Scuola e variante inglese, riprende la guerra dei dati e delle opinioni

Gilda Venezia

dal blog di Gianfranco Scialpi, 18.3.2021.

Gilda Venezia

Image of flu COVID-19 virus cell. Coronavirus Covid 19 outbreak influenza background. Pandemic medical health risk concept.

Scuola e variante inglese, si ripete il copione della non univocità dei dati e dei pareri. E’ confermata la natura probabilistica della scienza post-galileiana. Con la variante si registrano dei riposizionamenti. Persiste però la contrapposizione tra le parti.

Scuola e variante inglese, si ripete lo scenario precedente

Scuola e variante inglese. Il rapporto tra l’istituzione scolastica e la pandemia è stato improntato da molta incertezza. Da quando la scuola è stata riaperta a settembre fino a gennaio-febbraio gli scienziati o i tecnici non si sono mostrati concordi sull’eventuale contributo della scuola sui contagi. Ho scritto ampiamente sull’argomento nelle scorse settimane.
Ora lo scenario è cambiato, ma non quello relativo alle ricerche e alle dichiarazioni. Sono più chiaro. Si sono verificati dei riposizionamenti. Ai soliti M. Galli e A. Crisanti, da sempre molto critici sulla riapertura delle si è aggiunta A. Viola e L’Iss. La virologa, infatti ha dichiarato l’altro giorno: ” La scuola è un luogo a rischio – aggiunge la Viola – È impossibile  tenere i bambini sempre a distanza con la mascherina ben indossata e  le classi sono troppo numerose. Con questa nuova variante così  contagiosa, è meglio chiudere le scuole. Altra cambio di posizione è dell’Iss. Si legge:” I bambini, in particolare i bambini più piccoli, sembrano essere meno suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 rispetto ai bambini più grandi e agli adulti, il che sembra verificarsi anche per la variante B.1.1.7, la cosiddetta variante ‘inglese’, che manifesta un aumento cospicuo della trasmissibilità tutte le fasce di età. Ulteriori studi e approfondimenti sono in atto“. La dichiarazione si declina con questo dato statistico “il 17,5 per cento dei nuovi casi positivi, nell’ultimo mese, è rappresentato da under 18, dunque da studenti. Questa percentuale, nei primi mesi della pandemia, era attorno al 2-3 per cento. Ciò significa che oggi un positivo su 5 è un giovanissimo, forse a conferma che la variante inglese corre più facilmente fra i giovanissimi.”
Purtroppo esiste la tesi opposta. La Francia è un paese che ha confermato l’apertura delle scuole. Ecco la motivazione. “Dai risultati, ha detto il ministro dell’Educazione Jean-Michel Blanquer, emerge infatti che i bambini si ammalano di Covid soprattutto in famiglia: il tasso di infezioni rivela che in media è soltanto lo 0,5% degli allievi che si contagia a scuola, circa 500 su 100mila, al di sotto del tasso di incidenza. “Il virus vive ovunque nella società – ha detto Blanquer – i bambini che si contagiano, quando si risale la catena di contaminazione, non lo prendono a scuola ma in famiglia. Il problema è piuttosto che arrivano contagiati da casa e possono contaminare a scuola” (Il Fatto Quotidiano, 20 marzo). Probabilmente nei prossimi giorni sarà confermato lo scenario di poca chiarezza con altre dichiarazioni  e ricerche.

La ricerca italiana che sostiene che le scuole sono sicure

Oggi Il Corriere della Sera ha pubblicato i risultati di una ricerca italiana molto articolata che conferma anche con la variante inglese la sicurezza degli ambienti scolastici.  Si legge: ”
“In Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo che negli altri Paesi europei, non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza. L’apertura delle scuole è dunque scagionata, o almeno questa è la conclusione cui arriva una mastodontica ricerca, la prima di questo tipo in Italia, condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano. «Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio», sintetizza l’epidemiologa e biostatistica.
Gli studi analizzano i dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile fino a coprire un campione iniziale pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. «I numeri dicono che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole»: il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all’1%. «Di più: la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt . Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città», spiega l’esperta. Ancora, il ruolo degli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale: «I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese». In altre parole i focolai da Sars-Cov 2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante.”

La scienza postmoderna è di tipo probabilistico

L’attuale situazione conferma la criticità della scienza moderna passata dalla certezza galileiana a quella di K. Popper. Celebre l’aforisma dello scienziato Galilei “La matematica è l’alfabeto nel quale Dio ha scritto l’universo” che rimanda alla possibilità di fotografare in modo definitivo parti della realtà. Insieme al razionalismo di R. Descartes  pose le basi della filosofia e scienza moderna . L’affermazione del “pensiero debole” (G. Vattimo) e del “frammento” rispetto al tutto che sfugge nel suo percorso ci consegna una realtà apparentemente dominata dalcaos e dalla imprevedibilità.
Nel campo scientifico K. Popper è andato oltre la certezza galileiana, affermando che la scienza può avvicinarsi alla realtà senza però giungere alla sua completa comprensione. Il principio di falsificazione sul quale si basa tutta la scienza postmoderna è la traduzione di questo scenario liquido, dove regna la congettura che può inficiare qualunque teoria scientifica. In sintesi: si procede per piccoli passi!
Quindi non deve sorprenderci se i virologi e gli scienziati non riescono a darci una direzione certa. I motivi sono due. Il primo l’ho esaminato sopra, il secondo invece è collegato alla comparsa improvvisa di un virus di cui si conosceva poco un anno fa. La conoscenza è migliorata ma il virus sfugge alle nostre categorie, mettendo in crisi tutte le nostre certezze. Concludendo stiamo sperimentando la scienza postmoderna improntata al criterio della probabilità.

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