di Biancamaria Raganelli, Lettera 43, 29.10.2017
– Una circolare impone che «gli alunni siano sempre prelevati dai genitori». Aggravando un trend già in atto in tutto il Paese. Dove il 30% dei quasi adolescenti torna a casa da solo, contro il 90% nel resto d’Europa.
Scuola dell’eccellenza o piuttosto dell’immaturità? Sembrerebbe far propendere per la seconda opzione la decisione assunta dal Rettore del Convitto Nazionale di Roma con la circolare n. 102 del 23 ottobre 2017, la quale dispone che «gli alunni della Scuola Secondaria di I grado siano sempre prelevati dai propri genitori o da persone delegate (con delega documentata e depositata), senza alcuna deroga». Così dall’oggi al domani, dopo aver autorizzato per anni decine di ragazzi a uscire soli, anche in orario anticipato e su espressa autorizzazione e malleva dei genitori, senza alcuna previa concertazione di sorta, la scuola adotta un provvedimento che fa molto discutere. Un provvedimento «dettato dalla paura, dalla mancanza di responsabilità pedagogica, effetto della burocratizzazione della scuola», ha sostenuto il pedagogista Daniele Novara. In Italia il 30% dei quasi adolescenti torna a casa da solo, contro una percentuale che arriva al 90% nel resto d’Europa: «L’età tra gli 11 e i 14 anni è quella dell’autonomia, così precludiamo ai ragazzi ogni percorso di crescita: non è protezione, ma solo paura».
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE. Ma paura di cosa? Delle potenziali conseguenze di una sentenza della Corte di Cassazione (n. 21593/2017) che avrebbe, a distanza di 14 anni (efficacia e celerità della giustizia italiana!) confermato la condanna di una Scuola e del suo dirigente scolastico a risarcire il danno a una famiglia per la morte di un bambino investito nel 2003 da un autobus appena fuori l’Istituto scolastico. Il dirigente scolastico, sia pure con «un certo imbarazzo», come si legge in una successiva comunicazione ai genitori (anche lui prendeva l’autobus comunale), non se la sente di correre il rischio di incorrere in una responsabilità, sia pure potenziale, perché non discende da una norma di legge, ma dell’interpretazione che ne fa il giudice rispetto a un caso specifico. A suo dire, la Cassazione imporrebbe al personale scolastico «di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino» (in verità ciò non risulta espressamente dalla sentenza della Cassazione).
DOV’È LA PROMOZIONE DELLA RESPONSABILITÀ. Una lezione di stile “italiano” contraria al principio dell’assunzione della responsabilità, proprio da parte di chi invece la responsabilità e la crescita umana e relazionale dei ragazzi dovrebbe promuovere. Non si vuole qui entrare nel merito di una sentenza di cui sarebbe opportuno analizzare con gli esperti le circostanze di fatto all’origine, le questioni sollevate e le argomentazioni della giurisprudenza, che toccano un tema obiettivamente complesso. Sono le reazioni dei dirigenti scolastici in discussione. Decisioni come questa, infatti, contribuiscono a dare dei nostri figli l’immagine di ragazzi immaturi, di “bamboccioni” come direbbe qualcuno, rispetto ai loro coetanei stranieri. Perché meravigliarsi quindi se il Paese cresce da due decadi meno della media europea e dei paesi industrializzati e se molti giovani, appena possibile, se ne scappino all’estero, in Scuole e Università disposte a trattarli, finalmente, da giovani donne/uomini maturi e responsabili.
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