ROMA – Il nuovo scontro a scuola – a scuole chiuse – è sempre sui poteri dei presidi. Questa volta i poteri disciplinari. Nell’ultimo incontro con l’Agenzia di rappresentanza della pubblica amministrazione (Aran), i sindacati confederali hanno frenato le possibili scelte sul tema, quindi – tornati protagonisti con l’amministrazione Bussetti nelle scelte sull’istruzione – hanno avanzato la richiesta di uno spostamento della fonte delle sanzioni che, seguendo le ultime due riforme della Pubblica amministrazione (Brunetta e Madia), oggi è nelle mani del dirigente scolastico. I sindacati chiedono che anche questa funzione sia tolta dalla potestà del preside e affidata all’Ufficio scolastico regionale. Sarebbe la terza sottrazione di poteri dopo la fine della cosiddetta chiamata diretta e il dimezzamento del bonus premiale per i docenti, ad oggi prerogativa del preside.

Dal 2009, appunto con la Riforma Brunetta, i dirigenti scolastici possono sospendere dal servizio e dallo stipendio fino a dieci giorni un docente responsabile di “comportamenti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione”. Per tornare in ruolo è necessaria una riabilitazione. Sono le cosiddette “colpe non gravi”. I confederali vogliono cancellare questo passaggio e, di fronte alla novità possibile, l’Associazione nazionale presidi contrattacca duro. “Ad alcuni sindacati”, scrive, “preme essenzialmente che i dirigenti delle scuole non possano premiare i docenti migliori e non possano sanzionare quelli che si comportano scorrettamente. Pur di raggiungere l’obiettivo di depotenziare la figura dirigenziale si agita pretestuosamente lo spettro della violazione della libertà di insegnamento. È veramente inaccettabile che non si possano sanzionare, con la dovuta tempestività, i comportamenti scorretti: che bell’esempio per gli alunni e per i genitori. Forse nessuno deve poter punire un docente che arriva con mezz’ora di ritardo a scuola? O che tratta gli studenti senza rispetto?”.

L’Associazione presidi ricorda che nessun dirigente ha mai sanzionato un insegnante per le sue scelte didattiche e che gli uffici scolastici territoriali non dispongono di risorse adeguate per esercitare efficacemente l’azione disciplinare di fronte a 750 mila  docenti sul territorio italiano: “Gli illeciti di minore gravità, i più numerosi, resterebbero del tutto impuniti”.

Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, si è rivolto direttamente al ministro Bussett. Così: “Le scrivo per rappresentare la totale contrarietà dell’Anp a qualsiasi ipotesi di riduzione dei poteri dei dirigenti scolastici in materia di responsabilità disciplinare del personale”. Giannelli ricorda come già nel 2006, con la sanzione affidata ai provveditorati, “la Corte dei conti aveva messo in luce il sostanziale annullamento della responsabilità disciplinare nel comparto scuola e aveva severamente censurato l’evidente disvalore educativo che questo comportava”. L’Associazione presidi chiede un incontro con il ministro e un suo intervento diretto “a sostegno del mantenimento dei poteri disciplinari dei dirigenti scolastici, indispensabili per gestire correttamente la realtà scolastica e per tutelarne l’utenza”.

L’unico sindacato che per ora si è espresso pubblicamente sull’argomento è Anief (in attesa di essere ammessa al tavolo della trattativa con Aran sul contratto e, appunto, sul codice disciplinare). Il segretario Marcello Pacifico ha chiesto ai confederali di “non avere fretta”. Ha scritto: “Vanno colpiti con durezza i casi accertati di violazioni gravi come la falsa attestazione della presenza in servizio, l’assenza ingiustificata, le dichiarazioni mendaci sul possesso di titoli e servizi utili all’assunzione o ad ottenere un vantaggio nelle procedure di mobilità. Per non parlare di reati particolarmente odiosi quali le molestie sessuali nei confronti di studentesse e studenti. Allo stesso tempo, però, invitiamo alla cautela sulla previsione, contenuta nel Contratto nazionale, di specifiche sanzioni per comportamenti non coerenti nei confronti degli studenti sulle piattaforme social. È arrivato il momento di superare il clima di sospetto inaugurato dal Decreto Brunetta e di rilanciare il patto tra dipendenti dello Stato, personale della scuola in primis, e datore di lavoro pubblico. Nella scuola i casi di gravi violazioni, quelle per intenderci che portano al licenziamento, sono davvero pochi”.

Domani mattina alle dieci inizierà la prova selettiva del concorso per presidi, quattro anni dopo il suo annuncio. Al test, per un bando che prevede l’assunzione di 2.425 dirigenti scolastici, parteciperanno 34.580 mila candidati. La prova prevede una serie di risposte multiple con quattro opzioni, di cui una soltanto corretta. Il 71% dei partecipanti alla prova è donna (24.477 candidate). L’età media è di 49 anni. I candidati, distribuiti in 1.984 aule, avranno a disposizione 100 minuti per rispondere a 100 domande a risposta multipla, estratte da un archivio di 4.000 quesiti.

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