Merito

Scuola, merito e ascensore sociale. Il fallimento del modello americano

di Orsola Riva, Il Corriere della sera, 26.10.2022.

Il neo ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara difende la nuova denominazione legandola al riscatto sociale. Ma nella meritocratica America ci vogliono 5 generazioni per passare dalla povertà alla classe media. Mentre nel Nord Europa del welfare ne bastano due, massimo tre

Molti si stanno chiedendo in questi giorni che cosa comporterà l’aggiunta della parola «merito» nella denominazione del ministero dell’Istruzione oltre al rifacimento della carta intestata . Il neo ministro Giuseppe Valditara ieri ha provato a spiegarlo. «La scuola – ha detto – deve, in primo luogo, saper individuare, valorizzare e fare emergere i talenti e le capacità di ogni persona, indipendentemente dalle sue condizioni di partenza, perché ciascun giovane possa avere una opportunità nel proprio futuro». «Il merito – ha aggiunto – è anzitutto un valore costituzionale , chiaramente affermato e declinato dall’articolo 34 della Costituzione». E ha concluso: «E’ su questi presupposti che lavoreremo per una scuola che torni a essere un vero ascensore sociale e che non lasci indietro nessuno». Il merito, dunque, come leva indispensabile per favorire l’emancipazione sociale e far ripartire l’ascensore bloccato. Ma siamo sicuri che funzioni?

In America che, a differenza dell’Italia, è un Paese che ha fatto del merito la propria religione, da tempo ci si sta interrogando su cosa non abbia funzionato se – nonostante ciò – anche da loro l’ascensore sociale si è bloccato e, stando ai dati Ocse, ci vogliono in media 5 generazioni perché una famiglia povera riesca a raggiungere il livello della classe media, mentre nei Paesi campioni del welfare nordeuropeo (Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia) ci vuole la metà del tempo (due, massimo tre generazioni) . Di recente c’è chi – come il professore di Harvard Michael J. Sandel – si è convinto che la favola bella del merito per cui «chiunque può arrivare fin dove i suoi talenti glielo permettono» sia una bugia bella e buona che serve solo a giustificare le sempre maggiori diseguaglianze fra ricchi e poveri. Una narrazione bipartisan, iniziata con Reagan e finita con Obama e Hillary Clinton che, enfatizzando (anche giustamente) l’importanza degli studi fino ai più alti livelli, ha finito per colpevolizzare chi – partendo da condizioni più sfavorevoli – si ferma prima e deve accontentarsi di lavori più umili anche se socialmente essenziali. E per giustificare un darwinismo sociale non molto diverso da quello basato sulla semplice ricchezza. Spingendo i tanti, troppi «looser» direttamente nelle braccia di Trump.

Scuola, merito e ascensore sociale. Il fallimento del modello americano ultima modifica: 2022-10-27T21:06:19+02:00 da
Gilda Venezia

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