Scuola a distanza? “Quella vera ci manca, da casa dopo un po’ la testa va altrove”

di Angelo Melone, la Repubblica, 16.5.2020

– Nei 700 racconti scritti dagli studenti per Repubblica@Scuola l’universo delle lezioni da casa raccontato “dal di dentro”. Critiche, problemi per il digital divide, ma anche qualche qualche voce che apprezza lo sforzo dei docenti e l’unico metodo di studio possibile in questo momento: “Prima dovevo svegliarmi prestissimo per andare in classe… sì, mi piace, riesco a fare i compiti che mi assegnano”.

Si sono abituati? Sì, ovviamente: la generazione digitale per eccellenza non poteva non abituarsi velocemente a fare scuola da casa. Ma non gli piace, per nulla. Sono trascorsi più di due mesi, e in questo periodo Repubblica@Scuolaha tenuto aperto un canale per raccogliere le loro impressioni. Come sempre gli è stato chiesto di scrivere articoli che raccontassero le sensazioni, i dubbi, le proteste e le proposte a partire da un video realizzato dai ragazzi e dalle ragazze di Sottosopra, il movimento giovani per Save The Children. Ne sono arrivati oltre settecento tra medie e licei, una enormità, trasformando questa iniziativa in una sorta di inchiesta “dal di dentro” sulla didattica a distanza. Dalle emozioni che prendono il sopravvento sulla comodità immaginata, dalle critiche sui tanti difetti della “smart school” agli apprezzamenti per lo sforzo dei prof. Al grande tema del digital-divide, la difficoltà di stare nella Rete in tante case italiane.

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Le emozioni

La scuola – intesa come edificio, classe, cortile – gli manca. Gli mancano i rapporti umani con i compagni, gli mancano i professori, gli manca persino la paura dell’interrogazione e il sollievo per averla “sfangata”. Tutti temi che sono al centro del dibattito, anche politico, in queste settimane legato alla decisione su come far svolgere gli esami e sulle modalità per ripartire a settembre. Ma, sintetizzati così, danno da pensare: “Chi l’avrebbe mai detto che avremmo potuto rimpiangere i nostri bei banchi di scuola o la nostra odiosa sveglia la mattina presto oppure le ansie per compiti e interrogazioni o addirittura le interrogazioni faccia a faccia, o meglio, il contatto che si crea durante un’interrogazione tra alunni e insegnanti? Io non mi sarei mai immaginata di svegliarmi la mattina e dire: “A quest’ora a scuola c’era la prof di scienze ed eravamo a divertirci in laboratorio” o, da non credere, di svegliarmi e dire: Mi manca correggere la versioncina”…

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E ancora: “…I compagni di classe, i professori, le verifiche e le interrogazioni: le tante ore passate a prepararsi e alcune notti insonni, l’ansia prima della prova e la soddisfazione di un bel voto. Il rapporto umano, il porgere domande, il chiedere precisazioni: la bellezza della parola che ora abbiamo perso”. La “bellezza della parola” che manca a moltissimi, in giornate pur piene di contatti online. Fino a pensare di riprodurre i tempi della normalità per ottenere sicurezza: “Mi alzo la mattina presto, come se andassi a scuola. Mi faccio la doccia per svegliarmi con una marcia in più e dopo aver fatto colazione accedo alla piattaforma e vedo i compiti che devo fare. Poi faccio un piano d’attacco…”

Le critiche…

Ma, appunto, dopo aver imparato a maneggiare la tecnica dello smart working sono pronti a trovare tutte le pecche per come, invece, la maneggiano le scuole. “Avere del tempo libero in più non significa però che i docenti debbano assegnarci più compiti da fare al di fuori delle lezioni. Sfortunatamente questa cosa molti docenti non l’hanno capita”, questa è la critica principale. E, ancora: “In pochi ci informavano di cosa caricavano sulla piattaforma arrabbiandosi addirittura per la non consegna di questi fatidici esercizi. Nuove lezioni mai spiegate e di cui forse non riceveremo mai una spiegazione. Forse siamo solo una classe sfortunata, o forse no…”. Per arrivare al problema, segnalato in questi mesi da psicologi ed esperti di pedagogia, della difficoltà per ragazzi e ragazze di mantenere l’attenzione a distanza. Che si traduce così, con un racconto-verità: “Vedo lì i miei compagni disperarsi per delle domande molto semplici, stanno sempre in pigiama, con quella faccia assonnata, alcuni non sentono  la lezione e giocano  a Fortnite nonostante la prof abbia capito il loro gioco. Ma non c’è nulla da fare!”. Oppure: “L’aspetto negativo è che per molti di noi è difficile seguire 6 ore consecutive di lezione sul computer, a un certo punto la testa va altrove…”.

…ma non solo

“All’inizio era un grande groviglio di voci che si sovrapponevano, e si passava più tempo a dire: “Mi sentite?”, piuttosto che a fare lezione. Poi dagli errori si è imparato”. In realtà quelle critiche, presenti in quasi tutti gli articoli, sono sempre seguite da un “ma”. Ed è la consapevolezza dello sforzo che l’istituzione scolastica ha fatto per far comunque continuare le lezioni, cosa che tutti apprezzano. Fino a raccontare un aspetto che spesso si dimentica: ci sono tanti studenti soprattutto delle superiori – molti più di quanto si pensi – che sono costretti a lunghi spostamenti quotidiani per raggiungere le scuole. E, allora: “A poco a poco ho assaporato la possibilità di rimanere comodamente a casa senza svegliarmi prestissimo la mattina, per raggiungere il liceo delle Scienze Umane, essendo io una studentessa fuori sede. Questo metodo, nonostante tutto, mi piace perché riesco a seguire le lezioni e a svolgere i compiti che man mano mi vengono assegnati”.

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Il digital divide

“…tuttavia, non tutti hanno accesso all’hardware del computer o a una potente connessione Internet.  Inoltre, se possiedono solo il telefono, è complicato usarlo per fare i compiti o seguire le lezioni online…”. Eccolo qui il grande ritardo italiano, studiato e raccontato in mille inchieste negli ultimi anni. Il ritardo digitale che separa l’Italia da molte nazioni e si trasforma nella differenza di opportunità tra le famiglie. Non solo nella connessione ma, come notano i pedagogisti più esperti, negli spazi all’interno delle case. Un racconto spiega più di mille parole:” Il problema principale con le videolezioni è quello di avere una famiglia numerosa. Io ho tre fratelli e ogni mattina dobbiamo contenderci le varie stanze della casa, dopo urla e litigate ci stabiliamo nelle solite postazioni, io in camera, mia sorella maggiore in sala da pranzo, mio fratello nella sua camera e infine mia sorella minore nel salotto… mi sveglio perché sento la voce della maestra di mio fratello che spiega… andare in cucina per fare colazione è un rischio perché devo subirmi le imponenti minacce di mia sorella maggiore che esige il silenzio totale… E poi, tra i quattro computer accesi e i vari telefonini che non spegniamo mai, la connessione va a rilento, il video si interrompe e delle spiegazioni dei miei professori comprendo ben poco”. E comunque sono fortunati ad averli, quattro computer. Molti docenti testimoniano di interventi per fornire almeno una possibilità di connessione o di studenti connessi in case molto piccole e nella confusione.

“Scusi prof, posso?…”

E’ stato solo un viaggio per immagini tra le oltre settecento suggestioni che sono arrivate con gli articoli. Con una chiosa comica finale: “Ormai ai “prof, posso andare in bagno?” o “quando facciamo ricreazione” o “ho dimenticato il libro” si sono sostituite frasi tipo “prof, ho problemi di connessione” oppure “non la sento ma riesco a vederla” o ancora “prof, devo inviarle il compito ma davvero non so come fare”.

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Scuola a distanza? “Quella vera ci manca, da casa dopo un po’ la testa va altrove” ultima modifica: 2020-05-16T13:15:23+02:00 da
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