Insegnanti

Quanto guadagna un insegnante

dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 16 agosto 2022.

Riportiamo qui sotto l’articolo di A. Gavosto pubblicato su la Repubblica del 14 agosto che riprende alcuni dei soliti luoghi comuni sul lavoro degli insegnanti. Ma che ribadisce l’insufficienza degli stipendi di una categoria su cui tutti si sentono in grado di esprimere valutazioni immaginando un modello di docente vecchio di almeno una ventina d’anni.
Siamo in campagna elettorale, ora fa comodo cercare voti in una categoria dimenticata e bistrattata sia da destra che da sinistra. Le soluzioni proposte invocano il contesto europeo ma sono lontane dal rappresentare
le reali condizioni lavorative degli insegnanti e rappresentano le solite promesse elettorali (ricordate De Mauro?) puntualmente smentite. Nessuno invece riesce a dire qualcosa sul peso della burocrazia Che lega le mani degli insegnanti italiani e rappresenta un vero e proprio vincolo per la didattica e gli studenti o del 2013, anno cancellato dalla progressione economica degli scatti stipendiali.  Né sembra aver  senso l’aver escogitato ora la figura del “docente esperto”   soluzione inutile se non demagogica.  Siamo ormai stanchi di queste manfrine  . . . .

Scuola, quanto guadagna un insegnante

di Andrea Gavosto, la Repubblica, 14.8.2022

La logica di dare poco e chiedere poco va ribaltata. I nostri professori dovrebbero ricevere salari europei e lavorare secondo orari europei: trascorrendo più ore in classe e migliorando la qualità degli apprendimenti. Le retribuzioni dovrebbero crescere non per l’anzianità, ma per le responsabilità

La proposta del Pd di adeguare la retribuzione degli insegnanti a livelli europei e il lungo stallo fra governo e sindacati sul nuovo contratto di lavoro hanno riproposto il tema di quanto guadagna chi insegna in Italia. È una questione non più rinviabile: una retribuzione adeguata è, infatti, un incentivo necessario per migliorare la qualità della nostra scuola e per attrarre i migliori laureati in una professione così decisiva per il futuro dei giovani e del Paese. Tuttavia, per evitare derive populiste, che non mancano mai sotto elezioni, servono alcuni punti fermi.

I recenti dati Eurydice, anticipati da Repubblica, dicono che la retribuzione media degli insegnanti italiani (intorno a 30.000 euro lordi all’anno) è bassa in assoluto, circa il 70% di un generico laureato. È anche inferiore al resto d’Europa: a inizio carriera un docente delle superiori guadagna 26.000 euro, poco meno di un collega francese, molto meno di uno spagnolo (35.000), di uno scandinavo (40.000) e, soprattutto, di un tedesco (60.000). La forbice si restringe tenendo conto delle differenze nel costo della vita, ma resta molto ampia.

In Italia, inoltre, le retribuzioni crescono poco lungo l’arco della vita lavorativa: arrivano a circa 40.000 euro a fine carriera, e solo per effetto dell’anzianità. Altrove sono previste progressioni significative, che in genere dipendono non dall’anzianità, ma dalle competenze, dall’impegno, dall’aggiornamento professionale, dalla disponibilità e capacità di assumersi maggiori responsabilità nella scuola o di lavorare nelle situazioni più difficili.

Infine – caso quasi unico in Europa – nel contratto dei nostri insegnanti si considerano in pratica solo le ore di lezione. Che, ad esempio, per un professore delle superiori sono 18 alla settimana: a queste il contratto di lavoro aggiunge un forfait di altre 80 ore nel corso dell’anno lavorativo (quindi circa 2 alla settimana) prevalentemente per attività di programmazione e partecipazione alle riunioni. La preparazione delle lezioni, la correzione degli elaborati, il feedback agli studenti e tante altre attività non strettamente di lezione, ma decisive per l’efficacia dell’insegnamento, non sono incluse nel contratto. Sia ben chiaro: ciò non vuol dire che non siano svolte, ma che sono lasciate al senso del dovere del singolo.

Tra scuola e casa, gli insegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis) 26 ore alla settimana, contro una media europea di 33 ore. Di sicuro, l’insegnante coscienzioso ne fa ben di più, ma siamo certi che non ci sia chi si limita al minimo sforzo, senza che preside, colleghi o famiglie possano lamentarsene? Nel resto d’Europa, queste attività sono disciplinate da contratto e svolte in genere a scuola, con un impegno lavorativo settimanale di fatto a tempo pieno (35 ore in Francia, 38 in Spagna, 40 in Germania).

Da decenni, in Italia si è scelto di fare entrare un numero elevato di laureati nella scuola in cambio di retribuzioni basse, nessun riconoscimento del maggior o minor impegno, assenza di formazione professionale e una certa tolleranza di pratiche come le ripetizioni in nero. Non stupisce se oggi si fatica ad attirare i migliori talenti, soprattutto nelle materie scientifiche.

Questa logica di dare poco e chiedere poco va ribaltata. I nostri insegnanti dovrebbero ricevere salari europei e lavorare secondo orari europei: trascorrendo più ore a scuola (in spazi che vanno adeguati e resi più ospitali) a svolgere le attività che permetterebbero di migliorare la qualità degli apprendimenti, in Italia così deficitaria. Inoltre, le retribuzioni dovrebbero crescere significativamente non per effetto dell’anzianità, ma man mano che crescono le responsabilità didattiche od organizzative.

Andrea Gavosto è direttore della Fondazione Agnelli

 

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Quanto guadagna un insegnante ultima modifica: 2022-08-16T06:46:32+02:00 da
Gilda Venezia

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