di Vincenzo Pascuzzi, qui non si banna! / Dossier: Scuole private, paritarie …/ Vaticanerie, 15.12.2019
[Bugiardino. Lo slogan di don Milani ha fatto breccia anche presso le suore, adeguatesi allo “stile comportamentale e alla cultura di massa ormai dominante”? L’autore si assume la difesa d’ufficio e a prescindere delle Suore Angeline? Non si vede la relazione tra un fatto specifico oggetto di inchiesta e il discorso generale con i docenti democratici e buonisti – solo statali e solo loro? – ritenuti responsabili di tutto. v.p.]
Per decenni lo slogan che “l’obbedienza non è più una virtù”
è stato propagandato diventando egemone.
Scuola. Bambini e suore dell’orrore, la tragica fine dei figli del buonismo
Il reportage del “Fatto Quotidiano” sulle presunte angherie commesse
dalle Suore Francescane Angeline di Roma dovrebbe suscitare alcune domande
dalle Suore Francescane Angeline di Roma dovrebbe suscitare alcune domande
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La vita di classe sta diventando un inferno. Non parliamo poi delle mense scolastiche, dei refettori dove urla e schiamazzi dominano rendendo intollerabile una presenza maggiore di un quarto d’ora per cui gli insegnanti fanno di tutto per terminare in fretta ed uscire dalla bolgia infernale.
Ebbene, nel lunghissimo articolo de Il Fatto Quotidiano di lunedì 4 novembre “Botte, paura. I nostri figli nella scuola delle suore” contro le Suore Francescane Angeline di Roma, messe sotto inchiesta per maltrattamenti di bambini dell’asilo, si dice che le massime punizioni avvenivano proprio in mensa. Il motto “mostruoso” delle suore era “bocca chiusa e piatto pulito” cioè una richiesta di silenzio e di azione orientata all’atto “mostruoso” di alimentarsi. Una cosa elementare che oggi però risulta “mostruosa” di fronte allo
Per decenni lo slogan che “l’obbedienza non è più una virtù” è stato propagandato diventando egemone. Inventato da don Milani, che ai suoi tempi era isolato nella Chiesa cattolica, fu impugnato dalla cultura laica anticattolica e antisistema, ovviamente interessata a difendere comportamenti oppositivi al modo di essere maggioritario che considerava con ostilità perché non riusciva a scalfirlo sul piano politico.
Alla fine lo slogan ha vinto e la disubbidienza è diventata la nuova virtù. L’adesione al nuovo slogan che ribellarsi è giusto è sicuramente alimentata dalla gigantesca e cronica inefficienza delle strutture statali a cominciare dalla scuola. Ma ormai siamo andati oltre ogni giustificazione. Per anni nelle scuole medie il testo più letto è stato L’allievo modello di Joseph Roth, un brano in cui “si svela” il vero sentimento che anima l’alunno diligente: un desiderio mostruoso di potere. E l’alunno ubbidiente e diligente è stato demonizzato, anche se ogni insegnante in cuor suo desiderava avere una classe docile e collaborativa, seppure vivace sul piano intellettuale.
Pian piano gli insegnanti, soggiogati dai loro stessi slogan, hanno abolito o demonizzato qualunque atteggiamento “costrittivo e minaccioso”, qualunque castigo o condanna di comportamenti inadatti al clima di classe ed alle relazioni scolastiche. Abolite le note, l’allontanamento dalla classe, le sospensioni, i richiami severi.
Il docente “democratico” all’inizio sentiva di acquisire, con la sua linea buonista, un prestigio gratuito ed un appoggio tra i genitori di tipo nuovo,diversi da quelli che per secoli avevano sostenuto la severità educativa. Ma subito le cose cominciarono ad andare male. Mi sia consentito un ricordo personale: anno 1974, scuola media sperimentale a tempo pieno del quartiere Gratosoglio di Milano. Dovevo sostituire un docente che se n’era andato perché sommerso dalle accuse di autoritarismo: usava il libro di testo e dava i voti. Quando arrivai davanti alla porta dell’aula la vidi piena di buchi. Stava per suonare la campanella del cambio d’ora e dall’interno proveniva un frastuono memorabile. Poco dopo la porta si aprì e a valanga uscirono gli alunni trascinando il professore. Era teso ma con il volto gioioso e ridente e mi guardava amichevolmente parlandomi dell’unicità di quella scuola. Dopo venni a sapere che era un prete spretato e sposato che viveva magnificamente la sua nuova condizione umana. Chissà che fine avrà fatto.
Molti cattolici si convertirono alla facile proclamazione del “liberi tutti”, dell’uso esclusivo di amore e persuasione, del solo buon esempio.
Gradualmente, pur scricchiolando da subito nelle situazioni di “avanguardia”, il nuovo corso si estese, sostenuto per ragioni varie, politiche e non, da fasce sempre maggiori di intellettuali, giornalisti, docenti e genitori, diventando egemone. Oggi in Italia l’alunno diligente si nasconde e finge di essere strambo anche lui per non fare brutta figura. Demonizzando l’obbedienza (ma solo quella acritica, diranno i buonisti) fin dalla nascita ed esaltando il bambino “creativo” (oggi poi in modo speciale la bambina creativa e ribelle) abbiamo preparato il terreno a una generazione di infelici incapaci di organizzare i propri pensieri e sentimenti, incapaci di confrontarsi contemporaneamente sia con la tradizione che con autentiche ed utili innovazioni.
Certo le povere Suore Angeline non hanno colto il nuovo contesto in cui operano. Hanno continuato a chiedere i comportamenti tradizionali restando impotenti difronte alle nuove reazioni dei bambini. Sì, i bambini di tipo nuovo, che cominciano ad essere tantissimi.
Si vedono spessissimo, ovunque, situazioni di mamme che contrattano infinitamente le cose da fare o non fare con figli dai due anni in su. Usano il dialogo, la persuasione, l’esortazione. Si vede che rifiutano ogni perentorietà. E il bambino dilaga infelice, incontenibile, eternamente instabile e mutevole.
Ma la lotta ideologica al moderno “liberi tutti” non è stata fatta. I “tradizionalisti” hanno taciuto, lasciando campo libero ai nuovi dogmi e oggi la vittoria del liberismo dogmatico è totale. Così come la paralisi gestionale, che viene superata di nascosto con mezzi magari ultra tradizionali e quindi indicibili e con sensi enormi di colpa sia a “destra” che a “sinistra”.
Io ho espresso più volte indicazioni concrete [*] delle misure necessarie per il buon governo della classe in questa nuova realtà. E cioè l’utilizzo sia di attività tradizionali a classe intera ridotte al minimo che di attività mirate su piccoli gruppi o casi singoli. Certo ci vuole l’adesione convinta dei docenti e la capacità di rinunciare alle “sirene” di gran moda. Però sento che il pendolo del liberismo dogmatico è arrivato a fine corsa e che comincia ormai un cambio di rotta, un nuovo ciclo che non durerà poco e nemmeno sarà eterno. Forse solo 50 anni.
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[*] l’autore dell’articolo rimanda all’indice – 3 pagine – dei suoi numerosi articoli pubblicati su ilsussidiario.net
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SANTISSIME PERCOSSE
“Botte, paura. I nostri figli nella scuola delle suore”
Le telecamere messe dagli agenti hanno filmato l’orrore. La direttrice (sotto inchiesta) è stata trasferita in una primaria di Torino, sempre delle religiose.
di Natascia Ronchetti – Il Fatto quotidiano – lunedì 04/11/2019
Il 17 settembre scorso nella scuola materna romana delle Suore Francescane Angeline era prevista una grande festa. Giochi, pasticcini, bibite. Bimbi e genitori – questi ultimi già pronti a fare la colletta per acquistare cibo e bevande – avrebbero dovuto salutare così la direttrice suor Chiara Carnelos, in partenza per Torino per assumere la guida della scuola primaria del capoluogo piemontese gestito dallo stesso ordine. La festa è saltata nel più completo silenzio: non c’è stato bisogno di spiegazioni per annullare tutto. Sette giorni prima la polizia aveva notificato a due maestre laiche dell’asilo e alla stessa sorella Carnelos un avviso di garanzia; a un’altra religiosa, Suor Lucia, un ordine di custodia agli arresti domiciliari. Atti emessi dalla Procura della Repubblica di Roma, dopo quattro denunce presentate da altrettante famiglie. Tutti per maltrattamenti nei confronti dei bambini, documentati dalle quattro telecamere installate dalla polizia in due stanze dell’asilo. “Ci ha convocati la madre superiora: noi l’abbiamo saputo così”, ricorda Marzia, mamma di una bimba di quattro anni e mezzo. “La suora – prosegue –, si è limitata a dirci: adesso la magistratura farà le indagini, la giustizia il suo corso, ma voi ci conoscete, facciamo questo lavoro da anni… Sembrava caduta dal cielo. Da quel momento tra noi e loro si è interrotto ogni rapporto”.
La figlia di Marzia è una tra i tanti bambini che sono incappati nelle dure “punizioni” delle maestre laiche e religiose della scuola. Violenti strattonamenti, spinte contro i tavoli, schiaffi, alimentazione imposta con la forza quando qualcuno rifiutava il cibo. C’era chi veniva messo sopra un armadio molto alto, con il rischio di perdere l’equilibrio e cadere: stava lì e non si poteva muovere. A un altro bimbo sono state legate le mani. E poi urla, insulti. E quel “patto” stipulato con i bambini, secondo alcuni genitori: tutti zitti, tutti vincolati al segreto, “sennò Gesù piange”. Un mese di filmati, nel mese di giugno, “e abbiamo scoperto che quello non era un paradiso, come ci appariva ai cancelli, con le suore così sorridenti e gentili: quello era un inferno”, dice Daniele, padre di una bimba di cinque anni e mezzo. La scuola è in via di Villa Troili, una diramazione dell’Aurelia. Stanze colorate, tanti giochi. È immersa nel verde, ha un grande giardino. Tra i genitori, chi aveva sospetti adesso non si dà pace. È il caso di Marzia, che soffre di stress post-traumatico (“Dopo avere visto i video sono stata anche ricoverata, mi sono sentita male”) e che teme per il futuro di sua figlia, seguita da una psicologa: ci sono giorni in cui la bimba si incupisce, spesso fa fatica a parlare. “Sono un’insegnante di sostegno in una scuola materna, avrei dovuto capire subito e non mi perdono” – dice Marzia -. Mia figlia aveva cominciato a balbettare e aveva comportamenti aggressivi. Più volte ho chiesto spiegazioni alle suore: ogni volta una scusa diversa. Suor Chiara a un certo punto ha ribaltato tutto su di me, dicendomi che il problema ero io: iperprotettiva”. Suor Chiara adesso è a Torino, un trasferimento deciso durante l’estate e comunicato il 28 agosto scorso ai genitori. La madre superiora della confraternita torinese, che filtra le telefonate, si rifiuta di rispondere alle domande del Fatto. Sul sito della scuola primaria sono arrivati messaggi dei genitori dei bimbi che frequentavano la materna romana. Tutti allarmati: temono che a Torino possano verificarsi altri abusi. “Genitori, aprite gli occhi”, scrive Emanuele. “Da poco una suora sarà a capo di questa scuola, peccato che la persona che verrà a dirigerla è indagata a Roma…Parliamo di maltrattamenti fisici e psicologici…”, incalza Lucrezia.
La scuola dell’infanzia delle suore Angeline accoglieva, prima che venisse a galla l’inchiesta, 54 bambini, tra i quali figli di persone che lavorano alla Cei o a TV2000, l’emittente controllata dalla stessa Conferenza episcopale. Molti sono stati ritirati. Ma fino a poco tempo sembrava che, in fondo, tutto filasse liscio. C’era anche il “Cantiere dell’educazione”: incontri tra genitori, sacerdoti, psicologi, maestre. Tre volte all’anno così. E poi tante riunioni per coinvolgere le famiglie. “Arrivavano anche terapeuti di fama – dice Daniele . Ci insegnavano come educare i nostri figli, ci mostravano quali problemi potevano sorgere con un contatto troppo prolungato con le tecnologie digitali”. C’era la consulenza, a pagamento, di un gruppo di psicoterapeuti convenzionati con la scuola, per i genitori i cui figli manifestavano disagio. “Ci spedivano tutti quanti a fare terapia – ricorda Gaia, mamma di un bimbo di quattro anni e mezzo -. Anche io e mio marito ci siamo andati, perché le suore mi avevano detto che mio figlio soffriva di ansia d’abbandono. Secondo loro la responsabilità era nostra perché, lavorando entrambi, non eravamo sufficientemente presenti. Anzi, la colpa era soprattutto mia, mi dissero che mio figlio era vittima della mia ansia da prestazione professionale”. Gaia non riesce a togliersi dalla mente l’immagine di un bambino che viene violentemente scosso fino a cadere per terra. La polizia le ha fatto vedere il filmato. Quello e gli altri che “testimoniano – osserva – come le punizioni peggiori scattassero nel refettorio, quando i bambini non mangiavano. C’era un motto: bocca chiusa e piatto pulito. I bimbi non potevano nemmeno andare in bagno. Tutti i video mostrano un clima di terrore, soprattutto in mensa: se un bimbo veniva punito, gli altri continuavano a mangiare a testa bassa, come se tutto fosse normale. Abbiamo iniziato un percorso terapeutico, io e mio marito vogliamo verificare la profondità del trauma subito da nostro figlio e ricostruirci”. Gli effetti dei maltrattamenti, quando i bimbi erano a casa, emergevano nei modi più disparati. “Mia figlia non riusciva ad andare in bagno – ricorda Daniele -, mostrava un insolito rifiuto per alcuni alimenti. Dopo ci ha parlato di botte. E sembrava che le considerasse normali: come se per lei ormai la scuola volesse dire esattamente quello. Ciò che ci fa più male è che queste persone continuano a esercitare. Le due maestre laiche indagate sono state allontanate. Ma le suore hanno continuato la loro attività come se niente fosse”.
La figlia di Marzia è una tra i tanti bambini che sono incappati nelle dure “punizioni” delle maestre laiche e religiose della scuola. Violenti strattonamenti, spinte contro i tavoli, schiaffi, alimentazione imposta con la forza quando qualcuno rifiutava il cibo. C’era chi veniva messo sopra un armadio molto alto, con il rischio di perdere l’equilibrio e cadere: stava lì e non si poteva muovere. A un altro bimbo sono state legate le mani. E poi urla, insulti. E quel “patto” stipulato con i bambini, secondo alcuni genitori: tutti zitti, tutti vincolati al segreto, “sennò Gesù piange”. Un mese di filmati, nel mese di giugno, “e abbiamo scoperto che quello non era un paradiso, come ci appariva ai cancelli, con le suore così sorridenti e gentili: quello era un inferno”, dice Daniele, padre di una bimba di cinque anni e mezzo. La scuola è in via di Villa Troili, una diramazione dell’Aurelia. Stanze colorate, tanti giochi. È immersa nel verde, ha un grande giardino. Tra i genitori, chi aveva sospetti adesso non si dà pace. È il caso di Marzia, che soffre di stress post-traumatico (“Dopo avere visto i video sono stata anche ricoverata, mi sono sentita male”) e che teme per il futuro di sua figlia, seguita da una psicologa: ci sono giorni in cui la bimba si incupisce, spesso fa fatica a parlare. “Sono un’insegnante di sostegno in una scuola materna, avrei dovuto capire subito e non mi perdono” – dice Marzia -. Mia figlia aveva cominciato a balbettare e aveva comportamenti aggressivi. Più volte ho chiesto spiegazioni alle suore: ogni volta una scusa diversa. Suor Chiara a un certo punto ha ribaltato tutto su di me, dicendomi che il problema ero io: iperprotettiva”. Suor Chiara adesso è a Torino, un trasferimento deciso durante l’estate e comunicato il 28 agosto scorso ai genitori. La madre superiora della confraternita torinese, che filtra le telefonate, si rifiuta di rispondere alle domande del Fatto. Sul sito della scuola primaria sono arrivati messaggi dei genitori dei bimbi che frequentavano la materna romana. Tutti allarmati: temono che a Torino possano verificarsi altri abusi. “Genitori, aprite gli occhi”, scrive Emanuele. “Da poco una suora sarà a capo di questa scuola, peccato che la persona che verrà a dirigerla è indagata a Roma…Parliamo di maltrattamenti fisici e psicologici…”, incalza Lucrezia.
La scuola dell’infanzia delle suore Angeline accoglieva, prima che venisse a galla l’inchiesta, 54 bambini, tra i quali figli di persone che lavorano alla Cei o a TV2000, l’emittente controllata dalla stessa Conferenza episcopale. Molti sono stati ritirati. Ma fino a poco tempo sembrava che, in fondo, tutto filasse liscio. C’era anche il “Cantiere dell’educazione”: incontri tra genitori, sacerdoti, psicologi, maestre. Tre volte all’anno così. E poi tante riunioni per coinvolgere le famiglie. “Arrivavano anche terapeuti di fama – dice Daniele . Ci insegnavano come educare i nostri figli, ci mostravano quali problemi potevano sorgere con un contatto troppo prolungato con le tecnologie digitali”. C’era la consulenza, a pagamento, di un gruppo di psicoterapeuti convenzionati con la scuola, per i genitori i cui figli manifestavano disagio. “Ci spedivano tutti quanti a fare terapia – ricorda Gaia, mamma di un bimbo di quattro anni e mezzo -. Anche io e mio marito ci siamo andati, perché le suore mi avevano detto che mio figlio soffriva di ansia d’abbandono. Secondo loro la responsabilità era nostra perché, lavorando entrambi, non eravamo sufficientemente presenti. Anzi, la colpa era soprattutto mia, mi dissero che mio figlio era vittima della mia ansia da prestazione professionale”. Gaia non riesce a togliersi dalla mente l’immagine di un bambino che viene violentemente scosso fino a cadere per terra. La polizia le ha fatto vedere il filmato. Quello e gli altri che “testimoniano – osserva – come le punizioni peggiori scattassero nel refettorio, quando i bambini non mangiavano. C’era un motto: bocca chiusa e piatto pulito. I bimbi non potevano nemmeno andare in bagno. Tutti i video mostrano un clima di terrore, soprattutto in mensa: se un bimbo veniva punito, gli altri continuavano a mangiare a testa bassa, come se tutto fosse normale. Abbiamo iniziato un percorso terapeutico, io e mio marito vogliamo verificare la profondità del trauma subito da nostro figlio e ricostruirci”. Gli effetti dei maltrattamenti, quando i bimbi erano a casa, emergevano nei modi più disparati. “Mia figlia non riusciva ad andare in bagno – ricorda Daniele -, mostrava un insolito rifiuto per alcuni alimenti. Dopo ci ha parlato di botte. E sembrava che le considerasse normali: come se per lei ormai la scuola volesse dire esattamente quello. Ciò che ci fa più male è che queste persone continuano a esercitare. Le due maestre laiche indagate sono state allontanate. Ma le suore hanno continuato la loro attività come se niente fosse”.
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