“Voto di consiglio”, assenze oltre il 25%, non classificato

Gilda Venezia

di Rino Cimella, Orizzonte Scuola, 18.6.2025.

Alcune riflessioni post-scrutini scuola secondaria II grado.
I riferimenti normativi in materia. La decisione finale spetta al consiglio di classe.

Gilda Venezia

Nel corso degli scrutini finali, non è raro imbattersi in fraintendimenti legati al significato e al ruolo delle decisioni collegiali. Uno dei più comuni riguarda il cosiddetto “voto di consiglio”, espressione diffusa ma usata molto frequentemente in modo inappropriato. In realtà, ogni valutazione scolastica è deliberata dall’intero consiglio di classe, secondo un principio di collegialità sancito da precise disposizioni normative. Chiarire il valore di tale principio, insieme alle regole che disciplinano aspetti come la validità dell’anno scolastico, le assenze e i casi di “non classificato”, è essenziale per una corretta interpretazione del processo valutativo.

Il “voto di consiglio”: facciamo chiarezza

Ipotizziamo che un docente si presenti allo scrutinio proponendo un voto pari a 5. Dopo le discussioni, il consiglio decide di optare per la sufficienza. In questo caso, viene spesso utilizzata l’espressione “voto di consiglio”.

Nel gergo scolastico, infatti, a questa dicitura viene attribuito il significato di una procedura di revisione del voto da parte del consiglio di classe rispetto a quanto proposto dal docente della disciplina.

In realtà, come anticipato, ogni singola valutazione approvata è espressione della volontà collegiale, e non solamente quelle che si discostano dalla proposta del docente. Quando viene effettuato lo scrutinio di uno studente, i singoli voti vengono approvati da tutti i componenti, i quali si assumono piena responsabilità di ogni valutazione.

I riferimenti normativi in materia

Sul tema il dibattito in ambito scolastico è acceso da anni. Sono molti gli insegnanti che ritengono più corretto conferire al docente che insegna la disciplina il diritto/dovere di attribuire la valutazione, senza che vi sia la possibilità da parte del consiglio di classe di intervenire nel merito.

Alla base di tale pensiero vi è l’idea per cui solo l’insegnante è in grado effettivamente di stabilire il livello raggiunto dall’alunno nella propria disciplina; al contrario, i colleghi del consiglio non avrebbero gli strumenti per rettificare altrui valutazioni.

A conti fatti, però, la collegialità delle decisioni in ambito valutativo risale addirittura al Regio Decreto del 4 maggio 1925 n. 653, il cui art. 79 prevedeva che la promozione degli alunni fosse deliberata a maggioranza dal consiglio dei professori, che potevano dissentire dalla proposta avanzata dal singolo docente: […] i voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici, fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni. Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti si intendono approvati; altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza, e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.

A rafforzare la collegialità delle decisioni si sono poi susseguite la legge n. 477/1973, che ha introdotto e potenziato gli organi collegiali, e la legge n. 517/1977, che ha esteso la valutazione collegiale a tutti gli ordini di scuola, sostituendo l’impostazione selettiva con un approccio più formativo e inclusivo.

Gli interventi seguenti, contenuti nel D. Lgs. n. 297/1994, nel DPR n. 122/2009 e nel D. Lgs. 62/2017, non hanno fatto altro che confermare tale assetto.

In particolare, il DPR n. 122/2009 sottolinea ancora una volta l’importanza della scelta condivisa.

Per le scuole secondarie di secondo grado, infatti, l’art. 4 c. 1 prevede che la valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe, formato ai sensi dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, con deliberazione assunta, ove necessario, a maggioranza.

I docenti di sostegno, contitolari della classe, partecipano alla valutazione di tutti gli alunni, avendo come oggetto del proprio giudizio, relativamente agli alunni disabili, i criteri a norma dell’articolo 314, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 […].

Dunque, in molteplici fonti è riportato esplicitamente che è sempre il consiglio di classe a decidere le valutazioni. In alcun modo è il singolo docente a decretare la valutazione da attribuire allo studente: ecco perché l’espressione “voto di consiglio” è in tutti i casi impropria.

Le ragioni di queste previsioni

La motivazione alla base del principio della collegialità va ricercata nell’intento di evitare che possa esserci un eccesso di discrezionalità nel processo valutativo nelle mani di un singolo docente, affidando il delicato compito al consiglio di classe.

In tal modo è possibile controllarsi reciprocamente tra pari, confrontare i criteri di valutazione e soprattutto giungere ad una delibera frutto di condivisione e pluralità di osservazioni.

Non solo: la valutazione collegiale consente di tenere conto di tanti elementi, anche trasversali, che possono essere analizzati solo da prospettive differenti.

Tenere in considerazione i diversi punti di vista rende maggiormente solida la valutazione complessiva.

In ultima analisi, bisogna comprendere come il voto finale non rappresenti un semplice atto formale e tecnico, bensì un atto ufficiale che produce effetti giuridici (oltre che, ovviamente, di natura educativa-didattica). In quanto tale, può essere impugnato dalle parti interessate e la collegialità è garanzia di una maggior tutela nei casi di contenzioso.

Assenze oltre il 25%: il DPR 122/2009 fissa i criteri

Un altro dei temi estremamente caldi in materia di scrutini finali è quello legato alle assenze degli studenti. Secondo l’art. 14 c. 7 del già menzionato DPR 122/2009, ai fini della validità dell’anno scolastico […] per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato.

Questo significa che, in condizioni standard, ogni studente non può superare il 25% delle assenze. In caso contrario, non potrà essere scrutinato.

Già in questa prima casistica è necessario un chiarimento: sebbene l’effetto finale sia praticamente identico, è importante sottolineare che l’alunno non può ricevere il giudizio di “mancata ammissione all’anno successivo”, ma si dovrà parlare più precisamente di “mancata validità dell’anno scolastico”.

Infatti, lo stesso riferimento normativo in questione pone l’accento sulla validità e non sul merito.

Le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali […] motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite.

Sempre secondo l’art. 14 c. 7, dunque, si comprende come non sia automatica la previsione della deroga, molto spesso data per scontata. Sono infatti le singole scuole a stabilire se e in che misura derogare a quanto previsto dal dettato normativo

Le eventuali deroghe

Tale deroga è prevista per assenze documentate e continuative, a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati.

Andando ancora a fondo, l’eventuale deroga è ammessa solo nei casi di assenze documentate e continuative.

Ciò vuol dire che il consiglio di classe, valutata la situazione, può decidere di ammettere allo scrutinio anche uno studente che ha superato il 25% delle assenze. Ma in quali casi?

A titolo esemplificativo, possono essere considerate le seguenti motivazioni:

  • Gravi motivi di salute, dovuti a prolungati ricoveri ospedalieri o terapie, malattie invalidanti o assenze per documentati motivi psicologici.
  • Motivi personali o familiari gravi, quali lutti, assistenza a familiari gravemente malati o problematiche certificate dai servizi sociali.
  • Attività sportive di alto livello. La partecipazione a competizioni nazionali o internazionali, o l’eventuale inserimento in squadre o programmi di carattere federale o olimpico, possono consentire di utilizzare la deroga. A tal proposito, è già previsto lo strumento dei PFP (Progetto Formativo Personalizzato) per studenti-atleti
  • Attività artistiche di alto livello. Si pensi a musicisti, attori o più in generale tutti coloro che sono impegnati in produzioni teatrali, televisive, cinematografiche e similari che richiedono un impegno durante l’anno scolastico.
  • Tutela della maternità/paternità. Nei casi di gravidanza o maternità/paternità precoce documentati da certificazioni sanitarie e piani personalizzati. Progetti di mobilità all’estero. Quando gli studenti sono impegnati in attività di mobilità riconducibili a programmi riconosciuti (Erasmus+, Intercultura, PCTO estero ecc.)

La decisione finale spetta al consiglio di classe

Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza, comprensivo delle deroghe riconosciute, comporta l’esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva o all’esame finale di ciclo.

Quindi, una volta acquisiti tutti gli elementi, il consiglio di classe decide se ammettere o meno lo studente che ha superato il limite minimo di frequenza. Preme sempre ribadire che questa procedura è valida solamente per l’ammissione allo scrutinio.

Poi, l’organo collegiale si esprimerà sui voti da attribuire alle singole discipline. Appare evidente che le assenze non devono aver impedito al consiglio di avere delle basi per poter procedere correttamente con la valutazione. Lo studente in questione seguirà l’iter valido per tutti gli altri: potrà essere ammesso alla classe successiva (o all’esame di fine ciclo), avere un giudizio sospeso o non essere ammesso alla classe successiva

Inserire “Non classificato”: quando è possibile?

Se invece lo studente, a causa delle assenze, non ha un numero di valutazioni che permetta al docente di proporre un voto numerico? Anche in tali situazioni, è il consiglio di classe a prendere la decisione.

Se quest’ultimo accerta collegialmente l’assenza di elementi oggettivi per poter esprimere un voto, allora si utilizzerà il giudizio “non classificato”. Può anche accadere che uno studente rientri nel limite minimo di frequenza, ma che puntualmente non sostenga verifiche, interrogazioni, compiti e non partecipi all’attività didattica. In tal caso, pur essendo lo studente scrutinabile, mancano elementi misurabili per poter esprimere un giudizio

Il docente deve evitare di arrivare in sede di scrutinio con tale giudizio

In quest’ultima ipotesi è però molto più complesso arrivare in sede di scrutinio senza una valutazione. Per prevenire possibili ricorsi, è utile ricordare che il giudizio può essere espresso anche mediante altri strumenti valutativi, che non siano riconducibili a verifiche scritte e/o orali.

A titolo esemplificativo, è possibile:

  • assegnare compiti scritti o digitali personalizzati, con scadenze precise;
  • utilizzare i momenti in classe in cui non ci sono delle verifiche, annotando correttamente sul registro elettronico anche solamente dei brevi interventi o degli esercizi svolti in classe;
  • chiedere delle relazioni da svolgere a casa in sostituzione delle prove scritte e/o orali in cui lo studente è risultato assente.

Sostanzialmente, il docente può e deve tentare in ogni modo di raccogliere elementi oggettivi di valutazione, anche minimi, per evitare il giudizio “Non classificato”. Solo se ogni tentativo è documentato e fallito, in assenza di prove valutabili, si potrà motivare collegialmente l’impossibilità di esprimere un voto. Tutto deve essere verbalizzato e tracciato, per tutelare la correttezza del processo.

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“Voto di consiglio”, assenze oltre il 25%, non classificato ultima modifica: 2025-06-19T21:11:02+02:00 da
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