Questo il caso:
- l’alunna a settembre del 2016 rientrava a scuola e come previsto dal P.E.I. (Piano Educativo Individualizzato) avrebbe dovuto essere supportata da un docente di sostegno per 18 ore settimanali; invece ad accoglierla c’erano i docenti curricolari appartenenti all’organico dell’autonomia e del potenziamento (figure introdotte dalla Legge n. 117/2015 cosidetta “Buona Scuola”); questa alternanza di docenze ha sacrificato fortemente il diritto alla continuità educativo-didattica, privando la discente della possibilità di seguire una programmazione strutturata, cosa fattibile soltanto se il docente è assegnato su un alunno con una certa continuità;
- negli alunni con patologie di tipo relazionale il danno che può essere arrecato è ancora più grave, tenuto conto che in questi casi il livello minimo di empatia tra alunno e docente lo si raggiunge faticosamente dopo mesi di incontri;
- l docente di sostegno è stato nominato alla metà di novembre e fino a quel momento l’alunna ha dovuto confrontarsi con una soluzione organizzativa non poco penalizzante;
- l’amministrazione scolastica ha difeso le proprie scelte organizzative, escludendo che ciò comportasse una forma discriminatoria;
- l’ordinanza ha invece ritenuto il contrario: l’alternanza di docenze curricolari è una forma di discriminazione indiretta per l’alunno disabile che viene posto in una posizione di svantaggio nell’accesso all’istruzione.
Ciò che è innovativo di questo pronunciamento è che interviene a ridosso della sperimentazione della Legge 107/2015 (più nota come Buona Scuola), evidenziandone le prime criticità.
Non è un caso infatti che il Governo sia proprio in questi giorni a lavoro per rimettere mano ad alcuni aspetti colpiti da un vuoto normativo, tra cui la formazione e il ruolo dei docenti di sostegno affinché si proceda concretamente verso la reale inclusione degli alunni con bisogni speciali.
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