente spiegato, deve essere migliorato.
Per dirla in altri termini, abituare ed aiutare un ragazzo ad affrontare gradualmente e a gestire frustrazioni e ansie che fanno parte della realtà – e non sono inventate e inflitte ad arte dagli insegnanti, come qualcuno vorrebbe far credere – è un esercizio e un’esperienza che servirà per tutta la vita che, in quanto vita, richiede la capacità di confrontarsi in maniera equilibrata anche con le frustrazioni.
***
Ulteriori considerazioni
Fa comodo a tanti far pensare che ragazzi con genitori inesistenti, che vivono una profonda confusione ed enormi vuoti interiori, isolati e privati della socialità in nome di un individualismo egoista che ammorba relazioni e affetti, incollati a uno smartphone attraverso social pensati per drogare l’attenzione e produrre dipendenza, spinti a stare lontani da qualunque forma di cultura e di introspezione, circondati da adulti irresponsabili incapaci di parlare loro e dal deserto della politica, ridotti a utenti e consumatori solitari (i più graditi al mercato), abbandonati a se stessi, futuro “capitale umano” cui non viene offerto nessun futuro lavorativo ed esistenziale, soffrano a causa dei voti scolastici.
La sofferenza e l’ansia di fronte a dei normali voti, che accompagnati da una spiegazione rappresentano solo un’indicazione sul lavoro svolto a scuola (a meno che, si intende, non siano caricati di eccessive aspettative da parte delle famiglie), sono un sintomo che andrebbe ascoltato, l’ultimo anello di una catena di fragilità, di mancanza di affetto e di significato che nessuno ha interesse a indagare davvero, non certo il problema in sé. Anzi, si potrebbe dire che l’eliminazione del voto farebbe aumentare, anziché diminuire, il senso di confusione e toglierebbe al contesto scolastico un’altra parte della sua capacità di contenere l’ansia attraverso la chiarezza di indicazioni e confini.
Gruppo La nostra scuola
Associazione Agorà 33
.
.
.
.
.
.
.
.
Qualche appunto sugli aspetti psicologici del voto ultima modifica: 2024-01-13T17:30:05+01:00 da