Sensazionale scoperta INVALSI: il numero di studenti per classe non conta

roars_logodi Rossella Latempa, Roars, 4.7.2025

Gilda Venezia

Meglio una classe da 30 studenti o da 10? Quale situazione preferirebbe Mark Zuckerberg per l’istruzione di suo figlio? La dimensione della classe non conta: è questa la recente, sensazionale scoperta dell’INVALSI. Ciò che conta è “la dimensione della persona”, la personalizzazione. Perciò, quando il Ministro dell’Economia dichiara che bisognerà “ripensare strutture, personale e spesa” per l’istruzione, non dobbiamo preoccuparci. Non servono soldi per aumentare il numero di insegnanti o stabilizzarli, basta dirottare risorse sulle nuove tecnologie di intelligenza artificiale e personalizzare la didattica. Fatalità, la scoperta dell’INVALSI lo conferma.


Meglio una classe da 30 studenti o da 10? Proviamo a chiederci: quale situazione preferirebbe Mark Zuckerberg per l’istruzione di suo figlio? La dimensione della classe non conta: è questa la recente e sensazionale scoperta dell’INVALSI: ciò che conta è “la dimensione della persona”, la personalizzazione.

Che fortuna: in effetti non abbiamo i soldi per aumentare il numero di insegnanti o stabilizzarli (vedi recenti dichiarazioni del Ministro Giorgetti sui tagli alla scuola, qui) ma possiamo dirottare risorse sulle nuove tecnologie di intelligenza artificiale per personalizzare la didattica (vedi dichiarazione del Ministro Valditara sull’utilità dell’IA in classe, qui).

Nell’attesa dell’ultima puntata della soap opera più longeva della storia della valutazione scolastica italiana, ovvero l’uscita del Rapporto annuale sui test INVALSI edizione 2025, prevista per il prossimo 9 Luglio, l’Istituto prova ad alimentare la suspence elencando percentuali e correlazioni tra la taglia delle classi delle nostre scuole e il numero di studenti “low performer”.

I “low performer” sono sempre loro, ormai li conosciamo: gli studenti fragili, i dispersi impliciti, i ragazzi “bollinati” INVALSI livello 1 e 2 . L’INVALSI ci dice che la numerosità delle classi non influisce sulla loro percentuale.

Ad esempio per gli studenti di terza media:

“le classi di dimensioni intermedie (21-25 studenti) mostrano una percentuale inferiore di studenti con basso rendimento (1,01%), mentre quelle più numerose (oltre 26 studenti) presentano un’incidenza lievemente superiore (1.09%)”.

La contabilità INVALSI dovrebbe rassicurarci.

In effetti anche se non sappiamo bene cosa significhi “basso rendimento”  per l’Istituto di valutazione, anche se non possiamo accedere ai contenuti dei test per farci un’idea di cosa effettivamente si stia misurando e per controllarne i risultati, anche se non conosciamo l’incertezza statistica dei dati, se ignoriamo i metodi e di correzione, oggi automatizzati, e la loro accuratezza, la scoperta dell’INVALSI può risultare consolante.

In fondo i dati INVALSI sono un po’ come la fede: uno o ce l’ha o non ce l’ha. Ma se ce l’ha, che gran conforto.

La scoperta dell’INVALSI però è tutt’altro che originale: sono almeno 30 anni che gli economisti dell’educazione made in USA  (vedi Hanuscheck) e l’OCSE tentano di convincerci che insegnare e apprendere in una classe di 30 o 10 studenti non fa differenza.

L’uso politico del  “class size effect” è evidente e non necessita di commenti.

Da parte nostra, in un Paese dove il dibattito sulla scuola è inesistente, perché affidato al principio di Autorità e all’assenza sistematica di qualsiasi contraddittorio, ci limitiamo a qualche piccolo contributo, non allineato al catechismo dell’INVALSI.

  1.  Il libro “Rethinking class size” di Peter Blatchford ed Anthony Russell del 2020, UCL Press,  liberamente scaricabile qui.

 

“Il dibattito sull’importanza delle dimensioni delle classi per l’insegnamento e l’apprendimento è uno dei più duraturi e accesi nella ricerca educativa. Gli insegnanti spesso insistono sul fatto che le classi piccole favoriscano il loro lavoro. Ma molti esperti sostengono che i dati della ricerca dimostrano che le dimensioni delle classi hanno scarso impatto sui risultati degli studenti, quindi non sono rilevanti, e questa visione dominante ha influenzato le politiche a livello internazionale.
In questo lavoro, i ricercatori del più grande studio al mondo sugli effetti delle dimensioni delle classi presentano una controargomentazione. Attraverso un’analisi dettagliata delle complesse relazioni in gioco in classe, rivelano i meccanismi che supportano l’esperienza degli insegnanti e concludono che le dimensioni delle classi sono davvero importanti.”

2. Lo studio “L’impact de la taille des classes sur la réussite scolaire dans les écoles, collèges et lycées français” di Thomas Piketty e Mathieu Valdenaire, del 2006, accessibile qui

Il nostro metodo consente di individuare effetti statisticamente significativi della dimensione delle classi nei tre livelli di istruzione. tali effetti risultano quantitativamente molto più rilevanti nella scuola primaria rispetto alla scuola media, e ancor più rispetto alla scuola superiore. Per quanto riguarda la scuola primaria, mettiamo in evidenza un impatto positivo significativo delle classi meno numerose sul successo scolastico degli alunni.”

3. La meta analisi dell’istituto delle Politiche Pubbliche francesi (IPP)La taille des classes influence-t-elle la reussite scolaire?” del 2017, scaricabile qui.

le cui conclusioni potrebbero essere così riassunte:

a) Ridurre le dimensioni delle classi è una politica costosa ma efficace per combattere le disuguaglianze, se mirata e significativa.

b) Questa politica avvantaggia principalmente gli studenti con il più basso status socio-economico.

4. E per finire, l’analisi, attualissima (30 giugno 2025) dello stesso Istituto delle Politiche Pubbliche francesi, che in vista della futura legge di bilancio esprime una serie di raccomandazioni sulla spesa pubblica per l’istruzione.

Il titolo è “Taille des classes et inegalités territoriales: quelle stratégie face à la baisse démographique?”, di cui riportiamo questo piccolo estratto:


“Ridurre il numero di insegnanti per mantenere inalterata la dimensione delle classi [in previsione del calo demografico] genererebbe economie a corto e medio termine, ma priverebbe gli studenti dei vantaggi associati alla diminuzione del numero di alunni per classe:–effetti positivi sugli apprendimenti, ben documentati dalla letteratura scientifica -che si tradurrebbero, a lungo termine in salari e contribuzioni più elevate per la società.[senza considerare] i benefici annessi: migliori condizioni di lavoro per gli insegnanti, esternalità positive dal punto di vista sociale (salute, delinquenza etc).”

 

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Sensazionale scoperta INVALSI: il numero di studenti per classe non conta ultima modifica: 2025-07-06T18:16:12+02:00 da
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