di Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano, 20.6.2019
– L’indagine internazionale Ocse-Talis fotografa un’età media degli insegnati di 49 anni (contro i 44 degli altri Paesi) e un uso degli strumenti digitali per progetti e lavori in classe in meno della metà dei casi.
L’Italia dovrà rinnovare un docente su due nel prossimo decennio. L’indagine internazionale Ocse-Talis pubblicata il 19 giugno fotografa la vecchiaia della nostra scuola, poco incline a far utilizzare la tecnologia in classe e fatta da maestri e professori che si avvicinano ai 50 anni, con al vertice prevalentemente uomini.
Il primo dato di rilievo prendendo in mano il rapporto è proprio quello legato all’età dei docenti: in Italia, gli insegnanti hanno, in media 49 anni, un dato superiore alla media dei Paesi Ocse (44 anni) e delle economie che partecipano a Talis. Inoltre il 48% dei maestri e professori italiani ha 50 anni e più contro la media Ocse che si ferma al 34%. Ma non sono vecchi solo gli insegnanti: anche i dirigenti scolastici hanno in media 56 anni, un dato superiore all’età media Ocse dei presidi che si ferma a 52 anni.
Non stupisce quindi che tra i dati negativi vi sia tutto un capitolo dedicato alle tecnologie: in media in Italia solo il 47% degli insegnanti “frequentemente” o “sempre” fa utilizzare agli studenti strumenti digitali per progetti e lavori in classe. Un dato inferiore di ben sei punti percentuali rispetto alla media Ocse Talis. D’altro canto nel nostro Paese solo il 52% degli insegnanti ha dichiarato che “l’uso delle Tic (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) per l’insegnamento” è stato incluso nella loro formazione o istruzione formale, mentre appena il 36% dei docenti in media si sente preparato all’uso delle Tic per l’insegnamento al termine degli studi. A rendere difficile l’uso della tecnologia è anche il contesto: in media in Italia, il 31% dei presidi riferisce che l’erogazione di un’istruzione di qualità nella propria scuola è ostacolata da una carenza o inadeguatezza della tecnologia digitale per l’istruzione.
Qualche dato positivo arriva però anche per l’Italia. Tra le varie pratiche didattiche di cui Talis chiede ai docenti, quelle volte a migliorare la gestione delle classi e la chiarezza dell’insegnamento sono ampiamente applicate nel nostro Paese. Ad esempio in Italia il 65% (dato alla pari con la media Ocse Talis) riferisce di aver calmato studenti problematici. Stesso dato anche per il tempo in aula dedicato all’insegnamento e all’apprendimento effettivo. Nel nostro Paese poi il 74% (contro il 79% Ocse talis) dei docenti valuta abitualmente i progressi dei propri studenti osservandoli e fornendo un feedback immediato.
Capitolo a parte per la formazione dei docenti: mentre i dirigenti scolastici nei Paesi Ocse considerano generalmente il mentoring (un professore con più esperienza che affianca uno con meno esperienza) importante per il lavoro degli insegnanti e le prestazioni degli studenti, solo il 22% dei docenti alle prime armi ha un mentor. Una quota che arriva al 5% in Italia anche se nel nostro Paese i docenti neoassunti sono obbligati a essere seguiti da un tutor nel loro primo anno di prova. Infine un dato più che positivo: gli insegnanti italiani appaiono soddisfatti della formazione ricevuta in quanto l’84% riferisce che ha avuto un impatto positivo sulla pratica didattica.
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