Insegnanti

Il caso della professoressa “di Chioggia” destituita dopo la sentenza della Corte di Cassazione: una situazione poco chiara

inviato da Marco Tagliapietra,  3.7.2023.

Il comportamento della docente è inqualificabile dal punto di vista professionale e crea discredito nei confronti di tutti i docenti. Ma serve caso un sistema di controlli professionali non affidato alla discrezionalità dei dirigenti scolastici

I giornali e le televisioni hanno ampiamente riportato il caso della docente in servizio presso una scuola di Chioggia che sarebbe stata licenziata perché di fatto avrebbe dimostrato incapacità nella sua attività professionale, ciò giustificato anche dall’abnorme numero di assenze che ha contraddistinto la sua carriera.

I commentatori hanno plaudito quasi all’unanimità alla sentenza della Corte di Cassazione con accenni derisori e denigratori. Ma la situazione sembra più complessa di quanto riportato dalla stampa.
La docente era stata assolta in primo grado per “l’illegittimità del provvedimento di dispensa emesso” dal suo dirigente scolastico alla sede di Chioggia, condannando il Miur al reintegro, alla ricostruzione della carriera ed a tutte le spese di giudizio.
Dopo l’appello del MIUR, in secondo grado si è invece confermato il dispositivo della destituzione per incapacità didattica sostenuto dal livello di assenteismo dimostrato nella sua carriera. La Cassazione ha confermato in concreto la sentenza di appello.
Il problema è che la Cassazione sembra aver introdotto una nuova fattispecie di “ destituzione”  “non disciplinare” perché il Testo Unico 297/1994 all’art. 512 , l’articolo citato dalla Cassazione per motivare la sentenza, riguarda l’istituto della dispensa (l’essere tolto dall’insegnamento per essere reimpiegato ad altro compito per persistente insufficiente rendimento), mentre la destituzione è prevista dall’art. 498 per fattispecie particolari.
Forse la Cassazione ha interpretato in modo estensivo i primi due casi dell’art. 498 che legittimerebbero la destituzione:
a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie.
Non mi sembra che i due casi siano conformi al giudicato.

Non intendo entrare nelle problematiche di tecnica giuridica che possono interessare i burocrati e i legulei. La docente colpita dalla sentenza sicuramente non ha dimostrato deontologia professionale preferendo usare tutte le scappatoie giuridiche e contrattuali per evitare di andare in classe in modo continuativo.

La massa di assenze è stata sempre giustificata, utilizzando certificati medici forse compiacenti, permessi di varia natura che sono stati concessi dai dirigenti scolastici anche in ottemperanza del contratto di lavoro.
Non abbiamo notizia di preesistenti visite di ispettori chiamati dal Ministero per verificare le capacità didattiche e professionali della docente. Questa doveva essere la strada maestra da utilizzare per giustificare non tanto la destituzione, ma la dispensa dall’insegnamento.
Non abbiamo notizia di controlli sulle certificazioni mediche portate dalla docente (ci sono state visite fiscali? Il medico responsabile è stato coinvolto?).

La docente si è vantata di avere conseguito nel frattempo tre lauree, un diploma in pianoforte, diplomi di specializzazione e perfezionamento annuali e biennali in autonomia scolastica, storia della medicina, parassitologia del territorio, pet therapy, criminologia, nuove tecnologie, disturbi dell’apprendimento.
Ha scritto su riviste online come giornalista pubblicista, partecipato a convegni, preso parte a seminari e frequentato corsi di aggiornamento sulla storia degli ospedali o la dispersione scolastica.

Ha fatto di tutto eccetto che dedicarsi all’insegnamento continuativo. Abbiamo rischiato che, con tutti i titoli posseduti, volesse diventare dirigente scolastico.

In concreto il comportamento della docente è inqualificabile dal punto di vista professionale e crea discredito nei confronti di tutti i docenti che, senza conseguire così tanti titoli, continuano a insegnare e a fasi carico del funzionamento della scuola. In particolare ritengo sia da difendere l’onorabilità di tutti i docenti che lavorano a Chioggia e che rischiano di essere ricordati nel tritacarne mediatico come colleghi della docente incriminata.

Ciò non toglie è che la Corte di Cassazione è intervenuta pesantemente nel sistema delle sanzioni per i docenti introducendo fattispecie non previste dal Testo Unico. Serve in ogni caso un sistema di controlli professionali non affidato alla discrezionalità dei dirigenti scolastici (che docenti non sono più o si sono dimenticati di esserlo stati), ma a ispettori e docenti esperti che rappresentino di tutta una categoria professionale che ha tutto l’interesse a sanzionare comportamenti che gettano discredito su di essa.

La Gilda degli Insegnanti aveva chiesto dall’inizio il riconoscimento della docenza come ordine professionale al pari degli altri proprio per evitare che solo soggetti esterni giudicassero impropriamente il lavoro degli insegnanti. Purtroppo non è stata ascoltata.

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Il caso della professoressa “di Chioggia” destituita dopo la sentenza della Corte di Cassazione: una situazione poco chiara ultima modifica: 2023-07-03T06:20:33+02:00 da
Gilda Venezia

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