Scuola decisiva il 4 marzo, ecco perché il governo ha fretta di chiudere il contratto

di Fabio Luppino, dal blog dell’Huffington Post, 1.2.2018

– Fretta di chiudere e di spazzare via con altrettanta fretta anticipazioni non confermate né smentite che hanno accresciuto l’ira, la rabbia e lo sconcerto di una fetta significativa di elettori. La fretta tardiva è del governo ormai in carica solo per gli affari correnti sul contratto dei dipendenti della scuola.

Il comparto forse decisivo per capire chi vincerà il 4 marzo, 960mila persone tra presidi, docenti e Ata. Le premesse sono tutte negative. Si parla dei 200 milioni di euro di bonus, ma con vaghezza sui criteri di gestione; di aumenti tabellari tra il 3 e il 4%; di circa 10 milioni per il miglioramento dell’offerta formativa.

Ma la cifra più grande potrebbe essere messa in mano alla gestione verticistica dei presidi e il potenziamento dell’offerta formativa potrebbe realizzarsi con un incremento dell’orario a parità di salario. I soldi che arriverebbero sembrano ridicoli a una categoria con gli scatti stipendiali bloccati per sei anni che poi quando arrivano corrispondono a poca, residuale cosa.

Eppure la retorica sull’istruzione in questi anni ha preso il sopravvento sulla realtà. Già chiamare prima ancora di realizzarla una riforma “Buona scuola” ha destato sospetti e malevolenze, in moltissimi casi, a valle, fondate.

Il tema è sorprendentemente preso con le molle da tutte le forze politiche in questa stramba campagna elettorale, inondata di retorica. Chi sbaglia qui paga, e paga di grosso. Nel 2001 la scuola voltò decisamente le spalle al centrosinistra e ci sono ottime possibilità che possa succedere ancora. Ma non a vantaggio di chi sta un po’ più a sinistra.

Insegnanti e attori della scuola tutti non si fidano più delle resipiscenze dal sapore strumentale. Eppure la radicalità di qualcuno potrebbe premiare. Anche se di temi forti, di problematiche vere pochissimi ne parlano, i leader nemmeno ci provano a farlo.

La “Buona scuola” ha dato uno stipendio a tanti precari, a oltre centomila. Ma gli autori della riforma si sono dimenticati di cosa farne di un numero così cospicuo di insegnanti portati improvvisamente in sala professori.

Ci sono stati sì i 500 euro, ma sono stati parcellizzati e destinati all’arbitrio gli aspetti premiali. Il governo di centrosinistra ha intaccato in poco o nulla la riforma più odiata degli ultimi dieci anni, la Gelmini-Tremonti. Anzi, in alcuni casi inventando soluzioni considerate inutili e anche dannose.

L’alternanza scuola lavoro nei licei non ha alcun senso per i più, se non far lavorare chi dovrebbe avere più tempo per studiare. Così come nei tecnici avviene dopo che le attività di laboratorio curriculari sono state ridotte all’osso e l’Italia è stata sanzionata per la quasi totale mancanza delle materie professionalizzanti.

Fa bene il ministro Calenda a insistere sulla centralità dell’istruzione tecnica nell’ottica dell’Industria (o Impresa ora) 4.0. Ma i suoi auspici cozzano con una realtà vilipesa e nient’affatto modificata in questi cinque anni. C’erano istituti tecnici fiore all’occhiello dell’istruzione superiore ora negletti e ridimensionati nel valore e negli alunni.

Si chiedono più diplomati da quelle scuole, ma non si cambiano né si potenziano. Si ritira il pubblico e spesso si invoca il privato, lo ha fatto la destra, ma anche il centrosinistra. Paradossalmente i ministri dell’Istruzione dell’ultima legislatura hanno rilanciato la sperimentazione delle superiori a quattro anni, da cui però si sono tenute lontane tutte le scuole pubbliche di nome.

Nessuno, e forse per gli stessi motivi di Gelmini-Tremonti che a suo tempo imposero il divisore, si è occupato in questi anni di rivedere l’obbligo di 28 alunni per classe, che spesso diventano trenta, trentacinque, numerosità che va contro la didattica, la formazione individuale, l’armonia interna di un gruppo di lavoro, non aiuta l’inclusione dei disabili, favorisce la dispersione e rende omaggio in definitiva solo a mere ragioni di bilancio.

La scuola pubblica dovrebbe rispondere a logiche ben più elevate, di cui nel dibattito pubblico ed elettorale si sono perse le tracce.

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Scuola decisiva il 4 marzo, ecco perché il governo ha fretta di chiudere il contratto ultima modifica: 2018-02-02T10:03:59+01:00 da
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