“Fate il presepe a scuola, lo paga la Regione”. Dal prossimo anno ci penserà Palazzo Balbi a finanziare statuine, lucine, muschio e carta crespa per fare le montagne. Lo ha deciso il consiglio regionale del Veneto approvando a maggioranza (oltre al voto favorevole del consigliere Pd Claudio Sinigaglia) la mozione presentata dai consiglieri Andrea Bassi, Stefano Casali e Fabiano Barbisan del gruppo Centro Destra Veneto. I due ex “tosiani” (Bassi e Casali) e il collega eletto nella lista “Zaia” hanno chiesto di “costituire uno specifico capitolo di bilancio per finanziare le spese” per la realizzazione del presepe a scuola. Un’iniziativa che mira, come cita la mozione, a richiamare l’attenzione su un problema: “La negazione dei simboli della nostra cultura e del nostro passato che porterebbe allo scardinamento di alcuni dei principi cardine su cui si fonda la nostra civiltà”. Per quest’anno non sarà possibile essendo ormai chiuso l’assestamento 2017 trovare i soldi per finanziare le capanne ma dal Natale 2018 la Regione è pronta a sostenere la proposta dei tre consiglieri.

“La nostra iniziativa – spiega Bassi – è al di sopra di ogni sospetto di razzismo visto che il presepe ha una tradizione napoletana. Sappiamo che non possiamo imporre nulla ai presidi; la nostra è una proposta alle scuole. Ci auguriamo vi sia una riflessione sulla valenza del presepe che afferma valori trasversali. Non vogliamo creare uno scontro culturale ma far capire a chi arriva da un altro contesto religioso che giunge in una realtà che ha una tradizione cristiana”. E a chi muove la critica che forse i soldi servono per altro, soprattutto per l’edilizia scolastica Bassi risponde serafico: “È chiara la priorità di fronte ad una scuola che crolla e il presepe ma pensiamo che per fare un presepe non servano migliaia di euro. Sarà la giunta a decidere il finanziamento”.

Il consigliere finito al centro della polemica in questi giorni non si sottrae alle critiche anche in merito alla questione della laicità: “Il presepe non è un simbolo esclusivamente religioso, afferente alla tradizione cristiana: fa parte della nostra storia, entra nella storia dell’arte come in quella della pietà popolare. Nessuno mette in dubbio la laicità dello Stato e delle istituzioni. Ma a chi mi attacca asserendo che il presepe rappresenta un simbolo religioso che potrebbe infastidire altre religioni e fedi rispondo che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il 18 marzo 2011, ha affermato il principio per cui il crocefisso apposto in sedi pubbliche non ha nulla di coercitivo perché rappresenta un simbolo sinonimo di storia, cultura e tradizione: se ciò vale, giustamente per il crocefisso, perché non deve valere per il Presepe?”.

Una risposta ad atei e laici convinti che a scuola non si debba neanche menzionare la religione: “In questi anni dove crocefisso e presepe, come anche canzoncine e recite natalizie, vengono occultati o peggio vietati dalle aule nel nome del multiculturalismo imperante – dice Bassi –  è fondamentale agire in controtendenza”.