Riforma

Scuola a due velocità: i ritardi del Sud costano agli alunni un anno di gap

di Corrado Zunino, la Repubblica, 15.10.2023.

L’indagine dell’associazione Svimez, che si impegna per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno: la mancanza di attività pomeridiane fa sì che già alla fine della quinta elementare vi sia il divario col Nord

ROMA – Oggi l’autonomia scolastica è già differenziata. Arrivato a undici anni, un preadolescente di Napoli, e in particolare uno di Caivano, lascia la quinta elementare con un anno di studio in meno rispetto al coetaneo del Centro-Nord. Quei “nove mesi” di scuola mancanti significano meno lezioni frontali e partecipazione ai dibattiti, meno laboratori e attività pomeridiane, di teatro e cinema. Meno approfondimenti sul rispetto di genere, la sicurezza stradale, la tolleranza religiosa. Cultura e consapevolezza. Il ragazzino cresciuto in una classe settentrionale, e il paragone qui è calzato sulla città di Firenze, ha ricevuto 1.226 ore di formazione in una stagione scolastica. Lo scolaro di Nola — Nola, come Caivano, come Napoli — 200 ore in meno. Si chiama offerta educativa. In un intero ciclo quinquennale di primaria tutto questo diventa un anno in meno di scuola.

Ce lo ha raccontato l’associazione Svimez, che si impegna per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno: la distanza educativa Sud-Nord dipende dal fatto che nel Meridione non esiste o quasi il tempo pieno, l’attività extra del pomeriggio. Un Paese, due scuole. Al Sud solo il 18 per cento degli scolari accede alle 40 ore, uno su cinque. In Molise solo l’8 per cento, in Sicilia il 10 per cento, in Campania il 19. Al Nord, ecco, il 48 per cento invece frequenta anche dopo pranzo, uno su due. Sono, restando alla macroarea meridionale, quattro ore di educazione in meno a settimana.

Perché al Sud non si fa il tempo pieno? Perché, fondamentalmente, non c’è una mensa. O un servizio di refezione vicino e convenzionato. Ancora Svimez certifica: 650.000 alunni delle scuole primarie statali, il 79 per del totale, non beneficiano di alcuna mensa. In Campania ne sono sprovvisti in 200.000. Nel Centro-Nord un po’ meno della metà usufruisce. In Toscana uno ogni sette.

La questione, tra l’altro, si va a innestare sulla salute adolescenziale: al figlio che deve fermarsi a scuola per i corsi di recupero, per esempio, il genitore affiderà un panino. Farinacei. E al problema alimentazione, che favorisce appunto la continuità scolastica, si affianca l’impossibilità di un’attività sportiva pubblica: 550.000 allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno, esattamente due terzi, non frequentano istituti dotati di una palestra. Solo la Puglia, nell’area, ha cambiato registro.

Quasi un minore meridionale su tre, nella fascia tra i 6 e i 17 anni, è in sovrappeso. Non deve essere un caso. Nel Centro-Nord uno su cinque. E l’abitudine alla pratica sportiva irregolare, figlia appunto della fase scolare, si protrae in età adulta. Il quadro si chiude con le aspettative di vita: nell’Italia del Sud sono inferiori di tre anni rispetto a quelle degli anziani centro-settentrionali.

Bene, l’autonomia scolastica — questa oggi esistente — è già, di fatto, un’autonomia differenziata. E professori e presidi del Sud credono che se si istituzionalizzassero venti scuole in venti Italie – la futura autonomia differenziata progettata dal centrodestra – la forbice con il Nord per l’orario, le mense e le palestre semplicemente si allargherebbe.

Basta guardare le risorse pubbliche, per comprendere. Sempre lo Svimez ha verificato un progressivo disinvestimento generale dei governi contemporanei dalla filiera dell’istruzione, un atteggiamento politico che ha interessato soprattutto le regioni del Sud. Tra il 2008 e il 2020 l’investimento complessivo in termini reali si è ridotto del 19,5 per cento nelle regioni meridionali, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. La spesa per investimenti, nello stesso periodo, nell’Italia del Sud è calata di quasi un terzo contro il 23 per cento nel resto del Paese. Il rapporto tra spesa e studenti, infine, al Sud è di 105 euro annui inferiore (5.080 euro contro 5.185).

Il Pnrr, dice un altro studio dell’associazione, non cambierà sostanzialmente le cose. Il direttore Svimez, Luca Bianchi, sostiene: “Per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. La priorità oggi è rafforzare il sistema educativo soprattutto nelle aree marginali, del Sud e del Nord”.

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Scuola a due velocità: i ritardi del Sud costano agli alunni un anno di gap ultima modifica: 2023-10-15T05:57:21+02:00 da
Gilda Venezia

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