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Soffro della “sindrome docente”. Lettera

Antonio Deiara, Orizzonte Scuola, 7.1.2017

– Ce l’ho in pieno, senza dubbio alcuno, la “sindrome docente”. Come una larga parte delle professoresse e dei professori della Scuola della Repubblica Italiana, molto più ampia di quanto la casalinga di Voghera abbia stimato insieme al costo “esagerato” dei broccoletti e dei cavoletti di Bruxelles…

I sintomi della “sindrome docente” sono inequivocabili e, qualora ne individuaste almeno due nella vostra condotta quotidiana, potreste averla contratta anche voi. Elenchiamo i più frequenti: trattenersi a Scuola ben oltre l’orario di insegnamento e di servizio per allestire o migliorare un’aula speciale o la biblioteca di classe; comprare, senza farsi scoprire dal marito e di tasca propria, libri o quaderni o materiale didattico per alunni in difficoltà e/o per la Scuola “povera”; essere disponibili ad accompagnare gli alunni in viaggio di (d)istruzione con una valigiona di responsabilità sulle spalle, non solo gratis ma pagando biglietto e hotel dal proprio “lauto” stipendio; trascorrere pomeriggi, serate, giorni liberi e festività a preparare le lezioni in modo accattivante per gli alunni, correggere compiti e frequentare corsi di aggiornamento a pagamento da due o trent’anni; etc.

Questo fanno tanti di noi docenti “pelandroni” della Scuola italiana, tutti i giorni, da anni e/o da decenni. Non perché temano il Ministro o il Preside o l’Ispettore; la motivazione è un’altra: noi non abbiamo in mano pratiche da evadere o moduli da compilare (con rispetto assoluto per chi deve svolgere tali mansioni) ma il futuro dei vostri e dei nostri figli. Roba da perdere il sonno. La nostra remunerazione più grande? Una frase interrogativa, al mercato o in officina, in una pizzeria o a teatro: “Professore, non mi riconosce? Sono stato suo alunno!”. Incontriamo numerosi ex-alunni, ma la situazione più emozionante si vive in Sala professori, quando il giovanissimo nuovo collega ci riconosce. Lo sappiamo tutti: anche tra noi si annidano le mele marce; basterebbe un po’ più di coraggio da parte di alcuni dirigenti e un po’ meno connivenza da parte di tutti i sindacati… Parafrasando Luigi Einaudi, qualsiasi cosa possa inventarsi il ministro di turno per scoraggiarci, umiliarci ed elemosinarci, noi continueremo a formare, istruire ed orientare i nuovi cittadini della Repubblica Italiana. È la “sindrome docente”, bellezza!

Antonio Deiara

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Soffro della “sindrome docente”. Lettera ultima modifica: 2017-01-08T08:38:40+01:00 da
Gilda Venezia

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