Chiuso per mancanza di alunni. Sembra segnato il destino della scuola italiana. Le culle vuote degli ultimi anni sono già diventate banchi vuoti e infine edifici scolastici chiusi, per ora soprattutto nelle scuole dell’infanzia e della primaria. Ma l’ombra della chiusura si sta già allungando anche sulle scuole medie e presto sulle superiori. Le classi, insomma, si svuotano e le scuole finiscono per chiudere i battenti.
I numeri, inediti, fanno rabbrividire: negli ultimi dieci anni – secondo una ricerca di Tuttoscuola, elaborata su dati ufficiali pubblicati sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito – in Italia sono state sbarrate le porte di oltre 2.600 scuole, solo nel segmento delle scuole dell’infanzia e primaria (alunni tra 3 e 11 anni). E nei prossimi cinque anni si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie. Del resto – secondo le stime dello stesso ministro Valditara – fra dieci anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021 si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120.000 ragazzi in meno ogni anno.
A questo fenomeno della chiusura di molte scuole causata dal calo demografico il
Guardian, la prestigiosa testata britannica, ha dedicato nei giorni scorsi una particolare
ricerca, avvalendosi anche del contributo di Tuttoscuola che ha fornito, in proposito, alcuni dati.
Stimolati dalle osservazioni del
Guardian, Tuttoscuola ha ampliato la ricerca all’intero territorio nazionale, raccogliendo e comparando, da un anno a quello successivo, i dati delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie, statali e paritarie, già direttamente interessate alla chiusura delle scuole. Il servizio integrale sarà pubblicato nel numero di giugno della rivista Tuttoscuola.
“Le scuole italiane stanno scomparendo come i ghiacciai che si sciolgono“, spiega Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola. “L’acqua è la fonte della vita e le scuole sono essenziali per la società, la similitudine è fondata. Le cifre sono davvero impressionanti e il fenomeno è solo all’inizio“. Un Paese che deve chiudere le proprie scuole – non una qui e lì, ma migliaia in maniera sistematica nell’arco di un decennio – quale futuro ha?
La chiusura di una scuola è una misura estrema, e assume anche un significato simbolico. Non si tratta solo di meno alunni nelle aule, o di ridurre il numero di classi. Sbarrare per sempre il portone di una scuola, con le aule colorate, la palestra e le altre strutture, nelle quali non entreranno più alunni schiamazzanti né insegnanti, né bidelli, è molto di più: significa spegnere una comunità. Vuol dire che la crisi demografica sta mordendo la carne viva della scuola e della società, ne sta minando l’impianto organizzativo. Con minore possibilità di scelta e minore prossimità di servizi per le famiglie, peraltro sempre meno numerose. Insomma, quando una scuola chiude è un brutto presagio.
Ecco perché il dato di circa 4 mila scuole chiuse sul territorio nazionale tra il 2015 e il 2030, già in larga parte consuntivato, si può considerare drammatico. E deve stimolare a pensare “lungo”, “largo” e “profondo” in termini di riprogettazione del sistema scuola, dalla didattica (coinvolgente, laboratoriale, personalizzata, mirata a sviluppare creatività e pensiero critico) al modello organizzativo e di funzionamento (da semplificare e normalizzare, avvicinandolo a quello di altre organizzazioni complesse): cercando di trasformare il fenomeno drammatico di riduzione di taglia (che ha l’unico vantaggio di liberare risorse) in una opportunità di rinascimento, in vista di una auspicabile futura ripresa demografica che trovi una scuola rinnovata e più forte.
Culle vuote, banchi vuoti, classi vuote… Scuole chiuse
È questa la preoccupante sequenza degli effetti del cosiddetto inverno demografico dell’Italia, iniziato nel 2009, dopo che nell’anno precedente era stato raggiunto un picco di nascite che aveva indotto ben altre prospettive.
Invece, la denatalità è continuata senza interruzione, toccando il record negativo di nascite dall’unità d’Italia nel 2019, record poi di nuovo superato, perché i nati nel 2021 sono stati appena 399.431, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% rispetto al 2008.
Gli Stati Generali sulla natalità, tenutisi a Roma la settimana scorsa, alla presenza di esponenti politici, rappresentanti delle istituzioni e anche con l’intervento di Papa Francesco, hanno affrontato la complessa questione, convenendo sulla necessità che vengano adottate soluzioni strutturali in una logica di sussidiarietà.
Potrebbe essere presa ad esempio la Francia che circa vent’anni fa aveva lo stesso problema della denatalità, ma che aveva introdotto nuove drastiche misure strutturali che hanno contribuito decisamente a fermare quel calo di nascite, portando la Francia ad avere il tasso di maggiore fertilità tra i Paesi OCSE ed europei dall’inizio degli anni 2000.
Si è trattato di misure sintetizzabili in questi termini:
– Servizi: un sistema completo e integrato per l’infanzia
– Gestione del tempo: un vero part time
– Trasferimenti e agevolazioni: la generosità del quoziente familiare
– Politiche stabili e generose: la fiducia che serve alle famiglie
Attualmente l’elevato tasso di fecondità in Francia ha bloccato la denatalità e aumentato la crescita del numero dei nati.
L’Italia, adottando misure strutturali analoghe, potrebbe invertire gradualmente la tendenza, riempire le culle, i banchi e le classi, riducendo il rischio di chiusura di scuole.
Le migliori previsioni ipotizzano l’obiettivo di 500mila nascite per il 2033.
Ma ci vorrà molto tempo, troppo tempo per vedere risultati concreti, mentre le scuole continueranno a chiudere (almeno altre 1200 entro il prossimo quinquennio), mentre oltre 2.600 scuole hanno già chiuso nell’ultimo decennio.
La scuola non può aspettare: occorre intervenire con urgenza nella riorganizzazione della rete scolastica, rivedendo i parametri fissati quindici anni fa, nella stagione delle “vacche grasse”. Senza tergiversare.
2.600 scuole chiuse in dieci anni. Altre 1.200 nei prossimi cinque. Quale futuro per il nostro paese?
ultima modifica:
2023-05-29T06:27:13+02:00
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