di Giorgio Allulli, Il Sole 24 Ore, 17.3.2021.
Ci sono molte buone intenzioni nella bozza di Piano per l’istruzione presentata dal Governo per accedere ai finanziamenti del Next generation Eu. Nella Missione 4 del Piano, ma anche all’interno di altre Missioni, ritroviamo il proposito di affrontare tutti, o quasi tutti, i principali problemi della nostro sistema formativo: si va dalla diffusione degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e del tempo pieno alla lotta agli squilibri territoriali, alla dispersione ed al deficit di competenze, specialmente Stem; dalla rivisitazione della carriera e della formazione di docenti e presidi alla riforma ed al potenziamento dell’istruzione e della formazione tecnica e professionale, dell’Its, dell’apprendistato e dell’orientamento; ed infine all’edilizia scolastica ed all’educazione degli adulti.
Lo stanziamento per tutti questi interventi è molto ingente, si tratta di circa 27 miliardi (esclusa l’Università), da spendere in 5 anni, entro il 2026. La Commissione europea, dopo l’approvazione del Piano, anticiperà al nostro Paese il 13% del fondo, mentre le successive tranches di finanziamento verranno erogate successivamente, dietro presentazione di report semestrali che dimostrino l’effettivo progresso delle azioni previste del Piano. Il 70% dei fondi dovranno essere impegnati entro la fine del 2022, il 100% entro la fine del 2023, il 100% dei pagamenti effettuati entro la fine del 2026.Si tratterà dunque di una massa ingente di miliardi che andrà a sostenere le esangui casse della nostra scuola. Ma arriveranno davvero o faranno la fine degli stanziamenti del Fondo Sociale Europeo, che ci vedono sempre in grandissima difficoltà quanto a capacità di utilizzo, con la realizzazione di risultati molto scarsi?
Leggendo il Piano sorgono due grossi interrogativi, non tanto sui contenuti, che sono in gran parte condivisibili, ma sul metodo.
Più che un Piano che deve essere realizzato in tempi rapidi e valutato in tempi certi, per ricevere i finanziamenti previsti, questo potrebbe essere il Programma di un Governo che duri almeno un paio di legislature.
Qualche esempio?
Si potrebbe continuare a lungo su questa disamina ma questi esempi dovrebbero essere sufficienti per capire che il Piano per la scuola va profondamente rivisto, puntando su pochi progetti, immediatamente “cantierabili”, ben sviluppati nel loro percorso attuativo. Il resto è meglio lasciarlo al programma di Governo. Con tanti auguri.
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Recovery Plan: un piano o un programma di governo? ultima modifica: 2021-03-17T06:42:19+01:00 da
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