Abilitazione all’estero, il Consiglio di stato fissa i criteri

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di Dino Caudullo, Il Sole 24 Ore, 30.12.2022.

Con due distinti pareri dell’Adunanza primaria i giudici amministrativi hanno affidato al ministero il compito di accertare il possesso delle competenze dei diretti interessati

Gilda Venezia

Sono state depositate, in data 28 e 29 dicembre, le tanto attese decisioni del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria sulla riconoscibilità nel nostro ordinamento dei titoli di abilitazione e specializzazione conseguiti all’estero, segnatamente in Bulgaria e Romania. Secondo i giudici amministartivi toccherà al minisetro verificare che i diretti interessati abbiano acquisito all’estero le competenze necessarie a svolgere compiti di insegnamento nel nostro Paese.

La direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005

La direttiva 2005/36/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo, n.206/2007, ha istituito un sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in ciascun Paese dell’Unione europea, finalizzato a consentire ai cittadini europei di accedere a ‘professioni regolamentate’ presso gli altri Stati membri dell’Unione, in condizioni di parità con i cittadini del Paese estero, diverso da quello d’origine, presso il quale si intende esercitare l’attività.

Il ministero non riconosceva i titoli in Bulgaria e Romania

Il ministero di viale Trastevere aveva negato l’idoneità delle qualifiche professionali ottenute in Bulgaria all’esito del corso di formazione professionale post universitario in «scienze pedagogiche, indirizzo professionale pedagogia dell’insegnamento», e i titoli di formazione professionale conseguiti in Romania, denominati “Programului de studi psichopedagogice, Nivel I e Nivel II”, frequentati dopo avere conseguito in Italia la laurea, quale titolo idoneo all’insegnamento.Il ministero aveva respinto le domande di riconoscimento, sul presupposto – quanto ai titoli bulgari – che non era stato dimostrato l’esercizio della professione di insegnante per almeno un anno e – per quelli rumeni – in quanto il relativo titolo non avrebbe consentito l’insegnamento in Romania.

I dubbi sui titoli bulgari

La VII sezione del Consiglio di Stato ha chiesto all’Adunanza plenaria di chiarire se il ministero possa «prescindere» dall’attestato rilasciato dalla competente autorità estera e quindi riconoscere il «percorso di formazione» seguito presso il Paese d’origine, sulla base del livello di competenza da esso ricavabile, e quindi «soltanto previa verifica della durata complessiva, del livello e della qualità della formazione ivi ricevuta», fatta salva in ogni caso la possibilità imporre «a tal fine specifiche misure compensative»; nonché di chiarire se il «riconoscimento sia doveroso (o anche solo possibile)», anche in mancanza dell’attestato di competenza o del titolo di formazione necessari per l’esercizio nello Stato di origine di una ‘professione regolamentata’, o in sua mancanza di un anno di esperienza professionale.

Il principio di diritto

Sui titoli conseguiti in Bulgaria l’Adunanza plenaria ha dato risposta positiva ai quesiti sottoposti.Secondo i Giudici di Palazzo Spada, deve ritenersi necessaria una verifica in concreto delle competenze professionali comunque acquisite nel Paese d’origine dal richiedente il riconoscimento e della loro idoneità all’accesso alla ‘professione regolamentata’ in quello di destinazione.Nei procedimenti volti al riconoscimento del titolo conseguito all’estero, il ministero dell’istruzione dovrà quindi:– esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascun interessato (non dunque a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine);– effettuare «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se gli interessati abbiano o meno i requisiti per accedere alla ‘professione regolamentata’ di insegnante, eventualmente previa imposizione di misure compensative.

I dubbi sui titoli rumeni

Quanto ai titoli di formazione conseguiti in Romania, all’Adunanza plenaria erano stati posti i seguenti quesiti:a) se sia necessario riconoscere in modo sostanzialmente automatico in Italia un percorso di formazione seguito da un cittadino dell’Ue presso altro Paese membro dell’Ue (nel caso in esame, in Romania), soltanto previa verifica della durata complessiva, del livello e della qualità della formazione ivi ricevuta (e fatta salva la possibilità per le autorità italiane di disporre a tal fine specifiche misure compensative);b) se tale riconoscimento sia doveroso (o anche solo possibile) laddove:- nel Paese membro di origine (nel caso specifico in Romania -) il completamento di tale percorso formativo non assume di per sé carattere abilitante ai fini dell’accesso all’insegnamento, ma presuppone altresì in via necessaria che l’interessato abbia conseguito nel Paese di origine (nel caso in esame: la Romania) sia studi di istruzione superiore o post-secondaria, sia studi universitari;- all’esito di tale percorso di formazione le Autorità del Paese di origine (nel caso in esame: la Romania) non abbiano rilasciato un attestato di competenza o un titolo di formazione ai sensi dell’articolo 13, par. 1 della Direttiva 2005/36/CE.

Le conclusioni dell’Adunanza plenaria

Secondo l’Adunanza Plenaria, contrariamente a quanto sostenuto da viale Trastevere, risulta che in Romania:- una laurea conseguita in Italia, e riconosciuta equivalente in Romania, sia un titolo che consente la frequenza dei percorsi di formazione degli insegnanti ed il conseguimento dei relativi titoli;- a seguito di tale riconoscimento, del conseguimento del Nivel I e Nivel II e del rilascio del certificato Adeverinta, vi è la possibilità di insegnare.Se, dunque, il titolo di cui si discute consente l’insegnamento in Romania, non vi sarebbe ragione per ritenerlo non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE.Da ciò i Giudici di Palazzo Spada hanno quindi enunciato il principio di diritto secondo cui “spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.

Il ministero dell’Istruzione e del Merito dovrà adeguarsi

A questo punto in viale Trastevere, dove pendono ancora diverse centinaia di richieste di riconoscimento di titoli di formazione conseguiti all’estero, dovranno tenere necessariamente conto dei predetti principi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

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Abilitazione all’estero, il Consiglio di stato fissa i criteri ultima modifica: 2022-12-30T13:47:53+01:00 da

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