di Vincenzo Pascuzzi, La scuola brucia! / School is Burning!, 1.3.2020
[Bugiardino. Le osservazioni critiche di Roars e di Bruno Ventura, alla puntata di Presadiretta del 28 febbraio 2020, appaiono marginali ed episodiche, anche se pertinenti; nessuno propone o si prefigge di copiare o applicare il modello finlandese, ma ispirarsi criticamente ad esso sarebbe costruttivo; magari cominciando dalla percentuale di Pil che la Finlandia investe in istruzione e dal fatto che il sistema scolastico finlandese non prevede test come l’Invalsi. v.p.]
Scuola, cosa imparare dal modello finlandese: non copiare, ma innovare
Viaggio nella scuola finlandese. Ci chiediamo spesso ”Cambiare la scuola italiana: è davvero necessario?” La crisi profonda del nostro sistema educativo lo imporrebbe, ma il cambiamento dovrebbe assumere la qualità della consapevolezza paziente, del rispetto, della rivalutazione di tutto quanto di buono e di bello è già presente nel nostro sistema educativo. Insomma, cambiare sì, ma innovare serbando. Ecco come.
A normativa vigente, l’insegnamento più importante che la Finlandia può dare all’Italia è sul modo di concepire un sistema scolastico, di pensare a cosa è importante, di razionalizzare gli investimenti. Il modello finlandese dimostra che ci sono modi diversi di portare avanti un sistema scolastico. Diversi dalla concezione di scuola inglese, francese, americana o tedesca, centraliste e guidate dall’alto.
Dimostra che si possono fare riforme, con pazienza e fiducia, a geografia e geometria variabile con un processo di condivisione e partecipazione che parte dalle comunità territoriali, va al Governo e torna alle comunità territoriali per la pratica. Ogni municipalità contribuisce con il pensiero dei propri dirigenti, docenti, studenti, famiglie e amministratori realizzando il percorso di riforma nei tempi, modi e spazi che le sono più congeniali. Questo aspetto trova molta assonanza con la realtà italiana fortemente radicata nelle municipalità e nelle diversità territoriale, realtà che trova riscontro in molta normativa vigente. Infatti è possibile interpretare in questo senso, solo per fare alcuni esempi: i previsti “Ambiti Territoriali”, la Legge sull’esercizio associato delle funzioni comunali, D.L. n. 78/2010, i piani di zona, i patti territoriali, gli accordi di programma e persino la logica dei distretti industriali.
Proprio con la modalità “local to local” la Finlandia ha realizzato le sue riforme dal 1972 al 1985. Tredici anni per portare a regime il cambiamento. I 360 comuni, tutti di dimensioni medio-grandi per la Finlandia (minimo circa 30.000 ab.), hanno partecipato, cooperato, rivisto, integrato e condiviso più volte il processo delle riforme negli ultimi anni con costi molto contenuti.
Ecco, un altro insegnamento della Finlandia: gli insegnanti e la loro formazione. In molti Paesi si pensa ancora che chi ha a che fare con bambini molto piccoli non abbia bisogno di un’educazione universitaria e che per insegnare loro qualcosa basti essere un adulto e aver frequentato la scuola dell’obbligo. In Finlandia si fa il ragionamento opposto: gli insegnanti dell’infanzia e delle prime classi della scuola elementare sono quelli più formati. Migliore è la loro l’educazione, migliore sarà l’apprendimento di questi bambini e la loro formazione futura.
Queste sono le cose che hanno reso la Finlandia un modello negli ultimi dieci anni. Porsi come obiettivo l’uguaglianza nell’insegnamento significa ad esempio valorizzare il sostegno. La Finlandia ha scelto di mettere al centro l’individuo e la comunità di riferimento, e quindi di fondare l’insegnamento sulle curiosità e sui bisogni di ogni singolo studente in quella particolare comunità aperta al mondo. Qui le scuole con maggiori difficoltà, ad esempio quelle con un’alta percentuale di immigrati o con bambini i cui genitori provengono dagli strati sociali più poveri ricevono più finanziamenti. Sono queste le ragioni all’origine dei risultati migliori della scuola finlandese. L’uguaglianza a scuola in Finlandia viene presa molto sul serio.
Cosa fare in Italia? Aprirci a nuove-vecchie pratiche rifondando la scuola sui valori, ricostruendo la fiducia, esplicitando la visione della nostra scuola per questo inizio secolo. Continuare a imparare gli uni dagli altri. L’Italia ha molto da imparare dalla Finlandia, e questa ha imparato molto da noi in termini pedagogici: le teorie di Maria Montessori e il sistema preventivo di Don Bosco, l’integrazione degli studenti con disabilità, sono solo un esempio.
In Finlandia fin dalle prime classi l’intento è quello di risvegliare e mantenere vivo l’interesse per la ricerca, l’apprendimento e la creatività. In particolare, i primi sei anni della scuola dell’obbligo si concentrano non tanto sulle materie, ma sulle domande dei bambini e delle bambine.
Quali strategie adottare per cambiare, quindi? Quali passi intraprendere? È davvero possibile cambiare? L’evidenza ci dice che sì, si può cambiare. Anzi si deve farlo. Non è in discussione il quando, il tempo era ieri, bensì il come.
Scegliere la strategia di cambiamento è il primo problema che si pone chi vuole-deve affrontare una riforma scolastica. Per riuscire nell’impresa è necessario tenere presente la dimensione politica, la dimensione scolastica e la dimensione economica. Riuscire a vedere e anticipare i possibili ostacoli, evitare che una buona riforma fallisca prima ancora di vedere la luce.
Guarda il video e scopri i punti di forza di uno dei sistemi scolastici migliori del mondo
Leggi il nostro reportage sulla scuola finlandese
Scuola: ecco perché l’Italia non può applicare il modello finlandese
di Bruno Ventura, Scuola in Forma, 29.2.2020
Si sente molto spesso dire che occorre cambiare i metodi di insegnamento perché ci sono i dati allarmanti dell’Ocse Pisa a testimoniare lo scarso grado di preparazione degli studenti in materie come la matematica. Questo accade perché gli scienziati hanno visto che si stanno riducendo i tempi di concentrazione. Oggi gli studenti hanno sempre meno tempo per studiare e prepararsi alle interrogazioni e ai compiti in classe. Se si seguisse il modello finlandese si potrebbe invece invertire la tendenza. Alla fine, i telespettatori si convincono che occorra fare come nel paese nordeuropeo.
Il modello di scuola finlandese non può essere proposto in Italia: vi spieghiamo perché
La domanda che si pone il telespettatore più attento è: ma quanto mi posso fidare di questi dati dal momento che la loro affidabilità scientifica è controversa? E’ da diverso tempo che quest’organismo non fornisce dati credibili. Del resto, basta leggere quanto scrive David Spiegelhalter, noto ed apprezzato Professore di Statistica a Cambridge nel, suo saggio “learning lessons from PISA is as hard as predicting who will win a football match“. In realtà gli studenti dell’Italia del Nord Est e Nord Ovest superano quelli finlandesi.
Realtà territoriali completamente diverse
Le differenze nei punteggi dipendono dai diversi tessuti socio-economici, e non da bacchette magiche neuro-soft-skill-psico-pedagogiche. Esistono evidenze scientifiche del fatto che è l’ambiente a condizionare l’uomo e non viceversa. Basterebbe già questo a confutare le conclusioni cui giunge il rapporto. Inoltre non si tiene conto del parere di chi va in classe ogni giorno.
I limiti del modello finlandese: le classi pollaio
Ma c’è un problema ancora più grande che impedisce di mettere in pratica questo tipo di rivoluzione dell’apprendimento. La popolazione finlandese si basa su 5 milioni di individui contro i 60 milioni dell’Italia. Prima di convergere verso questo modello sarebbe bene eliminare le classi pollaio. Oggi gli insegnanti sono costretti a tenere lezione con classi costituite anche da oltre 28 allievi. In una situazione del genere non si farebbe altro che peggiorare la situazione perché la naturale predisposizione degli studenti ad intervenire attivamente nelle lezioni causerebbe ancora maggiore confusione.
Le Fake News di Presa Diretta sulla scuola italiana
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Presadiretta. Il modello Finlandia
L’Italia è prima in Europa per numero dei Neet, giovani che non studiano, non lavorano, non si formano. La sfida della nostra scuola è cambiare, rinnovarsi. Una nuova didattica, è questo che chiedono a gran voce studenti, presidi, professori e scienziati. Basta con le lezioni frontali basate solo sulla trasmissione dei contenuti, c’è bisogno di una didattica che metta al centro lo studente quale protagonista attivo del suo percorso di studi. PresaDiretta ha visitato le scuole più innovative, anche nel Mezzogiorno. Ma quanti sono gli innovatori delle nostre scuole? Perché non riescono a fare sistema? In Finlandia ci sono riusciti. Come hanno fatto?
SCUOLA: IL MODELLO FINLANDIA È APPLICABILE IN ITALIA?
8 gennaio 2020
In Finlandia già dagli anni Sessanta hanno capito che per essere un Paese competitivo bisogna garantire un’ottima educazione a tutti e che l’istruzione pubblica è la vera chiave della ripresa economica. Ma per asportare tale modello serve coraggio…
«Ho studiato il modello Finlandia per innovare il modo di insegnare. Ho aperto tavoli sul tema dell’innovazione nel modo di insegnare, un modello di riferimento è la Finlandia dove hanno ridotto l’orario scolastico e usano le nuove tecnologie per fare insegnamenti trasversali, con l’uso di linguaggi più semplici e accessibili, un modo divertente e accattivante per avvicinare gli studenti alle materie più ostiche». Queste sono state tra le prime parole dette dall’ormai ex-ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti.
Da tempo pare infatti che la Finlandia faccia parte dei modelli da seguire. Ma i numeri del Paese nordico sono diversi dai nostri: stiamo parlando di 62mila docenti sparsi in 3500 scuole. Un numero così basso da potersi permettere una dura selezione superata solo dal 10% dei candidati che devono seguire corsi di specializzazione post laurea per l’insegnamento. Le scuole sono così piccole che gli insegnanti conoscono i bambini uno a uno.
COME FUNZIONA IL MODELLO FINLANDIA?
La riforma del sistema scolastico finlandese è stata avviata quasi quarant’anni fa nell’ambito del piano di rilancio economico del Paese. Ma i risultati si sono visti solo nel 2000 quando sono stati pubblicati i dati del Pisa (Programme for International Student Assessment). Il sistema scolastico finlandese non prevede test. C’è solo un esame finale al termine della scuola superiore. Non ci sono graduatorie, confronti o competizioni tra studenti, scuole o regioni. Ogni istituto ha gli stessi obiettivi nazionali e attinge da educatori con una formazione universitaria alle spalle. Questo significa che gli studenti finlandesi, che vivano in campagna o in città, hanno buone probabilità di ricevere un’istruzione di pari qualità.
Secondo uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la differenza tra il livello di preparazione degli studenti meno bravi e quella dei più bravi è la più bassa al mondo. Il 93% dei finlandesi si diploma nei licei o nelle scuole professionali e il 66% prosegue gli studi all’università: la percentuale più alta dell’Unione europea.
La Finlandia oggi è così perché nel 1963 il parlamento prese una decisione coraggiosa: puntare sull’istruzione pubblica come fattore chiave della ripresa economica. Lo chiamarono “Il grande sogno della scuola finlandese”. L’idea era molto semplice: ogni bambino aveva diritto a un’ottima scuola pubblica. Ciò che avevano capito in Finlandia era che per essere competitivi bisognava garantire a tutti un’istruzione di qualità.
DIFFERENZE SOSTANZIALI
Non sembra essere questo l’intento dell’Italia, almeno fino a oggi. Fioramonti faceva bene a guardare alla Finlandia ma lo avrebbe potuto fare fare solo tenendo conto della nostra realtà.
Basti guardare il rapporto annuale Education at a glance 2019. L’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università: una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli di spesa più bassi tra i Paesi dell’Ocse. La spesa è persino diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola sia per l’università. L’Italia dà poca attenzione anche al livello di prescolarizzazione: spende circa 7400 dollari statunitensi per allievo nelle scuole pre-primarie, circa mille dollari in meno rispetto alla media Ocse.
Altro grido d’allarme: siamo fanalino di coda per numero di laureati. Solo il 19% dei 25-64enni ha un’istruzione terziaria contro una media del 37%. È chiaro che per seguire il modello Finlandia serve lo stesso atto di coraggio che il parlamento finlandese ebbe nel 1963: puntare sulla scuola per rilanciare l’economia.
Test Invalsi 2014, nuoce gravemente alla salute della scuola
In questi giorni forse varrebbe la pena rileggere l’appello contro l’Invalsi, lanciato dal filologo e storico Luciano Canfora e sapere che in il sistema scolastico finlandese, per esempio, non prevede test come l’Invalsi, ma si accontenta (risparmiando qualche soldo) dei sistemi di valutazione internazionali Pisa. In un’intervista fatta dal settimanale Internazionale a Pasi Sahlberg, dirigente del ministero della cultura e dell’istruzione finlandese, l’ex insegnante di matematica disse: “I nostri studenti devono imparare a studiare, non a superare un test”. Forse anche in Italia dovremmo ripartire da qui.
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El sistema escolar finlandés es la base de los excelentes resultados de nuestro país en el estudio PISA.
Sistema educativo de Finlandia
Finlandia, un modello di scuola alternativa
Viaggio nella scuola finlandese. Ci chiediamo spesso”Cambiare la scuola italiana: è davvero necessario?” La crisi profonda del nostro sistema educativo lo imporrebbe, ma il cambiamento dovrebbe assumere la qualità della consapevolezza paziente, del rispetto, della rivalutazione di tutto quanto…
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Viaggio.
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