di Luciano Mondello, Scuola in Forma, 31.3.2019
In particolare, tale obbligatorietà, di cui all’articolo 1, comma 124, della legge n. 107/2015, ha previsto che nelle prerogative dei docenti ci fosse anche la frequenza a percorsi di formazione o di aggiornamento. Di fatto però, tale dispositivo normativo non ha mai imposto (come qualche Presidefarebbe intendere) alcun tipo di perentorietà o vincolo a cui il docente deve obbligatoriamente sottostare, pena un’azione disciplinare. Non solo, ma la frequenza a tali corsi di formazione è assolutamente volontaria anche se espressamente deliberato dal Collegio dei Docenti, durante le prime riunioni collegiali di inizio anno scolastico.
Secondo la sentenza di cui sopra le attività formative (impropriamente definite obbligatorie) rientrerebbero quindi all’interno delle famose 40 ora di attività funzionali all’insegnamento. La questione è delicatissima e merita attenzione da parte nostra. Bisogna dire che la maggior parte degli insegnanti di ogni ordine e grado lamenta alla nostra Redazione parecchie azioni vessatorie e velate imposizioni da parte dei loro Dirigenti Scolastici a proposito della frequenza a corsi di formazione e aggiornamento.
Attenzione però: quelle ore di frequenza, secondo la Corte di Cassazione, andrebbero decurtate dalle 40 ore di attività funzionali all’insegnamento. Si, proprio così. In tal senso quindi, se ciascun docente partecipasse a tutti i corsi di formazione a cui oggi è costretto a prendere parte, otterrebbe una decurtazione sostanziosa dei propri impegni in orario antimeridiano e funzionali all’insegnamento.
Il quotidiano ItaliaOggi affronta questo argomento in maniera esaustiva. Qualche giorno fa anche Orizzontescuola riprende l’indiscrezione, tanto da fare trapelare un ulteriore aspetto che finora nessuno aveva messo in evidenza. Secondo la nota testata giornalistica, alla drastica riduzione di impegni degli insegnanti potrebbe sommarsi anche un vantaggio economico: visto che queste ore risulterebbero delle vere e proprie attività aggiuntive di non insegnamento (art. 88, comma 2, lettera “d”), le ore eccedenti le 40 dovrebbero essere retribuite attraverso il Fondo di Istituto con un compenso orario pari a € 17,50.
Ognuno tragga le proprie riflessioni da quanto enunciato dalla Sentenza della Corte di Cassazione. Certo è che oggi a scuola esiste una situazione insostenibile, in riferimento ai ripetuti impegni pomeridiani che poco hanno a che fare con il buon senso e con i diritti dei lavoratori sanciti nel contratto collettivo. Le Dirigenze dovranno prima o poi rivedere i propri piani degli impegni annuali, riducendo drasticamente gli appuntamenti collegiali, cercando in extremis di limitare questi ultimi allo stretto indispensabile, pena l’esborso consistente di compensi al personale scolastico per attività aggiuntive non riconducibili all’insegnamento.
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