Categorie: Riforma

Scherzi della memoria

Astolfo sulla luna, 27.1.2020

– Oggi giornata della memoria, è anche il giorno in cui è passata la grande paura: ieri una regione italiana ha saputo reagire alle sirene del populismo 2.0, confermando un presidente capace di realizzare il mito del buon governo. Stiamo parlando di una regione storicamente composita – anticamente due gloriosi ducati e le legazioni settentrionali dello Stato pontificio – che è però da sempre il baricentro geografico della penisola. Una regione speciale, insomma, e lasciamo alle sofisticate analisi dei flussi elettorali, raddoppio affluenza, voto disgiunto, influenza di nuovi movimenti di piazza, il compito di verificare se è un segnale di un’inversione di tendenza a livello nazionale oppure no, considerate le profonde differenze geostoriche – vedi Calabria – presenti nel nostro paese.

Torniamo invece a 75 anni fa, quando l’Armata Rossa arrivò ai cancelli del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, per chiederci se il paese in cui tale luogo ora è collocato, conserva effettivamente la memoria di tale evento. L’altro giorno, nonostante gli avvertimenti dell’Unione europea e le proteste delle toghe di mezza Europa, la camera bassa del Parlamento polacco ha dato di fatto il via libera alla nuova legge sul sistema della giustizia. La riforma prevede che i magistrati siano sanzionati – con multe o, nei casi ritenuti più gravi, con il licenziamento – se criticano le nomine o le riforme fatte dal governo. Par di tornare ad una concezione pre-illuministica del potere, quando nessuno aveva ancora scritto

“E non vi è libertà neppure quando il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Se fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e sulla libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe il legislatore. Se fosse unito al potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore.”

D’altronde, un po’ tutta l’Europa che stava aldilà della cortina di ferro ribolle, a ulteriore riprova del fatto che non necessariamente economia di mercato e regimi liberal-democratici vanno a braccetto.

A proposito, come dimenticare il paese che – patria del parlamentarismo democratico – ha sperimentato la prima rivoluzione industriale? Fra pochi giorni si staccherà dall’Unione Europea, imitando forse la splendid isolation di due secoli fa, ma più probabilmente per lanciarsi lungo l’Atlantico in un esperimento di dominio bipolare della finanza globale.

Dunque, se, come appare evidente, la memoria del 27 gennaio 1945 è stata sostanzialmente tradita, urge un esercizio di fantapolitica: cosa ne sarà dell’Unione Europea poniamo fra 10 anni, nel 2030?

Ora come allora, all’indomani del referendum pro brexit, l’ipotesi più probabile è che la Germania voglia perseverare nel suo sentiero di crescita export-led: in questo caso il criterio di selezione sarà l’appartenenza all’Eurozona, secondo le regole del fiscal compact; ciò dovrebbe relegare i paesi Mediterranei, in primis l’Italia, nel gruppo “a bassa velocità”. Se su questa ipotesi, al netto di obiettivi più o meno realizzabili come il green deal, possiamo basare lo scenario futuro, la situazione diverrà la seguente: i paesi membri dell’Eurozona con deboli performance economiche subiranno una pressione sociale crescente che – qualora il patto di bilancio non venisse drasticamente modificato – porterà all’abbandono della valuta comune, con imprevedibili ripercussioni sul piano degli scambi commerciali e del benessere della loro popolazione. Per i paesi che hanno mantenuto la propria valuta, la discriminante  sarà la capacità di rispettare i diritti umani sia al proprio interno che nei confronti dei potenziali ospiti con cittadinanza extra-comunitaria. Per questo delicato aspetto, mentre i paesi del fianco Nord dell’UE dovrebbero mantenere standard elevati di garanzia dei diritti per i propri cittadini, con evidenti ricadute positive sul benessere economico, non altrettanto è prevedibile per i paesi del fianco Orientale: non è da escludere l’espulsione dall’UE dei paesi che si sono avviati decisamente verso esperienze autoritarie. Riguardo alla spinosa questione dei migranti, poiché l’ostruzionismo di alcuni paesi appartenenti all’ultimo gruppo citato potrebbe rinviare sine die la modifica del regolamento di Dublino, le istituzioni comunitarie – salvo modifiche nel meccanismo decisionale in materia di immigrazione – imboccherebbero la strada dell’autodistruzione, risparmiando così alle potenze planetarie gli sforzi congiunti atti ad eliminare tale fastidiosa organizzazione sovranazionale, unica nel suo genere.

Ricapitolando, fra 10 anni potremmo trovarci in questa situazione: area a moneta comune ristretta all’Europa Carolingia, sostanzialmente l’asse franco-tedesco e il Benelux, con l’aggiunta di Austria e Slovenia e, forse, repubbliche Baltiche e Finlandia; paesi già fuori o prossimi all’esclusione: Polonia e Ungheria e forse qualche altro paese situato nella polveriera balcanica, anche se non è escluso che una UE germanocentrica attragga al suo interno paesi che già di fatto appartengono all’area monetaria dell’Euro. es. Montenegro e Kosovo; paesi che, abbandonando l’Euro, rischieranno, causa la pressione migratoria, di uscire pure dall’Unione: Grecia e isole del Mediterraneo, paesi iberici, ovviamente l’Italia. Simmetricamente paesi che, avendo mantenuto la propria valuta, vorranno seguire la strada del Regno Unito: Danimarca e Svezia. A proposito del Regno Unito, nel nostro esercizio di fantapolitica a rischio è anche l’Union Jack: la Scozia infatti potrebbe chiedere di essere riammessa all’UE, magari in deroga all’Euro, come attualmente è la Danimarca. In uno scenario sicuramente desolante, che rischia di trasformare il sogno federalista europeo nel peggior incubo che scaturisce dalla memoria della seconda guerra mondiale, proprio la patria di quel grande filosofo che fondò l’economia politica, ingiustamente definito il teorico del liberismo, potrebbe indicare la via per riprendere a sperare nel futuro. Quasi ozioso sottolineare il ruolo che deve avere l’istruzione, che trova i suoi fondamenti nelle antiche civiltà Mediterranee – ossia nella memoria culturale che alimenta lo stile di vita europeo – per rilanciare questa speranza.

27 gennaio 2020

Astolfo sulla Luna


 

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Scherzi della memoria ultima modifica: 2020-01-27T22:06:13+01:00 da
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