di Orsola Riva, Il Corriere della Sera 8.2.2017
– Il fisico e storico della scienza Lucio Russo è uno dei 600 prof universitari che hanno denunciato gli errori da terza elementare nelle tesi di laurea. «L’Italiano è una lingua viva, ma è sbagliato rinunciare al congiuntivo e arrendersi alle sgrammaticature»
Il copia e incolla ai tempi di Wikipedia
Russo ci tiene a non passare per un nostalgico de’ bei i tempi andati, un nemico della modernità. Mentre molti puntano il dito sui social e sulla messaggistica vocale che impoverirebbe la lingua italiana, lui si dice convinto che il digitale potrebbe anche essere una grande risorsa a scuola. Potrebbe. Ma non per come viene usato adesso, commissionando ai ragazzi ricerche fatte col copia e incolla su Wikipedia. «Bisognerebbe insegnare ai ragazzi a scrivere per Wikipedia. Io l’ho fatto per un po’ di tempo con le voci scientifiche che in italiano erano molto mal fatte. Si chieda agli studenti di scrivere le biografie dei consoli romani. Impareranno a vagliare le fonti. E anche ad avere la giusta diffidenza nei confronti di quello che leggono in rete sapendo che gli autori possono essere ragazzi come loro…».
Compagni di scuola
Russo è convinto che bisognerebbe puntare su poche «isole di resistenza» nella scuola. Rispetto a vent’anni fa dice anche di sentirsi meno isolato. «Quando criticavo la riforma del 3+2 all’università nessuno mi dava ascolto. Oggi tutti riconoscono che è stato un disastro. E’ vero che i ragazzi arrivano impreparati ma la verità è che escono anche impreparati». Però l’appello dei seicento professori dimostra, a suo parere, una maggiore consapevolezza di un tempo dei problemi e dei nodi irrisolti della scuola. «L’anno scorso abbiamo fatto una riunione dei compagni del liceo. Erano passati più di 50 anni dalla Maturità (Lucio Russo si è diplomato al Liceo classico Vico di Napoli nel 1962, ndr) e qualcuno era andato a recuperare il registro. Sa quanti furono promossi a giugno? Un ragazzo su tre. Gli altri due terzi furono rimandati o bocciati».
Don Milani, Dante e il fruttivendolo
Ma così non c’è il rischio di tornare a una scuola di classe che promuove i ricchi e boccia i poveri, come scriveva Don Milani? «L’obiettivo di Don Milani era senz’altro condivisibile e nobilissimo. Ma le sue parole sono poi state strumentalizzate. Soprattutto quando diceva che la lingua la fanno i poveri e i ricchi la cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro o per bocciarlo. E’ vero che la lingua evolve ma è sbagliato arrendersi alle sgrammaticature, rinunciare al congiuntivo, come ha detto di recente la Crusca. Forse sbaglio, ma io continuo a pensare che la lingua italiana debba più a Dante che al suo fruttivendolo».
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