Chiamata diretta, l’ultima trovata di certi presidi: preferire i docenti residenti nell’ambito

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Alessandro Giuliani,  La Tecnica della scuola  27.8.2016

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– Lo avevamo detto un mese e mezzo fa, quando sulla chiamata diretta il Miur stava ancora trattando con i sindacati per buttare giù l’accordo tecnico-politico.

Quell’accordo non è mai arrivato, con Viale Trastevere chiamato a produrre delle linee guida in solitudine e decidere in modo uniderezionale come andare a “pescare” dagli ambiti territoriali. La nostra previsione, invece, che con un gioco di parole puntava l’attenzione dal possibile passaggio dalla chiamata diretta a quella eterodiretta, con il rischio delle individuazioni ad personam o quasi, si è invece realizzata. E nemmeno in poche scuole.

Stiamo parlando dei parametri prescelti dai dirigenti scolastici, nell’ambito della chiamata diretta, per decidere quale docente sarebbe più adatto a ricoprire i posti da assegnare a chi ha fatto domanda interprovinciale (non avendo “azzeccato” il primo ambito), ai sopranummerari e a tutti gli assunti dalla fase B della Buona Scuola in poi, compresi i prossimi 32 mila assunti nei giorni di inizio del prossimo anno scolastico.

Questi dirigenti, infatti, hanno prima eluso la norma-base della chiamata diretta inclusa nella L. 107/15 in base alla quale i requisiti di scelta non sono di certo a loro discrezione, ma in stretta relazione al Pof triennale, e poi dato spazio ad esperienze e titoli sempre più particolari. Durante i colloqui, si è addirittura sconfinato nella vita privata dei docenti, chiedendo quali fossero i loro progetti sul matrimonio, sulla gravidanza, sui figli e sul legame loro territorio d’origine.

Anche in ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, è intervenuto per dire che tali procedure sono inadeguate e che i dirigenti che le avessero applicate se ne sarebbero assunti tutte le responsabilità.

Incuranti di tutto ciò, ci sono dei presidi che a tutt’oggi stanno adottando parametri di scelta e colloqui sempre più sganciati dai parametri indicati dai collegi dei docenti. Come dalle Legge 107 e dalle linee guida di fine luglio. L’ultima “moda” sembra essere quella di inserire tra le condizioni di scelta prioritarie la residenza del candidato: qualche giorno ci avevano detto che era stato fatto così in un istituto del litorale romano. Abbiamo fatto delle verifiche: non erano voci infondate. Anche perché, nel frattempo, sono arrivate in redazione delle denunce analoghe, pure circostanziate. Anche da parte dei docenti rimasti esclusi, proprio perché non residenti nell’ambito della scuola dove hanno fatto domanda.

In pratica, anziché andare a verificare il docente più adatto a ricoprire il posto libero, il preside reputa decisive le condizioni logistiche del candidato. E poco importa se non è all’altezza. Perché, l’importante è, evidentemente, che faccia poche assenze e sia potenzialmente presente quasi sempre in occasione dei ritorni pomeridiani. Didattica e progetti sono rimandati. Alla prossima riforma.

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