Tuttoscuola News, n. 795 del 5.12.2016
La chiave di lettura della società italiana proposta da Giuseppe De Rita nella edizione n. 50 del Rapporto Censis è quella – certamente non nuova per lui e per chi ne conosce la peculiare filosofia analitica – della dialettica tra élite dirigenti e società civile, ambito di continua incubazione di spinte innovative.
Ma quest’anno – l’anno della Brexit, dell’elezione di Donald Trump e del successo dei 5 Stelle nelle recenti elezioni amministrative – la dialettica si va caratterizzando, nell’analisi del fondatore del Censis, da lui creato nel 1967 (data del 1° Rapporto: complimenti e auguri!), non nel senso tradizionale della contrapposizione tra una classe dirigente lenta e conservatrice e una società dinamica e creativa che lo pungola e la spinge all’innovazione, ma in quello assai più preoccupante di una gara tra due populismi, quello che nasce dalla ‘pancia’ del popolo e quello di chi si propone come suo interprete a livello politico. Il caso del neoeletto presidente Trump è in questo senso esemplare, essendo stata la sua campagna elettorale centrata sulla critica dell’establishment, del potere costituito, impersonato dalla sua rivale democratica Hillary Clinton.
Lo si è ben visto con le prime nomine del suo nuovo esecutivo, del quale faranno parte imprenditori miliardari tra i quali il futuro ministro dell’istruzione, Betsy DaVos, propugnatrice della scuola privata. Così l’ondata populista, sostenuta dai colletti blu disoccupati e da vasti strati popolari poveri o impoveriti, ha bocciato il programma di Clinton-Obama, ben più attento di quello di Trump alle autentiche esigenze popolari, come quella di una scuola pubblica democratica, capace di funzionare come ascensore sociale per le classi sfavorite.
Una lezione per l’Italia? De Rita non si sbilancia, ma ribadisce ancora una volta la sua fiducia nella capacità della società di “far leva sul primato dell’impegno quotidiano per la propria crescita”. Una ricetta che vale anche per la scuola: al di là delle tifoserie, entrambe un po’ populiste, dei propugnatori e dei detrattori della ‘Buona Scuola’, la scuola andrà avanti per spinta endogena.
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