La scuola può educare al rispetto della vita, alla condanna di ogni forma di razzismo, alla tutela delle minoranze, ai valori della solidarietà. E può anche aiutare ad educare per combattere la povertà: “Povertà e pace sono due dimensioni legate fra loro – è il parere del presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia Vincenzo Paglia. Non è possibile pensare ad un mondo di pace, quando il 20 per cento della popolazione mondiale detiene l’80 per cento della ricchezza. È un mondo folle che prima o poi si rovescia. Quindi, se è vero che l’interdipendenza dovrebbe diventare come l’Italiano (la nuova grammatica con cui bisogna insegnare tutto), educare alla convivenza può significare lottare contro la fame e per la pace. Se non cresce lo scandalo per la disparità, cresce il pericolo della guerra. Se cresce la solidarietà, la pace è più vicina”. Parole di grande attualità, tratte da un’intervista a Tuttoscuola del… 2005.
Si sarebbero potuti fare più passi avanti in dieci anni, ma… non è mai troppo tardi (speriamo). La riforma della Buona Scuola ha posto al centro dei suoi obiettivi l’autonomia scolastica da potenziare e valorizzare.
Entro il prossimo gennaio ogni istituzione scolastica dovrà definire il piano triennale dell’offerta formativa, con cui dovranno essere individuati obiettivi prioritari e azioni per conseguirli.
La presenza significativa degli alunni stranieri sul territorio che mediamente è pari al 9% ma che in taluni settori (infanzia e primaria) e in molte realtà territoriali, soprattutto del Nord e del Centro, raggiunge percentuali a doppia cifra, obbliga il mondo della scuola a prendere atto sempre più di una realtà culturale che reclama un riconoscimento della propria identità non a parole e proclami, ma in atti concreti e in attività didattiche.
Una proposta concreta: inserire nel Piano triennale, oltre alla giornata delle religioni del mondo, uno spazio rivolto al saper vivere insieme, che è anche uno dei quattro grandi obiettivi dell’Unesco per tutti i sistemi educativi.
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