di Ilaria Venturi, la Repubblica, 18.5.2018
– Lo scontro tra studenti e professori su come ci si veste a lezione in questa stagione. La sociologa Saraceno: “Ci vuole senso del decoro”
A RIMINI LE SANZIONI: UNA NOTA A CHI SI VESTE DA STRACCIONE
A fare da apripista lo scorso settembre è stata a Rimini Sabina Fortunati, preside dell’istituto tecnico Belluzzi-Da Vinci, adottando col consiglio di istituto nuove regole che comprendono anche una nota o un richiamo scritto – dopo tre infrazioni – per chi si presenterà in abbigliamento “non consono all’ambiente”. Ci fu la rivolta, ma il regolamento è rimasto. E sanzioni per ora non ce ne sono state. “Abbiamo richiamato bonariamente gli studenti, qualche volta smettono – spiega la dirigente – alla Maturità il problema si ripropone, spero che le commissioni li mandino fuori se gli studenti si presentano vestiti male. L’esame e la scuola devono avere il rispetto che meritano. Oltre a trasmettere competenze e saperi dobbiamo educare al modo di comportarsi, anche perché quando vanno nelle aziende non li vogliono straccioni. Comunque mise sdrucite e indecorose sono diventate l’ultimo dei problemi. Stiamo perdendo tutti: calci, pugni, arredi sfregiati. Siamo a livelli allarmanti”.
LA RIVOLTA DEGLI STUDENTI. “SUI NOSTRI CORPI DECIDIAMO NOI”
Il dress code sollecitato allo Scacchi di Bari ha scatenato la rivolta degli studenti. “Sui nostri corpi e nelle nostre scuole decidiamo noi”, afferma Davide Lavermicocca, coordinatore dell’Unione degli studenti Puglia. Camilla Scarpa, coordinatrice regionale della Rete degli Studenti Emilia-Romagna, parla di repressione: “Ogni studente e studentessa ha il diritto di decidere liberamente come vestirsi a scuola. Imporre un dress code è un atto di limitazione diseducativa e offensiva, oltre che di violazione di un diritto degli studenti. La scuola deve essere un luogo di formazione e crescita consapevole, non di repressione”.
LA SOCIOLOGA SARACENO: “CI VUOLE SENSO DEL DECORO”
Gli studenti che parlano di repressione per la sociologa Chiara Saraceno sono “esagerati”. “E’ vero che nessuno impone più una divisa, quello che ci vuole è il senso del decoro, che può cambiare nel tempo e nei luoghi, ma non può scomparire. Non discuto se hai tre orecchini al naso o i capelli colorati, ma le infradito in classe? Siamo passati dal togliere i grembiuli all’eccesso opposto. La differenza tra la spiaggia o la scuola dovrebbe essere mantenuta. E’ anche una questione di capacità di individuare come comportarsi e vestirsi in un contesto per non mettere a disagio gli altri. Non è ipocrisia”.
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“Questa scuola non è una spiaggia”: il dress code dei presidi al tempo degli esami ultima modifica: 2018-05-18T17:51:50+02:00 daLa Tecnica della scuola, 13.5.2024. I programmi svolti devono essere firmati dagli studenti? Con l’avvicinarsi…
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