Quale contributo attendiamo dalla filosofia

di Francesco Provinciali, Mente politica, 11.9.2019

– Verso il Festival della filosofia di Modena del 13-14-15 settembre 2019

Osservando il mondo intorno a noi, per quello che ci è dato di percepire e – soprattutto- di conoscere, capire e distinguere nei limiti delle nostre facoltà – siamo da qualche anno partecipi di una sensazione di sfaldamento e intorbidimento che interessa la dimensione esistenziale e i suoi contesti: l’ambiente, la politica, l’economia, il lavoro, le relazioni familiari e in generale il rapporto con gli altri.

Ricordo le parole di Umberto Galimberti: “Come posso applicare il principio evangelico ama il prossimo tuo come te stesso, se il mio prossimo non esiste più?” Di questo sentimento di incertezza cosmica rispetto al senso stesso dell’esistere, ai rapporti sociali , all’invadenza delle nuove tecnologie e del pensiero calcolante, ci restano le piste analitiche tracciate da Zygmunt Bauman, impareggiabile nel cogliere lo spaesamento dell’uomo contemporaneo in una società dove sono venuti meno- ad uno ad uno – i punti di riferimento rassicuranti che costituivano la base dell’idea di progresso e di miglioramento della condizione antropologica ed esistenziale.

Al centro di tutto il conflitto tra natura e cultura, tra essere e divenire, tra tradizione e innovazione, conservazione e progettualità.

Un mondo indefinito, incompiuto, imperfetto, incerto dove ci si perde nel pantano della compresenza simultanea della totalità della realtà e della indecifrabile lettura di questa tessitura di opposti e di contrari.

Ragionamento ripreso e sviluppato dentro un autonomo percorso di riflessione dal filosofo – o come amava definirsi “storico delle idee”- Tullio Gregory al quale siamo debitori di un’intuizione fondamentale: il gap che separa la teoria dalla pratica e la conseguente necessità di uno studio semantico e lessicale dell’uso delle parole: “chi invita alla ragione, chi pretende venga messa al centro dei problemi e delle riflessioni dovrebbe sentirsi poi in dovere di impegnarsi usandola nei confronti degli altri e con gli altri'”.

Soprattutto se applicato alla politica (e di questo accostamento siamo oggi più che mai consapevoli): “L’eloquio dei politici in Parlamento rivela la scarsa familiarità con i libri e la cultura”.

Questo breve incipit può indurci a ricrederci su un assioma finora indimostrabile ma sul quale pare molti siano disposti a cambiare idea: l’esistenza e l’incidenza dei conflitti generazionali in un mondo in cui si coglie l’abisso che separa le idee dalle azioni. Mi piace qui ricordare la documentata ricerca socio-economica di Sgritta e Raitano della Sapienza sul tema dei rapporti generazionali tra conflitti e sostenibilità, che può utilmente essere collocata sullo sfondo di approfondimenti e ricadute socio-culturali e perché no di valutazioni filosofiche che possono utilmente declinarne le prospettive esistenziali ed antropologiche.

L’improvvisa accelerazione imposta in modo pervasivo dall’ingresso della tecnica nella nostra vita può spiegare quella sorta di mutazione ontologica e generazione di cui avvertiamo una impalpabile presenza e che si esprime in una congerie simultanea di problemi nuovi che l’uomo del primo secolo del terzo millennio dovrà affrontare: l’incremento demografico, le migrazioni bibliche, la prevalenza della geoeconomia sulla geopolitica, l’imminente show down ambientale, l’estinzione delle biodiversità, le aspettative sulla vita, la salute, il lavoro, il ricambio generazionale, i problemi specifici dei giovani e degli anziani in un mondo dove si vive più a lungo ma in un modo sempre più interfacciato e complicato.

Ne’ Bauman, ne’ Gregory saranno presenti al Festival della filosofia che i svolgerà a Modena/Carpi/Sassuolo il 13-14 e 15 settembre p.v. ma il calendario dei lavori, i temi affidati ad approfondimenti monografici e la qualità dei relatori , creano ragionevoli aspettative sul contributo che il pensiero filosofico potrà offrire al dibattito culturale che investe e riassume tutti i temi correlati alla collocazione dell’uomo nell’universo simbolico e materiale del nostro tempo, anche in memoria e onore di questi grandi maestri recentemente scomparsi.

Non sarà una nicchia di riflessione e confronto per soli iniziati, ci si attende un contributo di idee e di analisi capaci di traghettare l’uomo e il pensiero verso prospettive guidate dalla ragione, dal sentimento e dall’uso del pensiero critico. Che sono poi tre convitati di pietra nel desolante panorama di semplificazione culturale del nostro tempo, nel quale si vive di luoghi comuni e si fa un uso commerciale del linguaggio e della comunicazione, dove la ricerca socratica e platonica della verità viene dissimulata e alterata dal virtuale che sostituisce il reale, dalle fake news che rimpiazzano ed enfatizzano le notizie, dove paradossalmente la precarietà in tutte le sue caleidoscopiche sfaccettature esistenziali ridimensiona le coordinate spazio-temporali alle quali volentieri affideremmo una concezione più rassicurante della nostra vita.

Dal Festival della Filosofia ci si attendono idee e percorsi praticabili per la loro realizzazione.

Ci si aspetta un impegno di saldatura e continuità tra riflessione teoretica e applicazioni pratiche, immaginando che la filosofia possa entrare – mater magistra – nella nostra quotidianità, illuminandola.

Dopo il fallimento conclamato dell’economia e della politica – orfane di tassonomie etiche – come guide allo sviluppo dell’umanità, capaci di generare aspettative immaginifiche ma in realtà deludenti e conflittuali, serve qualcuno che ci prenda per mano e ci guidi a capire i valori importanti della vita, il senso dell’esistere, la dignità dell’essere umano.

Non a caso due relazioni che attendiamo con curiosità intellettuale e con speranza riguardano “l’individuo” e la “persona”: saranno affidate rispettivamente ad Emanuele Severino e Umberto Galimberti.

Che insieme ad altri illustri relatori (da Cacciari a Recalcati, da Nancy a Panebianco, da Zagrebelsky a Massini da Magatti a Mons. Paglia) pur non avendo l’ambizione di presentarsi come depositari di verità rivelate, possono accendere molte fiaccole affinché questa ricerca si allarghi e si estenda, in modo che ciascuno sia stimolato a trovarne una in cui credere.

Francesco Provinciali, Ex dirigente ispettivo MIUR

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Quale contributo attendiamo dalla filosofia ultima modifica: 2019-09-12T05:31:23+02:00 da
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