di Eugenio Bruno e Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore, 16.9.2020.
Niente termoscanner agli ingressi. La febbre andrà misurata a casa tutte le mattine perché con una temperatura superiore ai 37,5 a scuola non si entra. Farlo rientra nella responsabilità genitoriale come molte scuole stanno specificando nei patti con le famiglie. Tant’è che alcune Regioni stanno pensando di far firmare ai genitori una dichiarazione che attesti l’avvenuta misurazione. Ma ci sono altre due paletti da tenere presenti: non bisogna avere una sintomatologia respiratoria né essere stato a contatto nei 14 giorni precedenti con un soggetto positivo al Covid-19. In entrambi i casi l’accesso ai locali scolastici è vietato. Accesso – ed è un altro punto fermo – che deve avvenire indossando la mascherina (eccezion fatta per i bambini di età inferiori ai 6 anni o affetti da disabilità che ne renda incompatibili l’uso). A distribuirla ci penseranno invece i collaboratori scolastici. Ogni giorno a disposizione degli istituti italiani ci saranno 11 milioni di dispositivi di protezione di tipo chirurgico reperiti dal commissario straordinario all’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri.
La parola fine sulle mascherine l’ha scritta il Comitato tecnico scientifico (Cts) del ministero della Salute a fine agosto. Nel ribadire che andrà indossata da quando si varca il portone fino al momento in cui ci si siede al proprio posto il Cts ha individuato nei dispositivi di tipo chirurgico il sistema di protezione migliore rispetto alle mascherine lavabili (che saranno comunque ammesse purché sanificate ogni giorno). Affidare alle scuole il compito di distribuirle significa, per i tecnici, avere la certezza che gli alunni ne indossino una nuova ogni giorno. Con i problemi di smaltimento dei rifiuti che tutto ciò comporta. Ma non sono solo loro a doverla portare. Lo stesso obbligo vale per l’intero personale scolastico e per chiunque debba accedere all’istituto (genitori, fornitori eccetera). Fermo restando che tutti i documenti emanati nelle scorse settimane per disciplinare l’avvio delle lezioni suggeriscono di ridurre al minimo gli accessi dall’esterno e sempre previo appuntamento.
Se possibile i varchi di ingresso e di uscita devono essere diversi. Così come è previsto che ogni alunno acceda dall’ingresso più vicino alla sua aula. Sempre nell’ottica di limitare gli assembramenti sia fuori che dentro l’istituto, le linee guida ministeriali suggeriscono ai dirigenti scolastici di scaglionare gli orari di inizio e fine delle lezioni. Una soluzione che nasce dall’esigenza di decongestionare i mezzi di trasporto (siano essi autobus, metro o scuolabus), spalmando su un arco di tempo più lungo la classica ora di punta, e che molti presidi hanno deciso di accogliere. Soprattutto alle scuole superiori.
All’interno degli edifici scolastici il criterio principe da rispettare è quello del metro di distanza. Da calcolare – sempre secondo le indicazioni del Cts riprese in toto dal ministero – in maniera statica. Cioè quando i ragazzi sono seduti e usando le bocche (le ormai celebri «rime buccali») degli alunni come punto di riferimento. Ogni volta che il metro di distanza tra le bocche c’è, al banco, la mascherina può essere abbassata; altrimenti va tenuta. A meno che una recrudescenza del quadro epidemiologico non obblighi (alle superiori) a tenerla anche al banco. E anche gli insegnanti, con la cattedra posta a due metri dalla prima fila, potranno fare lo stesso. Salvo rimetterla ogni volta che lasciano l’aula o si spostano tra una postazione e l’altra.
Il metro di distanza è il parametro da rispettare in tutti gli ambienti scolastici. Anche nei laboratori, a mensa o in un’aula magna. Perfino davanti ai distributori di snack e bevande. Fanno eccezione le palestre dove il limite addirittura raddoppia. Anche l’ora di educazione fisica tornerà dunque a svolgersi in presenza, purché tra un alunno e l’altro ci siano sempre due metri.
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