di Simona Malpezzi, Il Riformista, 23.7.2023.
Affrontare le politiche educative come un puro calcolo ragionieristico è quanto di più sbagliato la politica dovrebbe fare. Purtroppo, questo governo sta facendo proprio così. Per esempio, sulla brutta questione del dimensionamento scolastico, affrontato solo sulla base di stretti calcoli che però sono palesemente figli di una decisione politica: quella del ministro Valditara. Non è un caso che ieri le spiegazioni (tra l’altro inappropriate) del dimensionamento scolastico del governo Meloni, siano state affidate ad una dirigente della pubblica amministrazione che su un quotidiano nazionale, ha sostituito il Ministro Valditara nello spiegare le ragioni che hanno condotto a prevedere un dimensionamento della rete scolastica che ha pochi precedenti (il più famoso è quello Moratti) e che tante proteste sta suscitando.
Oltre alla spiegazione tecnica la dirigente sostiene che questa scelta sia un’eredità lasciata dal ministro Bianchi. Cosa inappropriata appunto ma anche poco corretta, tecnicamente e nei fatti.
Con le norme previste nell’ultima legge di bilancio nei prossimi tre anni le istituzioni scolastiche passeranno da 8007 a 7309 con la soppressione di 698 unità di direzione amministrativa, l’8,8% delle sedi. Un taglio lineare che determinerà gravi problemi nella gestione delle scuole e dell’offerta formativa. Dietro il paravento del Pnrr, che altro chiedeva, si è stabilito che in una fase di accresciuta complessità dei compiti attribuiti alle scuole, a partire proprio dalle riforme previste dal piano, si accorpino istituti con un aumento delle difficoltà di gestione e un aumento del numero di sedi e comuni a cui le istituzioni scolastiche dovranno rapportarsi.
Questi sono i fatti: da una parte c’è la tecnica, dall’altra la politica. E non esiste miscela più nociva della politica che si fa tecnica e che si nasconde dietro i numeri per giustificare le sue decisioni oppure che dichiara che è colpa di altri. Non è così e il Ministro Valditara lo sa bene. E allora diciamola la verità.
La verità è che questo governo impone alle Regioni di avere tante scuole quanti sono i dirigenti assegnati dal governo centrale senza più reggenze di nessun tipo. E sappiamo tutti benissimo che l’organizzazione della rete scolastica è una delle prerogative delle regioni. Non è un caso che alcune abbiamo fatto ricorso alla Corte costituzionale e molte non abbiano firmato l’intesa, tra cui due regioni di centrodestra.
La verità è che l’accordo con l’Europa non prevedeva i risparmi e neppure la razionalizzazione, ma un cambio di parametri nella gestione della rete scolastica che dovevano diventare per la prima volta regionali. L’impegno previsto dal Pnrr era di passare dal parametro di singola scuola a parametro medio regionale per garantire flessibilità nelle scelte: per intenderci, dove i freddi numeri potevano condurre ad un impoverimento territoriale, poteva esserci la flessibilità per intervenire in una zona particolarmente problematica. Il governo ha fatto l’esatto contrario: ha stabilito e imposto un parametro stringente (questo è il numero di dirigenti, quindi il numero di scuole deve coincidere con quello) e tolto ogni forma di flessibilità territoriale, senza un fondo compensativo per gli anni successivi, per aiutare la transizione.
Ma la verità è merce rara. E quando la bugia è troppo grande ci si vergogna di raccontarla e si preferisce delegare a qualcun altro. La verità è che questo governo ha deciso di lanciare la bandierina dell’autonomia differenziata, che come pensata aumenterà le disuguaglianze, e nel frattempo nulla fa per rendere davvero vera l’autonomia scolastica per consentire alle scuole di rispondere alle esigenze del territorio in cui sono inserite. Il Ministro si renderà certamente conto che esiste già una profonda differenza tra nord e sud rispetto al tempo pieno, per esempio, e che un bambino nato nel Meridione ha meno tempo scuola di uno nato a nord di Roma. Invece di colmare queste differenze ci si affida a calcoli che non guardano al Paese e ai problemi veri. Per esempio: vogliamo far funzionare con i risparmi dati dai tagli il potenziamento che abbiamo fatto nascere nel 2015 con la Buona Scuola o vogliamo continuare a usare soldi solo per le supplenze senza una vera visione di insieme?
I freddi numeri, da soli, creano soltanto problemi. Ed è inutile affannarsi a dire che non sarà così. Avranno problemi le segreterie oberate di lavoro, avranno problemi gli alunni delle zone più fragili, avrà problemi il personale Ata tutto, avranno problemi i DSGA per i quali non è partito neppure il concorso e avranno problemi i dirigenti scolastici. Come pensano si possa fare scuola in queste condizioni? Un dimensionamento che penalizzerà, oltre a tutto il resto, le aree interne, le aree più fragili a partire da quelle del Mezzogiorno e che produrrà spopolamento del tessuto scolastico e distruggerà l’idea della scuola come presidio di sicurezza e cuore di comunità. Tutto questo in un contesto dove, se passerà il progetto di autonomia differenziata, le disuguaglianze si allargheranno ulteriormente. Un combinato disposto devastante per una scuola le cui fragilità endemiche mettono a rischio la sua capacità di dare un futuro.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Scuola, l’autonomia differenziata aumenterà le differenze ultima modifica: 2023-07-24T05:15:22+02:00 da