Quei compiti che servono

di Valerio Vagnoli, Il Corriere fiorentino, 3.1.2019

– Chissà come si è poi risolta per gli studenti italiani la controversa questione dei compiti per le vacanze e come quindi stanno impiegando le due settimane fra Natale e l’Epifania.

Quanti avranno avuto la fortuna (o la sfortuna?) di non averne affatto, o pochi, secondo le indicazioni del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti? Difficile che ce lo rivelino i sondaggisti Nicola Piepoli o Nando Pagnoncelli, costretti come sono a indagare a tempo pieno sui consensi per i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Del resto nel Paese del Pressappoco, che è purtroppo il nostro, a troppe questioni si dà una risposta senza studiarle: i compiti sono troppi, punto. Ma le pur pacate raccomandazioni del Ministro sicuramente un effetto lo hanno avuto: quello di contribuire a squalificare ulteriormente i docenti, evidentemente incapaci, secondo lui, di stabilire se dare, ed eventualmente in quale misura, i compiti per le vacanze. D’altro canto, non si può a ogni piè sospinto proclamare l’importanza della scuola per poi metterla in coda a ogni altra esigenza, pur assicurando, questa scuola, ben 15 o 16 giorni di riposo. Certo, per fare i compiti i ragazzi dovranno abbandonare ogni tanto le loro navigazioni su internet o interrompere le frenetiche comunicazioni con gli amici, spesso anche nelle ore notturne. E chissà se, come teme il ministro, molti dovranno rinunciare alle loro libere letture o alla visita a qualche agognato museo. Ciò non toglie che lo studio individuale sia utile e che lo sia soprattutto per quei bambini e ragazzi le cui famiglie non sono in grado, per il loro retroterra culturale ed economico, di fornire ai figli quei prerequisiti e quelle motivazioni che sappiamo essere determinanti ai fini del successo scolastico. Anche se i detrattori dei compiti a casa evitano di farne parola, lo studio individuale è fondamentale, anche perché è attraverso questo che si costruisce quel metodo personale di lavoro davvero indispensabile per poter proseguire con successo gli studi, anche ai livelli superiori. Se questi ancora oggi sono negati a troppi giovani, ciò accade soprattutto perché molti partono appunto da situazioni di svantaggio sociale e culturale tali che una scuola che poco pretende non può far assolutamente recuperare. Non ce ne voglia il ministro e non ce ne vogliano i detrattori (pochi, come è dimostrato) dei compiti a casa. Ma alle sue e alle loro raccomandazioni preferiamo quelle di Italo Calvino che, poco tempo prima di morire, ci ricordò quanto fosse indispensabile «…imparare delle poesie a memoria, molte poesie a memoria; da bambini, da giovani, anche da vecchi. Le poesie fanno compagnia, uno se le ripete mentalmente; e poi lo sviluppo della memoria è molto importante». E aggiungeva che bisogna «puntare solo sulle cose difficili, eseguite alla perfezione, le cose che richiedono sforzo; diffidare della facilità, della faciloneria, del fare tanto per fare. E combattere l’astrattezza del linguaggio che ci viene imposta ormai da tutte le parti. Puntare sulla precisione, tanto nel linguaggio quanto nelle cose che si fanno». E pensare che Calvino, quando scrisse queste raccomandazioni, ignorava il dominio dei social e della rete, la cui pericolosità in ambito educativo e relazionale (dipendenza, deprivazione sensoriale, isolamento, destrutturazione linguistica) è attestata ormai da moltissimi studi. Ma l’importante, a quanto sembra, è risparmiare agli studenti i compiti per le vacanze…

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