Avv. Salvatore Braghini, DirittoScolastico.it, 2.10.2019
– L’assemblea studentesca nelle scuole superiori, introdotta con la riforma degli anni ‘70 al fine di favorire la partecipazione democratica degli studenti alla vita e alle problematiche della scuola, suscita sempre un certo interesse per la controversa questione inerente l’obbligo o meno dei docenti di presenziare a scuola durante la giornata dedicata alle assemblee d’istituto.
Il diritto degli studenti di riunirsi in assemblea è stato introdotto dall’art. 43 del D.P.R. n. 416/74 e recepito nel successivo D.Lgs. n. 297/94 (artt. 12-14). L’art. 12, in particolare, prevede che “Gli studenti della scuola secondaria superiore e i genitori degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado hanno diritto di riunirsi in assemblea nei locali della scuola”. Al comma 6 dell’art. 13 è stabilito il limite di una assemblea al mese, anche fuori dell’orario delle lezioni, subordinatamente alla disponibilità dei locali, con esclusione del primo e ultimo mese delle lezioni.
Le norme appena citate non prevedono alcun obbligo di presenza dei docenti alle assemblee di istituto, nonostante alcuni dirigenti scolastici si ostinino – e di qui le risorgenti polemiche – a pretendere la presenza a scuola dei professori nei giorni di assemblea e in assenza di riunioni collegiali appositamente programmate. Il comma 8 dell’art. 13 del Testo Unico recita testualmente che “all’assemblea di classe o di istituto possono assistere, oltre al preside od un suo delegato, i docenti che lo desiderino”. La predetta norma costituisce il passaggio chiave della sentenza del Tribunale di Cagliari n. 1179/2007, che, all’esito di una interpretazione letterale, sancisce l’insussistenza di un obbligo generalizzato per i docenti di presenziare a scuola alle assemblee d’istituto.
La detta sentenza, invero, non convince del tutto, in quanto ravvisa comunque l’obbligo per i docenti della prima ora di essere presenti per annotare le presenze degli studenti. Una forzatura, a giudizio di chi scrive, poiché un tale obbligo non trova alcun riscontro normativo ed è persino incompatibile con l’attribuzione dell’assenza a studenti in una giornata in cui le lezioni sono sospese, e sospese per tutti, sia degli alunni che partecipano all’assemblea sia di chi non partecipa, incidendo inevitabilmente sul monte orario dell’orario annuale personalizzato come introdotto dalla L. 107/2015 (almeno ¾ di presenze per l’ammissione).
L’assemblea, peraltro, è uno strumento democratico affidato alla completa responsabilità degli studenti, un luogo di autogestione in cui l’unico potere di intervento lo ha il Dirigente scolastico se riscontra comportamenti contrari al pacifico svolgimento della riunione. La Circolare Ministeriale 27 dicembre 1979 n. 312, norma secondaria avente ad oggetto la disciplina delle “Assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore ed artistica”, stabilisce infatti che l’assemblea di istituto deve darsi un Regolamento per il proprio funzionamento (paragrafo VI n.1 e 2). Vi si afferma, altresì, che “L’ordinato svolgimento dell’assemblea deve essere assicurato dal comitato studentesco (se costituito) o dal presidente eletto dall’assemblea stessa.” . Precisa, ancora, che “…né il regolamento interno dell’istituto né alcuna deliberazione del consiglio di istituto possono limitare il diritto del preside e degli insegnanti di assistere all’assemblea, né tale divieto può essere posto dal regolamento dell’assemblea studentesca”.
Tornando al punto controverso, la più chiara ed esaustiva pronuncia giudiziale ad escludere l’obbligo di presenziare a scuola da parte dei docenti è di certo la sentenza del Tribunale di Avezzano del giugno 2012, che interviene a rimuovere la sanzione irrogata dal dirigente a 3 docenti, incolpati di non essersi presentati a scuola e di aver contestato l’ordine di servizio. Il DS invocava a sostegno dell’obbligo una nota del Miur del 2003 (n. 4733/A3) predisposta, invero, per chiarire quale tipologia di assemblea studentesca sia da considerare utile ai fini del raggiungimento della soglia minima dei 200 giorni di lezione per la validità dell’anno scolastico. Il Giudice del lavoro, dr. Giuseppe Giordano, con la sentenza n. 431/2011, confermata dalla Corte d’appello dell’Aquila con la sentenza n. 129/2013, ha annullato i provvedimenti sanzionatori evidenziando che “risultano fondati su una non corretta interpretazione della nota del Miur n. 4733/A3 del 26.11.03”. A tal fine, la predetta circolare – come ben ricostruito dal magistrato – chiarisce che tra le assemblee studentesche d’istituto, solo e soltanto alcune tipologie di assemblea (per così dire “speciali”) sono da considerare come “lezioni” e pertanto tali da concorrere al computo dei 200 giorni. Si tratta delle assemblee d’istituto previste dall’articolo 13, comma 6 del D.Lgs. 297/94 (aventi ad oggetto problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, ai quali partecipano esperti) e quelle di cui al successivo comma 7 del medesimo articolo (destinate allo svolgimento di attività di ricerca, di seminario e per lavori di gruppo). Le assemblee studentesche, per così dire “ordinarie”, quelle cioè che gli studenti richiedono solitamente, non costituiscono invece “giorno di lezione”, e non concorrono ai 200 giorni. Ne consegue che esclusivamente per la tipologia di assemblee “speciali”, l’istituzione scolastica ha l’onere – a tenore della citata nota del Miur n. 4733/03 – di adottare tutte le iniziative necessarie per la verifica delle presenze dei docenti e degli studenti, conformemente a quanto accade per la rilevazione delle presenze nelle giornate destinate allo svolgimento delle lezioni. Va da sé che non è possibile indire assemblee d’istituto “ibride”, le quali contengano strumentalmente elementi dell’una e dell’altra tipologia: l’assemblea con gli esperti, seminari o lavori di gruppo è alternativa a quella “ordinaria”, e quest’ultima è gestita in piena autonomia dagli studenti.
E’ superfluo sottolineare che la sentenza ha avuto una vasta eco nel mondo della scuola, poiché ha posto una parola certa su di una querelle che si trascinava da troppo tempo, e non per motivi di poco conto. Risulta evidente, infatti, che per un docente dover presenziare a scuola mentre gli alunni sono impegnati nelle discussioni assembleari, praticamente a vigilare i banchi vuoti, risulta ben poco confacente alla propria dignità professionale.
L’assemblea d’istituto rimane ancora oggi, nonostante tutto, un prezioso strumento di partecipazione alla vita democratica della scuola affidato ai giovani studenti, in funzione della loro formazione culturale e civile. Basta osservarne, anche in virtù di un elementare dovere di coerenza pedagogica, le non difficili regole che la disciplinano. E ciò vale prima di tutto nei confronti del dirigente scolastico, primo responsabile della legalità di ogni singola ed autonoma istituzione scolastica.
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