– Il decreto sulla maturità e la fine dell’anno scolastico prende forma: si profila una promozione di massa con recuperi a settembre ma non vincolanti per l’accesso alla classe successiva. Giusto o sbagliato?
Per l’esame di maturità la strada appare finalmente chiara: se per il 18 maggio non si tornerà in classe, e sembra improbabile che accada anche se propri stamattina il capo della Protezione civile Angelo Borrelli ha parlato di una “fase 2” plausibile dal 16 maggio, ci si limiterà al solo colloquio orale su tutte le materie, anche a distanza. Si dovesse riuscire entro quella data spartiacque, gli scritti – pur alleggeriti – rimarranno due, con commissioni tutte interne e il solo presidente esterno. Per quello di terza media, invece, si giudicherebbe solo in base alla valutazione finale, al massimo con una tesina da consegnare. In ogni caso, si va incontro a un “tutti diplomati”.
Domenica il governo dovrebbe approvare il decreto-legge con il tanto chiacchierato piano per la maturità e la fine dell’anno scolastico. Il punto più complesso riguarda il resto degli studenti: secondo alcune indiscrezioni in via eccezionale, e solo per quest’anno, tutti gli alunni verranno promossi. Anche quelli con insufficienze, lievi o gravi su una o più discipline, registrate nel primo quadrimestre. Addio anche ai debiti, visto che sembrano essere previsti solo dei recuperi dal primo settembre, quando le scuole riapriranno di fatto anche per chi è passato con le insufficienze. Recuperi che saranno solo di contenuto, per così dire, senza vincolo di verificare la sufficienza per iniziare il prossimo anno scolastico.
Da una parte, come sostengono molti, questo lungo isolamento imposto dal coronavirus è già una forte prova di maturità, per i ragazzi. Sia per quelli dell’ultimo anno che per tutti gli altri. Si tratta di una valutazione di tipo umano, che in fondo accomuna tutti noi – la quarantena è una prova e un sacrificio per chiunque – e che in qualche modo si vorrebbe trasferire sull’esito dell’anno scolastico. Dall’altra parte c’è chi dice che fino a febbraio gli istituti sono rimasti aperti, c’erano quasi sei mesi di lezioni, verifiche, test e compiti alle spalle, oltre ai comportamenti, e che una scelta del genere – lo sostiene per esempio un’opinione sulla Tecnica della scuola, una delle piattaforme di riferimento – non sia poi il massimo né per i tempi né per i modi: “La promozione garantita e annunciata due mesi prima del termine dell’anno scolastico rappresenta un autogol non indifferente”, come spiega lo psicoterapeuta Alberto Pellai. Addetti ai lavori a parte, perfino nella maggioranza di governo c’è chi storce il naso.
Quindi, cosa bisognerebbe fare? Bocciare in base ai risultati registrati alla fine di febbraio? Altre obiezioni dicono che si tratterebbe di una penalizzazione troppo profonda, perché in fondo nei mesi restanti gli alunni più in difficoltà avrebbero avuto l’opportunità di recuperare, di cercare di guadagnarsi la promozione e le sufficienze, e che non avendo in concreto quella possibilità sia insensato punirli con una bocciatura. In fondo la didattica a distanza – per la quale sono stati stanziati 85 milioni di euro da un decreto governativo appena la settimana scorsa – procede nella migliore delle ipotesi a macchia di leopardo: com’è ormai evidente anche nella sanità, un piano per le emergenze non si costruisce durante le emergenze, e la scuola italiana lo sta pagando sulla propria pelle. Anzi, sulla pelle di insegnanti e studenti.
Si stima che, per le ragioni più diverse, 1,6 milioni di alunni non stiano facendo praticamente nulla da un mese, molte testimonianze raccolte direttamente parlano in moltissimi casi di compiti girati via WhatsApp e poco altro. E poi – a parte le competenze e l’impegno dei docenti, la disponibilità di piattaforme private usate più o meno efficacemente – c’è ovviamente il tema legato ai dispositivi disponibili per ogni famiglia, al digital divide, alla connettività. Non tutti i nuclei erano preparati a ore di lezione casalinghe per uno o più figli, non tutti i docenti a sostenerle e poco cambiano le pur confortanti storie dei prof più giovani e tecnologicamente smaliziati che intrattengono in streaming le proprie classi. Non sono la regola.
Insomma, il quadro è spinoso e si va verso un’inevitabile tana libera tutti della quale, su questo c’è da scommetterci, non credo siano felici neanche molti degli studenti. Perché in fondo la partita, fino alla metà della durata, è stata giocata, con i suoi risultati, i suoi voti e i suoi esami. I ragazzi e il percorso educativo che affrontano non sono campionati di calcio in cui i titoli si assegnano a tavolino quando le gare vengono interrotte. Su questo non c’è dubbio. Una soluzione, però, ci sarebbe, per non buttare con l’anno scolastico anche un decente senso di giustizia di cui neanche una pandemia dovrebbe prendersi gioco: lasciare almeno i debiti formativi da recuperare da settembre, vincolanti per poter accedere alla classe successiva. Sarebbe la scelta più sensata sotto ogni punto di vista. Avrebbe garantito il giusto impegno a casa e avrebbe riconosciuto a chi fino a febbraio, e ancora oggi, aveva fatto il proprio dovere una valutazione più corretta. Con forti sconti, ma senza condoni, per tutti gli altri.
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Scuola, tutti promossi ma almeno lasciamo che i debiti facciano giustizia ultima modifica: 2020-04-03T12:18:35+02:00 da