di Rosalba Sblendorio, Reti di Giustizia, 27.10.2020.
L’ente collettivo preposto alla tutela degli interessi dei non credenti contro ogni tipo di discriminazione, giuridica e di fatto, con stabile attività a livello nazionale, ha interesse a ricorrere, anche in campo scolastico, avverso un atto ministeriale che violi gli interessi di tutela dei valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale toccati dall’intempestiva organizzazione scolastica non solo per l’anno scolastico in corso, ma anche per gli anni a venire.
Questo è quanto ha statuito il Tar Lazio, con sentenza n. 10273 del 9 ottobre 2020.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all’esame dei Giudici amministrativi.
I fatti di causa
Il ricorrente è un ente collettivo a tutela deli interessi dei non credenti con stabile attività a livello nazionale. Tale ente ha agito in giudizio per impugnare la circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, «avente ad oggetto “Iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2013/2014”, nella parte in cui prevede che l’esercizio dell’opzione in ordine alla decisione di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica avvenga all’atto dell’iscrizione, mentre la scelta specifica delle attività alternative sia operata da parte degli interessati all’inizio dell’anno scolastico». Secondo il ricorrente tale circolare è illegittima:
- per violazione del principio di buon andamento della P.A.;
- per eccesso di potere in quanto l’atto in questione è anche irragionevole. E ciò in considerazione del fatto che le singole scuole si troverebbero a organizzare le attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, quelle formative, quelle di assistenza nello studio individuale e di sorveglianza a inizio anno scolastico «con inevitabili ritardi nel relativo avvio e con frequentissimi e diffusissimi inadempimenti nell’obbligo di predisporle per carenza di personale».
Ma vi è più. A dir del ricorrente, per via dei suddetti ritardi, si verrebbe ad attuare una discriminazione tra coloro che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica e coloro che non se ne avvalgono.
Instaurato il giudizio, nel corso di questo si è costituito il Ministero dell’Istruzione che ha, in via preliminare, contestato la legittimazione a ricorrere dell’ente e ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza dello stesso.
Ripercorriamo l’iter logico-giudico del Tar adito.
La decisione del Tar
Innanzitutto, il Tar afferma che, nel caso di specie, sussiste, anche in campo scolastico, la legittimazione ad agire dell’ente ricorrente sia perché si tratta di un ente preposto alla tutela degli interessi dei non credenti contro ogni tipo di discriminazione sia perché esso ha una stabile attività a livello nazionale. Chiarito questo, i Giudici amministrativi affermano che la legittimazione in esame non può venir meno per il solo fatto che l’impugnazione sia rivolta a una circolare relativa all’anno scolastico 2013/2014, ormai decorso. E ciò in quanto l’ente ha prodotto le circolari degli anni successivi sino a quella del 2019/2020, nelle quali «la disposizione impugnata viene costantemente ripetuta con identico contenuto per ogni anno scolastico».
Da tanto discende il fatto che l’ente ricorrente ha agito a tutela degli interessi dei rappresentati; interessi, questi, che sono collegati all’immediata utilità per l’anno scolastico in cui il ricorso è stato proposto. In buona sostanza, l’ente ha agito «a difesa degli interessi di tutela dei valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale toccati dall’organizzazione scolastica per gli anni a venire» (cfr. Tar Lazio n. 7076/2009 e Cons. St.. 2749/2010). Con l’ovvia conseguenza che dall’annullamento della circolare impugnata ne discenderebbero «gli effetti conformativi […] per la programmazione degli anni scolastici futuri, atteso che, come noto, la sentenza del G.A. in ipotesi di provvedimento con effetti limitati nel tempo, ma destinato ad essere reiterato per contenuto da provvedimenti successivi, non si esaurisce nel solo annullamento dell’atto riscontrato illegittimo, ma contiene anche la regola alla quale l’amministrazione deve attenersi nel futuro» (v. tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 1993, n. 891; Consiglio di Stato sez. IV, 01/02/2001, n. 398). Passando al merito della causa, a parere del Tar, la libertà religiosa viene garantita anche a scuola grazie alla scissione tra scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, scelta di non avvalersene e scelta di avvalersi di attività alternative. Nell’ambito di queste ultime due scelte, affinché la libertà di religione abbia ampia tutela, occorre che le attività alternative siano svolte «in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento».Orbene, tornando alla fattispecie in esame, appare evidente che la circolare ministeriale impugnata non garantisce detta tempestività dal momento che rinvia all’inizio dell’anno scolastico l’organizzazione delle attività alternative. Tale rinvio non consente alle scuole di adottare soluzioni formative adeguate, frustrando, in tale modo, il principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento (v. Tar Lazio n. 7076/2009 e Cons. St. n. 2749/2010). Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tar ha annullato la disposizione su indicata della circolare impugnata con obbligo conformativo della p.a. per gli anni scolastici a venire.
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III-bis
Sentenza 9 ottobre 2020, n. 10273
Presidente: Sapone – Estensore: Goggiamani
FATTO
L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (in sigla UAAR) ha impugnato, con richiesta cautelare, la circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 17 dicembre 2012, n. 96, prot. 8293, avente ad oggetto “Iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2013/2014”, nella parte in cui prevede che l’esercizio dell’opzione in ordine alla decisione di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica avvenga all’atto dell’iscrizione, mentre la scelta specifica delle attività alternative sia operata da parte degli interessati all’inizio dell’anno scolastico.
In particolare ha censurato la disposizione ministeriale con due motivi di ricorso lamentando 1) la violazione del principio del buon andamento della P.A. (artt. 97 Cost. e 1 della l. n. 241 del 1990) e l’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza in quanto le singole scuole si trovano a dover organizzare le attività alternative all’insegnamento della religione cattolica (IRC) – sia le attività formative, sia l’assistenza nello studio individuale, sia la sorveglianza – quando l’anno scolastico e la didattica sono già iniziati con inevitabili ritardi nel relativo avvio e con frequentissimi e diffusissimi inadempimenti nell’obbligo di predisporle per carenza di personale, e 2) la violazione dell’art. 310 del d.lgs. n. 297 del 1994, dell’art. 7, comma 28, del d.l. n. 92 del 2012, dell’art. 3-bis della l. n. 241 del 1990, dell’art. 1 della l. n. 281 del 1986 e dell’art. 310 del d.lgs. n. 297 del 1994 stante la conseguente discriminazione tra coloro che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica e coloro che non se ne avvalgono.
Si è costituito il Ministero dell’Istruzione contestando la legittimazione della ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza deducendo
- che, per come chiarito dalla Corte costituzionale, doverosa è la scissione tra la scelta di non avvalersi della religione cattolica e scelta delle attività alternative,
- la rilevanza meramente organizzativa di queste ultime,
- che eventuali ritardi nell’avvio della formazione alternativa sono imputabili agli istituti scolastici, consentendo le istruzioni ministeriali il tempestivo avvio,
- che le procedure previste non implicano alcuna discriminazione per motivi religiosi.
Con ordinanza n. 1308/2013, non appellata, è stata rigettata l’istanza cautelare per difetto di periculum in mora.
Nella fase di merito, acquisiti i documenti prodotti, la causa è stata trattenuta in decisione all’esito della discussione all’udienza pubblica del 25 settembre 2020.
DIRITTO
1. In via preliminare deve affermarsi la legittimazione a ricorrere della ricorrente in quanto ente collettivo preposto alla tutela degli interessi dei non credenti, ed in specie per la loro tutela dal contrasto da ogni tipo di discriminazione, giuridica e di fatto anche in campo scolastico, interessi che si assumono incisi dall’atto ministeriale impugnato, con stabile attività a livello nazionale, come si desume dallo Statuto (v. art. 3) e dall’iscrizione dell’Unione come associazione di promozione sociale iscritta nell’apposito elenco ministeriale (v. docc. 3 e 4 fascicolo ricorrente) (cfr. per tutte C.d.S., sez. III, 20 novembre 2018, n. 6557 e ad. plen. n. 6/2020).
2. Osserva preliminarmente ancora il Collegio che sussiste l’interesse a ricorrere della ricorrente nonostante l’impugnazione sia rivolta a circolare relativa all’anno scolastico 2013/2014, ormai decorso.
Ha dimostrato, infatti, l’UAAR con la produzione delle circolari ministeriali di anni successivi (v. docc. 36-38, circolari relative agli anni scolastici 2014/2015, 2019/2020, 2020/2021) che la disposizione impugnata viene costantemente ripetuta con identico contenuto per ogni anno scolastico, dal che si evince che l’ente associativo ha fatto valere nel giudizio gli interessi dei rappresentati non solo collegati all’immediata utilità per l’anno scolastico in cui il ricorso è stato proposto, ma che agisce, in termini più ampli, a difesa degli interessi di tutela dei valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale toccati dall’organizzazione scolastica per gli anni a venire (cfr. T.A.R. Lazio n. 7076/2009 e C.d.S. 2749/2010).
Mira, dunque, la ricorrente anche agli effetti conformativi derivanti dall’annullamento della disposizione della circolare impugnata per la programmazione degli anni scolastici futuri, atteso che, come noto, la sentenza del G.A. in ipotesi di provvedimento con effetti limitati nel tempo, ma destinato ad essere reiterato per contenuto da provvedimenti successivi, non si esaurisce nel solo annullamento dell’atto riscontrato illegittimo, ma contiene anche la regola alla quale l’Amministrazione deve attenersi nel futuro (v. tra le altre, C.d.S., sez. IV, 19 ottobre 1993, n. 891; 1° febbraio 2001, n. 398).
3. Venendo al merito deva accogliersi il ricorso per fondatezza del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
Se è vero che al fine di non condizionare dall’esterno la coscienza individuale nell’esercizio di una libertà religiosa sia necessaria la scissione tra scelta di non avvalersi della religione cattolica e scelta delle attività alternative (v. C. cost. 13/1991, punto 4 della motivazione in diritto), questa seconda, pur successiva alla prima, deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento.
Il rinvio della seconda opzione all’incipit dell’anno scolastico contrasta con la possibilità di tempestiva organizzazione ed idonea offerta delle attività alternative, con conseguente inizio ad anno scolastico ormai avviato e con soluzioni formative inadeguate o inesistenti che possono portare all’effettiva frustrazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento (v. T.A.R. Lazio n. 7076/2009 e C.d.S. n. 2749/2010).
Ha dimostrato, infatti, la ricorrente che l’attuale notevole scissione della tempistica comporta -) notevole ritardo nella raccolta (a volte) dell’apposito modulo (v. doc. 19 in cui la raccolta è prevista per l’inizio di ottobre), nella programmazione ed attivazione delle attività didattiche alternative (v. raccolta disponibilità da ottobre inoltrato a novembre, docc. 10, 11, 13, 45, 47, 48 ed assegnazione degli insegnanti a fine novembre doc. 17), -) situazione di provvisorietà nei mesi di attivazione delle attività alternative degli studenti che hanno scelto di non frequentare la scuola durante l’ora di religione, i quali vengono inviati in biblioteca o in altri locali senza progetto o in altre classi (v. docc. 12, 14, 47, 48) o (addirittura) con disposizione di permanenza nella propria classe durante l’ora di religione che loro hanno espresso non voler frequentare (v. doc. 18, 25, 42, 43, 44), -) a volte la rinuncia della scuola alla formazione, con previsione, senza alternative l’uscita da scuola degli studenti non frequentanti l’IRC (v. doc. 23).
In conclusione, deve annullarsi la disposizione indicata in epigrafe della circolare impugnata con obbligo conformativo della p.a. per gli anni scolastici a venire.
4. Le spese di lite, in ragione della delicatezza degli interessi in gioco e delle difficoltà organizzative degli Istituti, possono essere compensate.
Il contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, TUSG, è, tuttavia, interamente dovuto dalla parte resistente soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, così provvede:
1) accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la disposizione indicata in epigrafe della circolare del MIUR del 17 dicembre 2012, n. 96, con obbligo conformativo per il MIUR per gli anni scolastici a venire;
2) compensa le spese di giudizio;
3) pone a carico del Miur le spese del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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