Si è così aperta una nuova pagina nella più che ventennale storia della riforma “federalista” del Titolo V della Costituzione, introdotta con la riforma costituzionale n. 3 del 2001, ratificata dal referendum svoltosi nello stesso anno. Da notare che due dei quattro dimissionari facevano parte del governo di sinistra in carica al momento dell’approvazione della legge costituzionale, Amato come presidente del Consiglio e Bassanini come ministro per la Funzione Pubblica.
Sul perché la sinistra del tempo volle questa riforma, per poi frenarne l’attuazione, avanziamo una interpretazione nella notizia successiva. In questa registriamo il fatto che ancora una volta il vascello dell’autonomia ragionale si è infranto sullo scoglio dei LEP, la cui determinazione, insieme al relativo finanziamento, va fatta secondo i dimissionari “prima dell’attribuzione di nuovi compiti e funzioni ad alcune Regioni” al fine di “assicurare effettivamente il superamento delle disuguaglianze territoriali nell’esercizio dei diritti civili e sociali“, visto che esistono “materie nelle quali il legislatore non ha mai proceduto a determinare i LEP e molte altre nelle quali questa determinazione è stata parziale“.
Ma sia il ministro che Cassese, lamentano i quattro, si sono opposti all’idea di emendare il disegno di legge Calderoli in sede di approvazione della legge di bilancio, e anche alla “nostra proposta di consentire al Parlamento di definire preventivamente limiti alla negoziazione delle intese, da intendersi come contenuti non negoziabili, quali per esempio le norme generali sull’istruzione o le grandi infrastrutture nazionali di trasporto, le reti di telecomunicazione e le infrastrutture nazionali dell’energia elettrica e del gas“.
Calderoli però non deflette. Per lui, comunque, “il governo va avanti“. All’interno del CLEP, assicura, è stato creato un apposito sottogruppo per individuare quali materie, trasferibili alle Regioni, debbano essere preventivamente disciplinate tramite i LEP. La polemica, ormai trasferita sul terreno politico, è forte, e uno dei punti più dibattuti riguarda come sempre la scuola. Vedremo presto se il ddl Calderoli avanzerà, oppure se, come nel gioco dell’oca, si tornerà di nuovo al punto di partenza.
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