di Oscar Giannino, da Leoni blog, 31.8.2016
– No, non è solo questione di illegalità, ma anche di legalità asinina. Entrambe concorrono alla grande strage sismica italiana. A pochi giorni dal terremoto che ha mietuto sinora 290 vittime a cavallo della provincia di Rieti e Ascoli Piceno, cioè nella zona sismica di categoria 1 più esposta a devastazioni in Italia, già abbiamo alcuni dati su cui riflettere. Per capire una volta per tutte che cosa “non” bisogna continuare a fare, ora che grazie al cielo pare manifestarsi l’intenzione di lanciare un programma pluridecennale per la messa in sicurezza delle aree d’Italia più geologicamente a rischio.
Dagli elementi sin qui appurati dai cronisti, tra tutte è la vicenda della scuola Romolo Capranica di Amatrice, quella che già consente una serie di molto amare riflessioni. Intanto, perché il crollo della scuola è un doloroso esempio – per fortuna questa volta senza vittime dirette – dello Stato che non fa quel che deve innanzitutto per il suo patrimonio, di scuole e ospedali, malgrado si conoscano tutti i numeri delle migliaia di presidi pubblici non a norma. Poi, perché come tutti hanno scritto un intervento antisismico sull’edificio, che risale agli anni Trenta, è stato compiuto nel 2012, ma con i penosi risultati che si vedono. Inoltre, perché subito sono scattate le indagini delle autorità giudiziarie, alla luce dei sospetti che ora emergono su chi si aggiudicò quell’appalto, un’impresa calabrese alla cui guida vi sono parenti e soci d’affari di esponenti raggiunti da interdittive antimafia poi annullate, e sull’impresa romana alla quale i lavori furono poi subappaltati. Nonché le indagini sono aperte anche per un successivo appalto che ancora non era entrato in esecuzione, aggiudicato col massimo ribasso alla “Carlo Cricchi”, il figlio del cui proprietario è sotto processo per corruzione, reati fiscali e falso, per un’appalto “pilotato” di 19 milioni nella ricostruzione dell’Aquila.
Tutti particolari che hanno immediatamente fatto accendere i fari delle massime autorità giudiziarie del nostro paese: dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti a, ovviamente, il capo dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone. Entrambi pronti lodevolmente a dire: garantiamo che questa volta nella ricostruzione non ci saranno le amplissime discrezionalità e illegalità diffuse viste per esempio in Irpinia, con la conseguenza di un maxi falò di decine di miliardi di risorse pubbliche. Prendiamone atto e vigliamo tutti, vien da dire.
E tuttavia no, il crollo della scuola Capranica ad Amatrice malgrado l’intervento del 2012 non è solo un potenziale simbolo negativo per l’ombra di illegalità eventualmente compiute nei lavori. Nella vicenda c’è qualcosa di gran lunga peggiore, anche se finora è passato sotto silenzio. Perché investe non l’eventuale verificarsi di violazioni di legge che mettano cinicamente a rischio la vita di insegnanti e ragazzi. Ma che esprime invece l’ordinaria e strutturale conseguenza letale prodotta dalla follia del nostro legalissimo ordinamento istituzionale, dalla sua proliferazione sovrapposta di competenze, dalla bizantina illogicità delle sue prescrizioni, che sembrano fatte apposta per aprire varchi a interessi e tornaconti, non al fine dichiarato della sicurezza della vita e del patrimonio. Vediamo i motivi per giustificare un’accusa tanto grave: rivolta allo Stato per com’è oggi in Italia, non solo ai criminali.
Ricostruiamo allora i diversi stanziamenti per gli interventi antisismisci alla scuola Capranica di Amatrice. Dopo il terremoto 2009 all’Aquila, il governo Berlusconi mise a disposizione oltre 1 miliardo nazionalmente per la messa in sicurezza degli edifici. E tramite la Provincia di Rieti – l’assegnazione delle risorse passava per la Protezione Civile – sembrò che ad Amatrice fosse disponibile uno stanziamento complessivo per la scuola Capranica, di 1 milione e 263mila euro. Sfumato nel nulla, per problemi burocratici sommati alle crescenti difficoltà di cassa della provincia, avviata come tutti i suoi omologhi nelle regioni a statuto ordinario a perdere la qualifica di organo elettivo di primo grado per trasformarsi di fatto in consorzio di Comuni. Tutti elementi anch’essi su cui la procura di Rieti indagherà.
E siamo al 2012, quando appare il finanziamento di 511mila euro, questa volta a carico del fondo edilizia scolastica del MIUR. A cui si aggiungono 200mila euro di natura mista, visto che il più delle risorse viene dalla legge regionale 17/2009 della Regione Lazio, a cui si aggiunge una quota a carico del Comune e una anche della Provincia a mo’ di riscatto della promessa non mantenuta, appalto che porta ai lavori realizzati con grande velocità per consentire il regolare avvio dell’anno scolastico 2012-2013.
Ottimo? No, neanche un po’. Perché l’accordo con cui la provincia di Rieti cede al comune di Amatrice la supervisione sui lavori ricalca un decreto ministeriale sugli interventi antisismici del 1996, ben precedente cioè ai criteri definitivamente rimessi a punto nel 2009 post-Aquila, e secondo quel testo i lavori possono benissimo limitarsi a semplici interventi di “miglioramento”, non di “adeguamento” pieno ai criteri antisismici. Di qui la possibilità legalissima di usare i fondi per intervenire sulle caldaie di riscaldamento, pavimenti o impianti anti-incendio, invece di concentrarsi solo sull’esame accurato di tutti gli interventi possibili coerenti alle lacune di portanza e dei giunti di flessibilità elastica dell’edificio. Ecco perché la scuola è crollata, ed è tutto secondo le legge: dannazione, viene da dire.
E anche il terzo lotto di finanziamenti, quello per 172mila euro, sulla cui aggiudicazione la procura indaga anche se non era ancora nella fase attuativa, nasce dalle stesse fonti finanziarie plurime dell’intervento 2012, ma in teoria avrebbe potuto benissimo risolversi in un intervento del tutto analogo, e dunque non risolutivo. A ciò si aggiunge che la legge regionale del Lazio modificò il criterio dell’intervento relativo ai privati: per vedersi finanziati i privati dovevano essere obbligatoriamente residenti, il che escludeva tutte le seconde e terze case. Di qui neanche 200 assegnatari, nella zona oggi devastata, invece di alcune migliaia: come se crolli e morte non riguardassero coloro che in questi paesi trascorrono una parte dell’estate nelle case ereditate da padri e nonni, come è proprio tragicamente avvenuto ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto.
Cosa dedurre da questa ricostruzione? Almeno tre conseguenze, che sono di portata enormemente superiore a quella dei processi a carico di chi ha eventualmente rubato e corrotto sui lavori antisismici.
La prima, ora che si pensa finalmente a un Progetto-Italia pluridecennale (Casa-Italia, lo chiama ora Renzi) da presentare in Europa come una vera e propria “grande riforma” di cui ha bisogno il paese europeo più esposto al rischio sismico insieme alla Grecia, è che occorre massicciamente concentrare regia e controllo sulle decine di migliaia di interventi che saranno necessari, nel patrimonio pubblico e – tramite massicce agevolazioni – in quello privato. Per favore: Stato, Regioni, Province e Comuni non possono a questa vicenda aggiungere e cumulare ciascuno i propri guai e inefficienze. E bisognerebbe anche evitare di confondere in questo progetto ogni altro tipo di intervento pubblico a fini diversi, dalla banda larga a saddioché come sembra invece trapelare dal governo: più si crea un carrozzone, meno funzionerà.
La seconda: occorre un’opera rapida di igiene pubblica su testi di legge, decreti e regolamenti da applicare, visto che ereditiamo decenni di testi superfetati e autoelidenti, pronti a generare effetti mortali com’è accaduto ad Amatrice.
La terza: non ne va solo della vita e sicurezza innanzitutto dei 3 milioni di italiani che vivono nella parte d’Italia a massimo rischio, e dei 10 milioni nella fascia di rischio più esteso, in gioco sono anche i conti pubblici, e le tasche del contribuente.
Ora che tutti speriamo in una grande sfida che negli anni ci porti a non ripetere la conta di morti e dei danni del passato, lo Stato non dimentichi che colossali stanziamenti dispersi tra decine di migliaia di stazioni pubbliche appaltanti portano anch’essi la loro parte di responsabilità delle vittime. E fanno restare senza parole gli italiani dalle cui tasche sono usciti.
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Terremoto: vittime anche per le folli norme di Stato ultima modifica: 2016-09-04T04:05:10+02:00 da