Tra “Bisogni educativi speciali” e inclusione, il punto sull’autonomia didattica

di Laura Virli, Il Sole 24 Ore, 25.5.2018

– Il Dipartimento per il sistema di istruzione e formazione del Miur, con la nota 1143 del 17 maggio 2018, ha invitato le istituzioni scolastiche a una riflessione sugli enormi passi avanti fatti in questi ultimi anni in termini di inclusione, ricordando, però, che il fine ultimo della progettazione didattica deve essere il successo formativo di tutti.

La nascita dei Bes
La circolare 8 del 6 marzo 2013, con la quale si dava diffusione del documento presentato in occasione del seminario nazionale “La via italiana all’inclusione scolastica. Valori, problemi e prospettive”, introduceva, nel nostro Paese, la definizione di Bes (Bisogno educativo speciale) con l’intento di indurre le scuole ad una maggiore presa in carico anche degli studenti che non fruissero delle tutele della legge 104/1992 o della legge 170/2010, attraverso il riconoscimento del disagio, anche temporaneo, fisico, psicologico o sociale, e la conseguente realizzazione di percorsi di flessibilità e di personalizzazione nella progettualità educativa e didattica.

La burocratizzazione della didattica personalizzata
In alcuni casi è, invece, accaduto che la documentazione proposta dalla circolare 8, seppur utile a condividere finalità, ha spesso appesantito l’attività scolastica tanto da essere intesa da molti docenti alla stregua di meri processi burocratici, rischiando così di rafforzare la percezione dei genitori che tali atti e procedure possano assicurare un diverso livello di presa in carico di alcuni alunni.
Ma la scuola, così orientata, tende a categorizzare e modellizzare gli studenti, non attribuendo il giusto spazio alla riflessione pedagogica e didattica. Insomma, i docenti non si devono ridurre a meri esecutori di piani personalizzati per gli studenti certificati e non, ma dedicare la propria professionalità per approntare ambienti di apprendimento in grado di perseguire il successo formativo per tutti, nel rispetto dei ritmi di crescita e delle inclinazioni di ciascuno, evitando adempimenti talvolta avulsi dalla didattica.

L’autonomia didattica come motore del cambiamento
Dopo aver, per tanti anni, acquisito una sensibilità legata all’individuazione e alla gestione dei Bes, ora le scuole possono andare oltre: progettare modi nuovi che aiutino a scoprire le capacità e a far crescere le competenze di ogni studente.
In questo, i dirigenti scolastici, quali propulsori del miglioramento della qualità dell’offerta formativa, hanno un ruolo determinante tramite il riconoscimento dell’autonomia scolastica e del lavoro degli organi collegiali, (il collegio dei docenti, il team docenti e il consiglio di classe); questi luoghi sono essenziali per la scelta, partecipazione e condivisione della progettazione educativa, nonché della possibile semplificazione degli strumenti di progettazione e di riflessione (Pei, Pdp, etc).

In previsione del rinnovo del Ptof, i capi d’istituto avvieranno nei collegi docenti, nei dipartimenti disciplinari, nei consigli di classe e di interclasse, una riflessione sull’evoluzione del contesto normativo ed organizzativo della scuola italiana, anche dando impulso a momenti di ricerca-azione e di sperimentazione didattica.
«Tutto ciò – termina la nota a firma De Pasquale – al fine di elaborare curricoli verticali e di assicurare la predisposizione di ambienti di apprendimento coinvolgenti e partecipati oltre che di scelte didattiche efficaci ed ineludibili per far crescere nuove generazioni di cittadini consapevoli, ciascuno con i propri talenti, capacità e competenze, che prendano in carico il cambiamento sostenibile del Paese per un futuro migliore».

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Tra “Bisogni educativi speciali” e inclusione, il punto sull’autonomia didattica ultima modifica: 2018-05-25T06:52:59+02:00 da
Gilda Venezia

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