di Katjuscia Pitino, Orizzonte Scuola, 27.4.2017
– I nominativi dei docenti contrari alla delibera non devono
essere riportati automaticamente nel verbale.
Sulle votazioni degli organi collegiali scolastici opera quanto stabilito nell’art.37 del D.Lgs.297 del 1994, “le deliberazioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, salvo che disposizioni speciali prescrivano diversamente. In caso di parità, prevale il voto del presidente. La votazione è segreta solo quando si faccia questione di persone”.
Dal disposto se ne ricava che le votazioni interne, compiute in seno ai consigli di classe debbano svolgersi attraverso la votazione a maggioranza che prevede una verbalizzazione solo dei voti favorevoli o contrari, escludendo in via ordinaria l’indicazione dettagliata dei nominativi di coloro che hanno preso parte alla votazione, esprimendo il loro dissenso o l’assenso.
Al contrario, in sede di scrutinio intermedio o finale, la votazione assume una precipua valenza che non può di certo essere lasciata a modalità approssimative e ambigue; la volontà dell’organo collegiale, nel momento in cui è chiamato ad esercitare una funzione giudicante e valutativa deve essere esperita con la massima trasparenza. Pertanto, ad esempio, l’ammissione o non ammissione alla classe successiva esige un processo logico-valutativo che dia contezza della decisione assunta, attraverso congrua motivazione del provvedimento. La segnatura dei nominativi dei docenti favorevoli o contrari all’ammissione o non ammissione rappresenta elemento di forza dinnanzi al giudice, potendo dimostrare, per mezzo della motivazione espressa da ciascun componente, la correttezza con la quale il consiglio ha proceduto alla valutazione. In caso di parità, l’indicazione nominativa diventa quanto mai opportuna, essendo fondamentale, in questo caso, la posizione del presidente.
La giurisprudenza in diverse occasioni ha manifestato tale orientamento; ad esempio nella Sentenza del TAR del Lazio n.3838 del 2014 il giudice afferma il principio che il processo di valutazione impone “al consiglio di classe un approfondimento della posizione del ricorrente, esaminata invece solo con una mera “presa d’atto” dei voti e dalla constatazione che lo stesso non aveva recuperato le insufficienze (…) il consiglio di classe non avrebbe potuto limitarsi a recepire acriticamente i voti proposti dagli insegnanti, ma avrebbe dovuto fare compiuta applicazione del principio secondo cui la valutazione ha ad oggetto il processo di apprendimento e il rendimento scolastico complessivo dell’alunno e non s’arresta, senza approfondita motivazione (…) cfr.TAR Liguria II, n.514/2013”.
Rispetto alla votazione a maggioranza di cui sopra, quindi, nei collegi perfetti in funzione giudicante l’iter seguito dal consiglio non può che essere preciso e puntuale in forza dei principi di trasparenza e correttezza della Pubblica Amministrazione.
Negli altri casi non corre obbligo di segnare a verbale i nominativi dei contrari o favorevoli e degli astenuti; sul punto non esiste alcun riferimento normativo, ma vige il presupposto che la volontà espressa da tutti i componenti dell’organo collegiale diventi un’unica volontà, a meno che l’iter delle votazioni negli organi collegiali non sia stato definito da un regolamento interno all’istituzione scolastica o che un membro partecipante alla seduta richieda che la sua posizione sia debitamente verbalizzata. La possibilità di poter stabilire preventivamente una regolamentazione viene altresì espressa nell’art.37 sopracitato.
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