La scuola non può vivere in funzione del lavoro

di Beppe Severgnini, Italians, 27.2.2017

– Gentile Severgnini,
sostiene l’attuale Ministro dell’Istruzione: “(…) Gli analisti sottolineano gli anacronismi dei sistemi d’istruzione occidentale, la scuola si è ossificata, è rimasta ferma. Serve ora uno sforzo di ammodernamento sostanziale”.

Tu quoque, Fedeli, minister mi! La scuola della Repubblica Italiana, nell’ultimo mezzo secolo ha fatto passi da gigante, nonostante le “genialate” dei governi che si sono succeduti l’abbiano spolpata (ossificata = ridotta all’osso?) in nome di un risparmio “sperperoso”, finalizzato cioè a gettare nel buco nero degli “incrementatori” privati del debito pubblico i miliardi di euro sottratti all’istruzione, e quindi al futuro dei nostri figli. La verità è un’altra: siamo passati dalla scuola per pochi alla scuola per tutti, alla comprensione del fatto che l’intelligenza, il talento, il genio non sono appannaggio dei geni, non crescono tra le fronde dell’albero genealogico.

È interesse primario della Repubblica Italiana valorizzare i migliori studenti di tutti gli ambiti della conoscenza, il “capitale umano” del Paese, secondo il principio che “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

Ma tutto questo non piaceva e non piace a una minoranza della popolazione italiana perché, anche nel terzo millennio, si applica un postulato classista: ”Tutti gli alunni sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Lo sforzo di ammodernamento di cui parla il ministro Fedeli andrebbe profuso nel rendere sicure e accoglienti le scuole, dotandole dei mezzi e degli strumenti necessari senza ricorrere alla “Gran Lotteria Nazionale dei PON”, personalizzare l’insegnamento attraverso la diminuzione del numero di alunni per classe, ridefinire la funzione docente in termini didattici ed economici.

La scuola non può vivere in funzione del lavoro, fatta eccezione per il segmento professionalizzante dei diversi indirizzi di studio. Per tagliare gli artigli agli imprenditori rapaci occorre ripensare l’alternanza scuola-lavoro, che potrebbe rivelarsi fonte di “fattorini laureati” a costo zero, modulando un sistema di “Tirocinio controllato”.

La scuola è una cosa troppo seria per essere lasciata in mano a chi non è stato in grado di frequentarla fino ai più alti gradi o a chi la utilizza come un bancomat per interessi politici e avidità privata.

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La scuola non può vivere in funzione del lavoro ultima modifica: 2017-02-27T07:24:17+01:00 da
Gilda Venezia

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