Studente picchiato dai compagni, da punire anche chi ha visto e non è intervenuto.
Da alcuni giorni le cronache si sono riempite di commenti sullo studente di un istituto di Pontedera colpito allo stomaco da un pugno sferrato dal suo insegnante, mentre i compagni di classe riprendevano la scena con lo smartphone. Il docente sembrerebbe essere caduto in una vera “trappola”, con gli studenti che hanno probabilmente architettato gli sberleffi portando il malcapitato prof all’esasperazione: il suo gesto, quindi, è con ogni probabilità l’atto finale di una serie di provocazioni che avrebbero infastidito anche l’adulto più paziente e comprensivo. Le stesse parole della madre del ragazzo colpito allo stomaco, secondo cui il figlio in qualche modo se l’è “cercata”, dimostrano la premeditazione e l’arroganza di diversi suoi studenti nei confronti del loro insegnante.
Quello che non si comprende, però, è come si possa arrivare a giustificare un atto che non può appartenere ad un formatore: il docente, che deve crescere i cittadini del domani dando loro l’esempio, non può lasciarsi andare ad una reazione così smisurata. In nessun caso e contesto. A meno che non sia costretto a difendersi, per legittima difesa.
È come se l’arbitro di una partita di calcio rispondesse per le rime agli insulti del pubblico. Oppure il sacerdote inveisse contro l’ateo che lo apostrofa come un credente ingenuo. O l’agente di polizia malmenasse un giovane che ha bevuto qualche bicchiere di troppo.
Un insegnante che non sa frenare i propri impulsi ha forse bisogno di supporto da parte di personale specializzato o magari anche soltanto di un po’ di sostegno da parte di colleghi un po’ più esperti. In questi casi, lo dicono psicologi e pedagogisti, il lavoro di squadra del team docente è sempre importante. In ogni caso non può essere il genitore del suo studente, colpito con un pugno, a dargli una lezione di stile.
L’autorevolezza degli insegnanti, passa, certamente, lo abbiamo detto tante volte, anche per gli stipendi inadeguati e un’opinione pubblica che gioca contro. Ma certi comportamenti fanno cadere ancora più in basso una categoria che invece meriterebbe rispetto e ben altra considerazione.
In ogni caso, questo e altri casi fanno emergere ancora una volta un’esigenza sempre più sentita: in tutte le scuole dovrebbe funzionare una equipe psico-socio-pedagogica in grado di aiutare docenti, genitori e studenti a gestire situazioni di tensione e di conflittualità sempre più frequenti.
Continuano i casi di bullismo a scuola. Questa è la storia di uno studente di quattordici anni e di origini marocchine che frequenta il primo anno di un istituto tecnico di Pavia. Il ragazzo, rientrato per ultimo in classe dopo un’attività di laboratorio, è stato immobilizzato e preso a calci e pugni da parte di due compagni. Ad intervenire sono stati i docenti che hanno provveduto a liberarlo.
Dopo l’accaduto, la dirigente scolastica dell’istituto ha convocato con urgenza il consiglio di classe, chiedendo immediatamente l’espulsione per gli aggressori e una sospensione per 14 giorni per chi è stato presente durante la violenza, ma non è intervenuto.
Secondo quanto si apprende dall’Ansa, al momento la richiesta è stata inoltrata al consiglio d’istituto e si attende la decisione definitiva.
L’approfondimento della Tecnica della Scuola sulle aggressioni a scuola
La Tecnica della Scuola per ragionare sul fenomeno e produrre riflessioni che possano aiutare gli educatori a comprendere questi episodi, per arginarli, ha invitato gli esperti: Francesco Pira, professore associato in “Sociologia dei processi culturali e comunicativi” presso l’Università di Messina; Filomena Labriola, pedagogista e presidente Anpe (Associazione Nazionale Pedagogisti) per Puglia e Basilicata; Elena Arestia, psicologa scolastica; Elena Ugolini, responsabile generale delle Scuole Malpighi; Antonio Affinita, direttore generale Moige – Movimento Italiano Genitori Onlus.