di Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore, 9.1.2018
– Ieri è andato in scena uno sciopero, legittimo, ma che mostra in tutta la sua amarezza (in primis, per gli studenti, ancora una volta penalizzati) l’insostenibilità dell’attuale sistema di formazione iniziale e reclutamento dei docenti della scuola italiana, disegnato oltre vent’anni fa, e che si regge su inesauribili graduatorie a esaurimento e su concorsi pubblici, di fatto quasi sempre riservati.
La nuova querelle
Il sasso nello stagno lo lanciano questa volta i 43.600 diplomati magistrali ante 2001/2002. Ma chi sono? Si tratta di maestri di infanzia e primaria che fino al 2001/2002, appunto, potevano insegnare con 4 anni di studio (il percorso magistrale). Nel 2001 si sono chiuse queste scuole magistrali e nel 2006 si è deciso che per entrare nelle graduatorie a esaurimento bisognava avere i requisiti che dalla riforma Moratti in avanti erano necessari per fare l’insegnante, vale a dire una laurea e in più la scuola di specializzazione. Quindi, queste 43.600 persone, dopo aver fatto contenziosi e avendo ottenuto il riconoscimento del loro diploma come abilitante, sono stati inseriti “con riserva” nelle Gae. Prima di Natale è arrivata la sentenza definitiva del consiglio di Stato che, correggendo le precedenti sentenze amministrative, ha stabilito invece il loro “non diritto” a essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento. In pratica, è stato detto che non si può equiparare un percorso di soli 4 anni a un percorso di 10 anni (ai fini dell’immissione in ruolo).
Di qui la protesta dei diplomati magistrali ante 2001/2002. Essere nelle Gae significa prima o poi, con il famigerato criterio assunzionale 50 per cento, graduatorie, 50 per cento, concorso, essere assunti stabilmente nella scuola. Essere fuori dalle Gae, e probabilmente, come intende fare il Miur, declassare queste persone in seconda fascia, significa continuare a lavorare nella scuola, ma come supplenti. E per essere stabilizzati, bisogna partecipare a un concorso. «Abbiamo chiesto all’avvocatura dello Stato di darci le linee attuative della sentenza del Consiglio di Stato – ha detto la ministra, Valeria Fedeli -. Appena arriverà la risposta, convocheremo le parti e troveremo le soluzioni più idonee».
Il merito mancato
Diciamolo subito e con chiarezza. Massimo rispetto per queste persone: se si riconosce un diritto (seppur sbagliando), non è un bel segnale poi vederselo cancellare. Ma con altrettanto rispetto e chiarezza è l’ora di guardare agli studenti: oggi per insegnare a infanzia e primaria serve la laurea in scienze primarie, e un’adeguata preparazione. Molti di questi diplomati ante 2001/2002 in cattedra non sono mai saliti, pur pretendendo oggi la stabilizzazione. Cosa insegna questo ennesimo “caso scolastico”? Che l’attuale sistema di formazione iniziale e reclutamento dei nostri insegnanti, co-gestito in questi anni dal sindacato, va immediatamente cancellato. Il meccanismo delle stabilizzazioni senza valutazione deve finire. In cattedra, come in qualsiasi posto di lavoro pubblico e privato, si deve salire per merito, e non di volta in volta per sentenze giudiziali (o sanatorie più o meno mascherate per accontentare il sindacato di turno).
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