di Gianna Fregonara, Il Corriere della sera, 9.10.2020.
Contagi in crescita ma senza picchi.
«Richiudere le scuole? Non se ne parla: se i contagi cresceranno ancora nel Paese bisognerà casomai intervenire sull’accesso ai mezzi pubblici, limitare le attività ricreative pomeridiane dei ragazzi, impedire le feste». È la risposta che la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ripete a chi le chiede che cosa cambierà per le scuole in queste prossime settimane: lo fanno colleghi di partito, parlamentari e presidi, dirigenti del ministero oltre che i numerosi genitori con i quali dialoga via Facebook. Dalla sua Azzolina ha i dati dell’ultimo monitoraggio ufficiale condotto dal suo ministero: 0,02 per cento di contagi. «La trasmissione nelle scuole — ha confermato il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro — è molto limitata». Peccato che i numeri siano un po’ vecchiotti perché si fermano al 26 settembre, quando le scuole delle regioni del Sud avevano riaperto da un paio di giorni.
Contagi in crescita ma senza picchi
«Ma anche i dati della settimana successiva seguono un trend di crescita costante senza picchi», assicurano al ministero. Saranno resi noti la settimana prossima: e così, mentre sappiamo in diretta gli esiti dei tamponi giornalieri, per le scuole c’è un’attesa di dieci giorni almeno per capire che cosa succede con i contagi. Non solo, i dati arrivano con il contagocce e sarà probabilmente così per tutto l’anno: dopo un braccio di ferro con il ministero della Salute su chi dovesse fare il monitoraggio, alla fine saranno i presidi e non le Asl a fornire i numeri dei contagi nelle scuole. In diretta arrivano le notizie di cronaca e descrivono i primi limitati focolai anche nelle scuole: dieci contagiati in una scuola a Ferrara, 30 al Liceo Avogadro di Roma, una scuola chiusa a Molfetta per focolaio. «Rispettate le regole anche fuori così potremo tenere aperte le scuole», ha detto ieri Azzolina parlando agli studenti di un istituto agrario a Frosinone.
Poche regole e tanta confusione
La preoccupazione aumenta anche per il numero crescente di classi in quarantena insieme alla confusione sull’applicazione delle regole di prevenzione. A partire dall’uso delle mascherine che resta non obbligatorio quando gli studenti sono seduti al banco anche se sempre più professori chiedono di indossarle. A Fiano Romano, nel Lazio, dopo che il preside ha deciso di chiudere la sede distaccata dell’istituto comprensivo con 150 iscritti per un caso di Covid, i genitori sono andati dai carabinieri. Allo scientifico Vallisneri di Lucca invece hanno cambiato le regole in corsa: «Quando ci sono stati i primi casi a settembre, venivano messi in quarantena la classe e anche i professori, ma ultimamente — racconta Gustavo Micheletto, insegnante di filosofia — a noi prof hanno fatto firmare un’autodichiarazione che siamo stati alla cattedra, a due metri di distanza dai ragazzi, e non ci hanno fatto il tampone: è una procedura che la Asl ha convalidato, mi sembra un escamotage pericoloso. Sarebbe stato meglio metterci in isolamento fiduciario a fare didattica a distanza per qualche giorno».
I docenti in isolamento non possono insegnare
Più facile a dirsi che a farsi. Mario Rusconi, capo dell’Associazione presidi del Lazio, racconta: «I professori in isolamento fiduciario sono in malattia, così prevede la legge: se io preside li faccio lavorare, e molti di loro vogliono farlo, mi prendo la responsabilità di andare contro la legge». Guglielmo Caiazza, preside a Tor Bella Monaca, a Roma, ha dovuto lasciare a casa otto classi perché un professore è risultato positivo al tampone: «Per quanto tempo? La legge dice 14 giorni dalla comparsa dei sintomi e poiché di solito la risposta della Asl arriva una settimana dopo, la quarantena potrebbe durare una settimana o poco più. La Asl ha allestito un laboratorio nella palestra della scuola per fare i tamponi a tutti i contatti degli alunni e dei prof positivi evitando così che facessero code di ore al drive-in ma io ho una classe che è a casa dal 22 settembre perché la Asl non riesce a refertare i tamponi, sono oberati di lavoro».
Banchi e supplenti: calvario per gli studenti
Ma a parte rischi e contagi la situazione resta complicata in molte scuole in tutto il Paese: i supplenti arrivano con il contagocce. All’Ettore Conti di Milano e al Keplero di Roma si fanno ancora tre ore al giorno di lezione: al Conti in una prima c’è un professore solo, in tutto l’istituto ne sono arrivati 42 su cento. A Milano, dove il capo dell’Ufficio scolastico è l’ex ministro Bussetti, hanno trovato 6.500 supplenti su 10 mila. Per non dire dei nuovi banchi monoposto: a quasi un mese dall’inizio della scuola sono ancora centinaia di migliaia gli studenti senza tavolo, costretti ad alternarsi a gruppi a scuola o a stare sulle sedie senza banco. Il commissario straordinario Domenico Arcuri pur non fornendo dati conferma che «entro la fine del mese porteremo a termine questa operazione davvero complicata».
L’incognita concorso tra Covid e ricorsi
C’è molta apprensione anche per il concorso straordinario per i precari (32 mila posti per 64 mila domande) che è previsto per il 22 ottobre: il calendario è confermato e le misure di sicurezza hanno ottenuto il via libera. I candidati sosterranno una prova unica scritta divisi in piccoli gruppi e in più giorni fino al 16 novembre. Ma, visto che una prova suppletiva non è prevista, studi specializzati di avvocati stanno affilando le armi per possibili ricorsi di candidati che non potranno presentarsi perché con sintomi compatibili con il virus o anche in isolamento fiduciario o in quarantena.
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