Un bilancio di fine anno scolastico

InfoDocenti.it, 9.6.2023.

Gilda Venezia

Ho trovato questo intervento di Daniele Lo Vetere sulla pagina Facebook La nostra scuola: cultura, passione e relazione. Mi sembrava interessante e per questo ve lo propongo.

Cerco di capire perché quest’anno, a fine anno, sia distrutto fisicamente e psicologicamente dalla scuola. Non mi era mai capitato con questa intensità. (Insegno dal 2005-06)

Sicuramente la pandemia ha lavorato sottotraccia e la botta s’è sentita dopo. Sicuramente non ho più l’energia di quando avevo 30 anni, ma in fin dei conti non è né ho né 60 né 50 (e dovrei arrivare a quanto? 65? 67? forse 70)

Ma sono sempre più convinto che la fatica oltre il tollerabile dipenda dal carico emotivo che ormai comporta fare scuola.

Parto da un esempio, un episodio che mi è capitato di recente.

Tizia non si presenta al compito sul libro di lettura domestica. La volta successiva intendo interrogarla. Quando la chiamo, Tizia ha un tono aggressivo, come se stessi ledendo un suo diritto. Ha un vistoso cerotto sul naso. Si è fatta male. Questo mi fa propendere per concederle un’attenuante. Non indago, tendenzialmente non mi piace entrare nel privato dei ragazzi, se posso preferisco intuire e agire di conseguenza, son fatto così, discreto; ci sono ovviamente casi eccezionali in cui è necessario e doveroso capire e ascoltare; in quei casi eccezionali il carico emotivo si triplica.

Tizia non ha una certificazione dsa vera e propria, ma da metà anno ha un piano personalizzato, un bes. (Non ho indagato troppo sul perché, e qui invece avrei dovuto per dovere professionale. Non ho ragione di credere che non sia legittimo. Ma se non ho indagato non è per disinteresse, bensì perché su alcune cose economizzi l’attenzione, altrimenti sballi. In quella classe sono fioriti come funghi i bes e a un certo punto ho perso il filo. Per cui, ho preso solo atto che mi si chiedeva di farle le programmate ed ho eseguito). In virtù del piano personalizzato, Tizia rivendica anche il diritto alla programmazione. Le faccio osservare che la verifica era già programmata e questa interrogazione non è una sorpresa.

Con lei altre due persone non vogliono farsi interrogare. Non ho voglia di discutere e soprattutto se metto loro 2 o 3, dovrò farglielo recuperare. Per cui dico: ‘Chiusa qui. Non ho voglia di discutere. Domani vi sento, tutti e tre. Domani e non oltre’.

Il giorno dopo si scopre che tutti e tre non hanno letto il libro. Non era Verga. Non era l’Hypnerotomachia Poliphili. Era un libro contemporaneo. In ogni caso c’è chi cerca sempre di non leggere, anche le cose più accattivanti o brevi. Per cui quando ‘valuto’, non sto solo valutando il quid, ma anche, a monte, se ci sia un quid. Anche questo, non sembra, affatica, perché è una specie di inseguimento, di rilancio cui sei tenuto.

omunque: Tizia e gli altri due non hanno fatto i compiti. Metto 3. A Tizia faccio osservare il tono aggressivo con cui mi si è rivolta. Fa la faccia stupita e offesa. A quel punto tengo il punto, non è più il caso di lasciar cadere, la cosa va portata a conclusione. Le ribadisco che lo è stata, sì, e che sono stato estremamente generoso a incassare e far finta di niente il giorno prima. Aggiungo che la sua aggressività e il fatto che abbia messo avanti la scusa dell’incidente aggravano la sua posizione, perché è evidente che stava solo cercando di rigirare contro di me la sua stessa responsabilità: in due mesi e mezzo, non ha aperto il libro.

Toccherà pianificare un recupero, probabilmente, bisogna concedere una seconda occasione.

Ho fatto un esempio di comportamento oppositivo. Non tutti i ragazzi sono oppositivi. A volte alcuni son solo fragili e hanno bisogno di essere sostenuti. Prendi Caia, che so che studia ma non apre bocca. Ero riuscito a farla sbloccare, prendendola da parte, parlandole, concedendole sempre una seconda occasione quando mi faceva scena muta. Sempronia infatti, che non apre bocca perché non studia, e si prende invece il votaccio, una volta si è anche lamentata della ‘preferenza’ per Sempronia. In ogni caso, ora Caia s’è di nuovo bloccata. Vai a capire perché.

Ecc.

Ci sono naturalmente due opzioni a costo emotivo assai meno oneroso: lasciar correre tutto, esser buono a costo di passare per fesso, non volere problemi, e tornarsene a casa tutti i giorni con l’animo leggero da ‘appena’ 3 4 ore di classe; essere inflessibile, stabilire regole dure e non concedere eccezioni, mai, a costo di passare per un dittatore. Sono due posizioni ‘automatiche’, in cui la regola è già da sempre decisa.

La posizione intermedia, invece, che ho cercato di illustrare, richiede di decidere caso per caso, di esercitare sempre il lavorio di valutazione pratica che implica un difficile equilibrio tra obiettivi di apprendimento, rispetto delle regole, gestione del rapporto interpersonale con gli adolescenti, attenzione al caso singolo ed empatia, ecc. Centinaia di microvalutazioni in un anno, che si accumulano.

Tutto questo è molto, molto faticoso. E forse il carico di tutto questo sta aumentando anno per anno.

Se poi ci aggiungete che pare che gli unici stronzi responsabili dell’ansia da prestazione degli adolescenti, e della loro eventuale abulia siamo noi insegnanti, è la scuola, e se ci aggiungete che qualsiasi vip ormai può fare un video che diventa virale e viene rilanciato dai siti che si occupano di scuola lamentandosi di me o del collega, dando ricette, spiegando come si fa e come non si fa, il carico emotivo certo non diminuisce. Credo di aver imparato a passare sopra queste cose. In verità temo che agiscano comunque: sono troppe, sono quotidiane, ti arrivano, e si piantano lì, minuscole ma insieme a mille altre, tra conscio e inconscio.

Non vorrei essere equivocato, ci sono tante cose belle nella scuola, altrimenti non la farei. Considerate che ho scelto di fare questo lavoro. Che mi piace farlo. Che non ho mai considerato gli studenti una controparte e che mi incuriosiscono. Considerate insomma che sono motivato. Eppure, a fine maggio ormai sono prosciugato.

A me la lamentela personale non interessa. Ho raccontato un caso personale solo a scopo esemplificativo. Mi interessa sempre generalizzare. Mi interessano le questioni politiche.

E, generalizzando, vorrei dire che ho l’impressione che questo mestiere stia diventando, in una società come la nostra accelerata, utilitarista, balcanizzata da tanti io io io, in cui si pretende efficacia da tutti e in cui le questioni di cui siamo diventati consapevoli e che richiedono la nostra attenzione e cura sono cresciute esponenzialmente, ecco, in questa società forse il nostro sta divetano un mestiere che produce automaticamente burn out. Al punto che da un po’ ho iniziato a pensare che se oggi un giovane che vuole fare l’insegnante mi chiedesse “lo faccio?”, gli risponderei di pensarci bene. Ed è una cosa che non mi piace dire, anzi, mi dispiace tantissimo dirla, la dico contro me stesso e contro quello in cui credo. Ma sento che sia doveroso dirla, non mi piacciono gli infingimenti e i falsi ottimismi.

(Ho tralasciato lo stress che comporta la difficoltà, oggi, di capire che direzione didattica prendere: quali contenuti, metodi. Sotto i piedi sembra sempre di avere il ghiaccio. Si scivola da tutte le parti).

.

.

.

.

.

.

Un bilancio di fine anno scolastico ultima modifica: 2023-06-09T12:10:12+02:00 da

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

GILDA VENEZIA - Associazione Professionale GILDA degli INSEGNANTI - Federazione Gilda Unams

webmaster: Fabio Barina



Sito realizzato da Venetian Navigator 2 srl