di Antonella Bianco, Oggiscuola, 24.3.2019
– Sono 50.000 circa le domande del personale della scuola arrivate all’Inps per usufruire della cosiddetta Quota 100. Retribuzioni modeste e lavoro scarsamente considerato a livello sociale: sono queste le ragioni che in misura prevalente hanno spinto a lasciare il servizio.
LE MOTIVAZIONI
Tra le motivazioni della scelta compiuta, più della meta’ degli intervistati ha denunciato o un’esplicita condizione di stanchezza (22,6%). O comunque la convinzione di avere già lavorato abbastanza (29,5%). Tra quanti si dicono stanchi dell’attività svolta, si trova in primo luogo chi insegna nella SCUOLA primaria (28,9%), seguito dal 23,1% della scuola dell’infanzia. Con percentuali decrescenti i docenti del II grado, del I grado e il personale ATA.
I CRITERI
Il timore di doversi misurare in seguito con criteri di accesso alla pensione più’ restrittivi ha inciso per il 16,4%. Quasi un punto percentuale in meno rispetto al 17,3% che dichiara di aver approfittato delle nuove opportunità di uscita perché spinto da esigenze di carattere familiare. Solo il 14,2% afferma di voler andare in pensione per coltivare interessi diversi. Tra le cause che appesantiscono le condizioni di lavoro, inducendo a cogliere l’opportunità’ di abbandonare la propria attività. Prevale nettamente una percezione di eccessiva complessità, denunciata nel 36,7% dei casi. Mentre la difficoltà’ nei rapporti con le famiglie (23,2%) supera di qualche punto quella legata alla conduzione della classe (19%). Non sembrano invece incidere molto, come causa di stress, i rapporti con i colleghi (li indica come fattore di disagio l’8,4% degli intervistati). Nè quelli col dirigente scolastico (12,7%).
L’ANALISI DELLE RISPOSTE
Analizzando le risposte di chi lamenta la complessità’ del lavoro, si scopre che il 19,7% di chi si pronuncia in tal senso appartiene all’area del personale ATA, che rispetto al totale degli intervistati rappresenta il 16%. Ciò che dell’esperienza di lavoro mancherà’ di più e’ il rapporto con gli alunni, come dichiara il 53,6% degli intervistati. Una nostalgia molto più forte di quella riservata ai colleghi (17,7%), ma non e’ trascurabile la percentuale di chi afferma che non rimpiangerà tutto sommato nulla (28,7%).
Infine, alla richiesta di indicare quale avrebbe potuto essere un incentivo a rimanere in servizio, non prevale, come forse ci si poteva attendere, il desiderio di uno stipendio più’ alto (risposta scelta nel 30,9% dei casi), ma quello di un più’ significativo riconoscimento sociale del proprio lavoro, che e’ la risposta data dal 39,1% degli intervistati. Si attesta al 16,7% la percentuale di chi avrebbe tenuto in considerazione l’offerta di maggiori opportunità di carriera, mentre la possibilità’ di lavorare più’ vicino a casa viene indicata come condizione che avrebbe potuto favorire una permanenza in servizio solo dal 13,3% del campione.
Tra le motivazioni della scelta compiuta, più della meta’ degli intervistati ha denunciato o un’esplicita condizione di stanchezza (22,6%). O comunque la convinzione di avere già lavorato abbastanza (29,5%). Tra quanti si dicono stanchi dell’attività svolta, si trova in primo luogo chi insegna nella SCUOLA primaria (28,9%), seguito dal 23,1% della scuola dell’infanzia. Con percentuali decrescenti i docenti del II grado, del I grado e il personale ATA.
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