di Giuliano Laccetti, Roars, 10.2.2025.
E’ molto interessante lo scambio che nei giorni scorsi ha visto protagonisti, sulle pagine de Il Foglio, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara e l’ex Presidente della Fondazione Cariplo, il banchiere e filantropo Giuseppe Guizzetti. Il tema è il mancato finanziamento, ad oggi, del Fondo per il contrasto della povertà minorile, istituito nel 2015 dal governo Renzi, e gestito dall’impresa sociale “Con i bambini”, il cui presidente è Marco Rossi Doria.
E’ molto interessante lo scambio che nei giorni scorsi ha visto protagonisti, sulle pagine de Il Foglio, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara e l’ex Presidente della Fondazione Cariplo, il banchiere e filantropo Giuseppe Guizzetti. Il tema è il mancato finanziamento, ad oggi, del Fondo per il contrasto della povertà minorile, istituito nel 2015 dal governo Renzi, e gestito dall’impresa sociale “Con i bambini”, il cui presidente è Marco Rossi Doria[1].
Il fondo in questione è:
“destinato al sostegno di interventi per rimuovere gli ostacoli economici, sociali e culturali che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori tramite una alleanza tra fondazioni di origine bancaria, terzo settore e Governo [..] Dal punto di vista finanziario, a fronte di risorse messe a disposizione dalle fondazioni viene riconosciuto un credito d’imposta da parte dello Stato”.
Sono proprio le mancate agevolazioni fiscali nella nuova legge di bilancio a destare la preoccupazione del banchiere. “L’allarme per il mancato rinnovo dell’agevolazione fiscale del credito d’imposta nella legge di Bilancio non è ancora rientrato”, scrive Guizzetti. L’alleanza pubblico-privato, “esempio virtuoso del sistema Italia”, rischia di saltare.
Le azioni del Fondo rappresentano
“un modello di “filantropia strategica” all’interno del quale le Fondazioni bancarie non si limitano a erogare risorse ma sempre più spesso si pongono come attore rilevante nel processo di policy making”.
Inoltre,
“il Fondo ha contribuito a diffondere una consapevolezza circa la rilevanza della pratica valutativa dal momento che tutte le iniziative finanziate sono obbligatoriamente oggetto di tale pratica”.
Non a caso, avevamo già parlato delle azioni del Fondo e del ruolo della valutazione come strumento di contrasto delle disuguaglianze qualche tempo fa qui, in occasione del primo lancio del Piano di intervento per la riduzione dei divari, nel 2020, alla presenza dell’allora vice Ministra Anna Ascani, di Francesco Profumo, Presidente dell’Associazione di Fondazioni e Casse di risparmio (ACRI), e di Roberto Ricci, attuale presidente INVALSI. L’istituto avrebbe garantito una valutazione puntuale di ogni attività e della percentuale di miglioramento, attraverso nuovi indicatori.
La risposta del Ministro Valditara all’intervento del banchiere non tarda ad arrivare.
In una lunga lettera che intende “fare chiarezza”, elenca le politiche intraprese per il contrasto alla povertà educativa, svolte con fondi europei, PNRR e nazionali: Agenda Sud e Nord, il Piano per il contrasto alla dispersione e riduzione dei divari (di cui abbiamo molto parlato, basato sulla schedatura dei “fragili” INVALSI), riforma dell’orientamento con i docenti tutor e orientatori, Rafforzamento delle discipline STEM, Piano Estate. “L’insieme di queste azioni”, scrive Valditara, “sta cominciando a dare i suoi frutti: la dispersione scolastica in Italia, infatti, secondo le previsioni INVALSI, ha raggiunto un minimo storico”.
Insomma, che siano le banche e le imprese sociali o Valditara, cioè i “buoni” o “il ministro cattivo”, è sempre l’INVALSI, con i suoi dati per tutte le stagioni politiche, il certificatore ultimo di qualsiasi cosa accada nelle scuole.
Il battibecco tra il banchiere filantropo e il ministro del merito racchiude in effetti la storia della scuola e delle politiche sociali degli ultimi decenni.
Per quel che riguarda l’istruzione, le politiche dei “buoni” e quelle dei “cattivi” hanno prodotto, e continuano a produrre, gli stessi effetti concreti nella quotidianità scolastica. Tra questi, la progressiva “caporalizzazione” degli insegnanti (formazione continua, middle management, carriera, standardizzazione della professionalità); l’etichettamento della popolazione studentesca (dai “fragili” agli “accademicamente eccellenti”), oggi da smistare nelle opportune “filiere”. Tutto sotto il controllo continuo e il marchio INVALSI.
Anche in tema di povertà sociale ed educativa il banchiere filantropo, portavoce dei “buoni”, e il ministro restauratore, emblema dei “cattivi”, non sono affatto agli antipodi. Al di là delle retoriche sullo slancio civico, le azioni promosse, nei fatti, producono le stesse conseguenze: depoliticizzazione del problema sociale della povertà; marginalizzazione della responsabilità politica dello Stato, che si libera della gestione dei servizi pubblici abbandonandoli e definanziandoli (ricorrendo a fondi ad hoc, partenariati pubblico-privato, o misure eccezionali e limitate nel tempo, come PNRR); frammentazione e tecnicizzazione dei progetti, sottoposti a monitoraggi di natura burocratica e formale; promozione di un nuovo sistema di “welfare dei servizi” fondato sugli sgravi fiscali, le donazioni e le misure premiali.
Si tratta di questioni che stanno a monte degli innumerevoli e pur meritori esempi di contrasto alla povertà realizzati nei territori, e che disegnano un preciso modello di sviluppo che ormai abbiamo incorporato e reso invisibile nel dibattito pubblico, perché “parlar male del non profit è come sparare sulla Croce Rossa”, specie se si tratta di povertà e di bambini.
Ma questa logica di contrasto alla povertà educativa è estranea alla storia della nostra Repubblica, pur mettendo tutti d’accordo. Delega alla “filantropia strategica” e alle soluzioni tecnocratiche le responsabilità che la Costituzione pone in capo allo Stato: rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. In un Paese che conta ormai 1 minore su 7 in condizioni di povertà, però, non si può fare gli schizzinosi. Quindi va bene anche il contrasto alla povertà educativa come nuovo asset bancario.
[1] Guizzetti non è stato il primo a criticare la scelta politica di non finanziare il Fondo. Le pressioni sul Ministro non sono mancate. Dopo il primo appello lanciato da Rossi Doria, per il quale il mancato rinnovo del finanziamento mette a rischio “un cantiere enorme, ricco di buone pratiche con impatti rigorosamente valutati”, sono intervenute le associazioni, la sociologa Chiara Saraceno, gli assessori alla scuola e alle politiche sociali di undici grandi comuni d’Italia hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione e del Merito, esprimendo la “forte preoccupazione” di cancellare di fatto “uno strumento prezioso” e “imprescindibile nel delicato compito di tenuta sociale e di contrasto alle diseguaglianze”. La senatrice Simona Malpezzi, che ricordiamo tra le promotrici della Buona Scuola, ha depositato intanto un’interrogazione parlamentare insieme a Graziano Delrio per chiedere il rifinanziamento; e lo stesso PD propone anche un emendamento al decreto milleproroghe che dovrebbe essere approvato a fine febbraio.
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Valditara e i banchieri filantropi che difendono i poveri solo con agevolazioni fiscali ultima modifica: 2025-02-11T05:57:14+01:00 da