Il Decreto legislativo n. 150/2009 ha modificato l’art. 55 del Decreto legislativo n. 165/2001 prevedendo che “la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.”
Di seguito, quindi, viene pubblicato il Nuovo codice disciplinare per i dipendenti dell’Istituto Nazionale di Statistica, costituito da:
- norme di carattere pattizio (artt. da 91 a 99 del CCNL 2006/2009)
- norme di carattere legislativo (artt. da 55 a 55-octies del rinnovato decreto legislativo n. 165/2001)
- norme dettate dal Codice di comportamento per i dipendenti pubblici (D.P.R. n. 62 del 16 aprile 2013).
In caso di contrasto, le norme di carattere legislativo prevalgono sulle altre.
1. Codice disciplinare di cui al CCNL 2006/2009
(artt. da 91 a 99)
SEZIONE I – Personale docente
ART. 91 – RINVIO DELLE NORME DISCIPLINARI
1. Per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado, continuano ad applicarsi le norme di cui al Titolo I, Capo IV della Parte III del D.L.vo n. 297 del 1994 (cfr. nota n. 8).
2. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali ed in attesa del loro riordino, al fine di garantire al personale docente ed educativo procedure disciplinari certe, trasparenti e tempestive, entro 30 giorni dalla stipula del presente contratto, le Parti regoleranno con apposita sequenza contrattuale l’intera materia.
SEZIONE II: Personale Amministrativo, tecnico e ausiliario
ART. 92 – OBBLIGHI DEL DIPENDENTE
1. Il dipendente adegua il proprio comportamento all’obbligo costituzionale di servire esclusivamente la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Il dipendente si comporta in modo tale da favorire l’instaurazione di rapporti di fiducia e collaborazione tra l’Amministrazione e i cittadini.
3. In tale contesto, tenuto conto dell’esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare:
a) esercitare con diligenza, equilibrio e professionalità i compiti costituenti esplicazione del profilo professionale di titolarità;
b) cooperare al buon andamento dell’istituto, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’Amministrazione scolastica, le norme in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
c) rispettare il segreto d’ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme vigenti;
d) non utilizzare ai fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d’ufficio;
e) nei rapporti con il cittadino, fornire tutte le informazioni cui abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza e di accesso alle attività amministrative previste dalla legge 7 agosto 1990 n. 24133, dai regolamenti attuativi della stessa vigenti nell’Amministrazione, nonché agevolare le procedure ai sensi del D.Lgs. n.443/200034 e del DPR n.445/200035 in tema di autocertificazione;
f) favorire ogni forma di informazione e di collaborazione con le famiglie e con gli alunni;
g) rispettare l’orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente scolastico;
h) durante l’orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata non solo a princìpi generali di correttezza ma, altresì, all’esigenza di coerenza con le specifiche finalità educative dell’intera comunità scolastica, astenendosi da comportamenti lesivi della dignità degli altri dipendenti, degli utenti e degli alunni;
i) non attendere ad occupazioni estranee al servizio e ad attività lavorative, ancorché non remunerate, in periodo di malattia od infortunio;
l) eseguire gli ordini inerenti all’esplicazione delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l’ha impartito dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il dipendente, non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo;
m) tenere i registri e le altre forme di documentazione previste da specifiche disposizioni vigenti per ciascun profilo professionale;
n) assicurare l’integrità degli alunni secondo le attribuzioni di ciascun profilo professionale;
o) avere cura dei locali, mobili, oggetti, macchinari, attrezzi, strumenti ed automezzi a lui affidati;
p) non valersi di quanto è di proprietà dell’Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;
q) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa;
r) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l’accesso ai locali dell’Amministrazione da parte del personale e non introdurre, salvo che non siano debitamente autorizzate, persone estranee all’Amministrazione stessa in locali non aperti al pubblico;
s) comunicare all’Amministrazione la propria residenza e dimora, ove non coincidenti, ed ogni successivo mutamento delle stesse;
t) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza, salvo comprovato impedimento;
u) astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente propri interessi finanziari o non finanziari.
ART. 93 – SANZIONI E PROCEDURE DISCIPLINARI
1. Le violazioni degli obblighi disciplinati dall’art. 92 del presente contratto danno luogo, secondo la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, all’applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto;
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) licenziamento con preavviso;
f) licenziamento senza preavviso.
2. L’Amministrazione, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente senza previa contestazione scritta dell’addebito – da effettuarsi entro 20 giorni da quando il soggetto competente per la contestazione, di cui al successivo art. 90, è venuto a conoscenza del fatto – e senza averlo sentito a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
3. Il dipendente al quale sono stati contestati i fatti viene convocato con lettera per la difesa non prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dall’accadimento del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni.
4. Nel caso in cui la sanzione da comminare non sia di sua competenza, ai sensi del successivo art. 88, il dirigente scolastico, ai fini del comma 2, segnala entro 10 giorni, all’ufficio competente i fatti da contestare al dipendente per l’istruzione del procedimento, dandone contestuale comunicazione all’interessato.
5. Al dipendente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l’accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti il procedimento a suo carico.
6. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data di contestazione di addebito. Qualora non sia stato portato a termine entro tale data, il procedimento si estingue.
7. L’ufficio competente per i procedimenti disciplinari sulla base degli accertamenti effettuati e delle giustificazioni addotte dal dipendente, irroga la sanzione applicabile tra quelle indicate al comma 1. Quando il medesimo ufficio ritenga che non vi sia luogo a procedere disciplinarmente dispone la chiusura del procedimento, dandone comunicazione all’interessato.
8. I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il lavoratore dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso.
9. I termini di cui al presente articolo devono intendersi come perentori.
10. Per quanto non previsto dalla presente disposizione si rinvia all’art. 55 del D.L.vo 165/2001(cfr. nota n.2).
11. Per quanto riguarda conciliazione ed arbitrato, si rinvia al copo XII del presente CCNL.
ART. 94 – COMPETENZE
1. Il rimprovero verbale, il rimprovero scritto e la multa sono inflitti dal dirigente scolastico.
2. La sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni, il licenziamento con preavviso e il licenziamento senza preavviso sono inflitti dal Direttore generale regionale.
ART. 95 – CODICE DISCIPLINARE
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza ed in conformità di quanto previsto dall’art. 55 del D.L.vo n. 165/2001 (cfr. nota n.2), il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza, e imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’Amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f) al concorso nel fatto di più lavoratori in accordo tra loro.
2. La recidiva in mancanze già sanzionate nel biennio di riferimento comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell’ambito della medesima fattispecie.
3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a quattro ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro;
b) condotta non conforme a princìpi di correttezza verso i superiori o altri dipendenti o nei confronti dei genitori, degli alunni o del pubblico;
c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati ovvero nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti affidati al dipendente o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare azione di vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o disservizio;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’Amministrazione, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 6 della legge n. 300 del 197036;
f) insufficiente rendimento, rispetto a carichi di lavoro e, comunque, nell’assolvimento dei compiti assegnati;
g) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi.
5. L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio della scuola e destinato ad attività sociali a favore degli alunni.
6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4 che abbiano comportato l’applicazione del massimo della multa;
b) particolare gravità delle mancanze previste nel comma 4;
c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato ritardo, fino a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori;
e) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa;
g) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti dei superiori, di altri dipendenti, dei genitori, degli alunni o dei terzi;
h) alterchi con ricorso a vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con genitori, alunni o terzi;
i) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Amministrazione, esulanti dal rispetto della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge 300 del 1970 (cfr. nota n. 37);
l) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;
m) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all’Amministrazione, ai genitori, agli alunni o a terzi.
7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso di applica per:
a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste nel comma 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Amministrazione o ad essa affidati;
c) rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio;
d) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi lavorativi;
e) persistente insufficiente rendimento o fatti che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;
f) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
g) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:
a) terza recidiva nel biennio di: minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri dipendenti; alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
b) accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con mezzi fraudolenti;
c)condanne passate in giudicato:
1. di cui art. 58 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.26737 ,nonchè per i reati di cui agli art. 31638 e 316 bis39 del codice penale;
2. quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici;
3. per i delitti indicati dall’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 200140.
d) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità;
e) commissione in genere di fatti o atti dolosi, anche non consistenti in illeciti di rilevanza penale per i quali vi sia obbligo di denuncia, anche nei confronti di terzi, di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
9. Al codice disciplinare di cui al presente articolo deve essere data la massima pubblicità mediante affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può essere sostituita con altre.
ART. 96- RAPPORTO TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE
1. Nel caso di commissione in servizio di gravi fatti illeciti, commessi in servizio, di rilevanza penale l’amministrazione inizia il procedimento disciplinare ed inoltra la denuncia penale. Il procedimento disciplinare rimane tuttavia sospeso fino alla sentenza definitiva. Analoga sospensione è disposta anche nel caso in cui l’obbligo della denuncia penale emerga nel corso del procedimento disciplinare già avviato.
2. Al di fuori dei casi previsti nel comma precedente, quando l’amministrazione venga a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a carico del dipendente per i medesimi fatti oggetto di procedimento disciplinare, questo è sospeso fino alla sentenza definitiva.
3. Fatte salve le ipotesi di cui all’art. 5, commi 2 e 4, della legge 97 del 2001 (cfr. nota n. 42), negli altri casi il procedimento disciplinare sospeso ai sensi del presente articolo è riattivato entro 180 giorni da quando l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza definitiva e si conclude entro 120 giorni dalla sua riattivazione.
4. Per i casi previsti all’art. 5, comma 4, della legge 97 del 2001 (cfr. nota n. 42), il procedimento disciplinare precedentemente sospeso è riattivato entro 90 giorni da quando l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza definitiva e deve concludersi entro i successivi 120 giorni dalla sua riattivazione.
5. L’applicazione della sanzione prevista dall’ art. 91, come conseguenza delle condanne penali citate nei commi 8, lett. f) e 9, lett. c) e d), non ha carattere automatico, essendo correlata all’esperimento del procedimento disciplinare, salvo quanto previsto dall’art. 5, comma 2 della legge n. 97 del 2001 (cfr. nota n. 42).
6. In caso di assoluzione si applica quanto previsto dall’art. 653 c.p.p.41– Ove nel procedimento disciplinare sospeso al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni, il procedimento medesimo riprende per dette infrazioni.
7. In caso di proscioglimento si procede analogamente al comma 6.
8. In caso di sentenza irrevocabile di condanna trova applicazione l’art. 1 della legge 97 del 2001 (cfr. nota n.42).
9. Il dipendente licenziato ai sensi dell’art. 91, comma 8 lettera f) e comma 9, lett. c) e d), e successivamente assolto a seguito di revisione del processo, ha diritto, dalla data della sentenza di assoluzione, alla riammissione in servizio nella medesima sede o in altra su sua richiesta, anche in soprannumero, nella medesima qualifica e con decorrenza dell’anzianità posseduta all’atto del licenziamento.
10. Il dipendente riammesso ai sensi del comma 9, è reinquadrato, nell’area e nella posizione economica in cui è confluita la qualifica posseduta al momento del licenziamento qualora sia intervenuta una nuova classificazione del personale. In caso di premorienza, il coniuge o il convivente superstite e i figli hanno diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati attribuiti al dipendente nel periodo di sospensione o di licenziamento, escluse le indennità comunque legate alla presenza in servizio ovvero alla prestazione di lavoro straordinario.
ART. 97- SOSPENSIONE CAUTELARE IN CASO DI PROCEDIMENTO PENALE
1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d’ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà.
2. L’amministrazione, ai sensi del presente articolo, cessato lo stato di restrizione della libertà personale, può prolungare il periodo di sospensione del dipendente, fino alla sentenza definitiva alle medesime condizioni del comma 3.
3. Il dipendente, può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui sia sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 93, comma 1, lettere e) ed f).
4. Resta fermo l’obbligo di sospensione cautelare dal servizio per i reati indicati dall’art. 58 del D.lgs. n.267/2000.
5. Nel caso dei reati previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, in alternativa alla sospensione di cui al presente articolo, possono essere applicate le misure previste dallo stesso art. 3. Per i medesimi reati, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, si applica l’art. 4, comma 1, della citata legge 97 del 2001.
6. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica quanto previsto dall’art. 96 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
7. Al dipendente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 5 sono corrisposti un’indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale di cui all’art. 77 del presente CCNL, comma 1, nonchè gli assegni del nucleo familiare, ove spettanti.
8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento, ai sensi dell’art. 92, commi 6 e 7, quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità sarà conguagliato con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi speciali o per prestazioni di carattere straordinario. Ove il giudizio disciplinare riprenda, per altre infrazioni, ai sensi del medesimo art. 92, comma 6, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso sarà conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi e funzioni speciali o per prestazioni di carattere straordinario, nonché i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
10. Quando vi sia stata sospensione cautelare del servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente riammesso in servizio. Il procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all’esito del procedimento penale.
11. I procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del presente contratto vanno portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro inizio.
ART. 98- COMITATO PARITETICO SUL MOBBING
1. Per mobbing si intende una forma di violenza morale o psichica nell’ambito del contesto lavorativo, attuato dal datore di lavoro o da dipendenti nei confronti di altro personale. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie o vessatorie tali da comportare un’afflizione lavorativa idonea a compromettere la salute e/o la professionalità e la dignità del dipendente sul luogo di lavoro, fino all’ipotesi di escluderlo dallo stesso contesto di lavoro.
2. In relazione al comma 1, le parti, anche con riferimento alla risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001, riconoscono la necessità di avviare adeguate ed opportune iniziative al fine di contrastare l’evenienza di tali comportamenti; viene pertanto istituito, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente contratto, uno specifico comitato paritetico presso ciascun Ufficio scolastico regionale con i seguenti compiti:
- raccolta dei dati relativi all’aspetto quantitativo e qualitativo del fenomeno;
- individuazione delle possibili cause, con particolare riferimento alla verifica dell’esistenza di condizioni di lavoro o fattori organizzativi e gestionali che possano determinare l’insorgere di situazioni persecutorie o di violenza morale;
- proposte di azioni positive in ordine alla prevenzione delle situazioni che possano favorire l’insorgere del mobbing;
- formulazione di proposte per la definizione dei codici di condotta.
3. Le proposte formulate dai comitati sono presentate al Direttore regionale per i connessi provvedimenti, tra i quali rientrano, in particolare, la costituzione e il funzionamento di sportelli di ascolto nell’ambito delle strutture esistenti, l’istituzione della figura del consigliere/consigliera di fiducia, nonché la definizione dei codici di condotta, sentite le organizzazioni sindacali firmatarie del presente CCNL.
4. In relazione all’attività di prevenzione del fenomeno, i comitati valutano l’opportunità di attuare, nell’ambito dei piani generali per la formazione, idonei interventi formativi e di aggiornamento del personale, che possono essere finalizzati, tra l’altro, ai seguenti obiettivi:
- affermare una cultura organizzativa che comporti una maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno e delle sue conseguenze individuali e sociali;
- favorire la coesione e la solidarietà dei dipendenti attraverso una più specifica conoscenza dei ruoli e delle dinamiche interpersonali, anche al fine di incentivare il recupero della motivazione e dell’affezione all’ambiente lavorativo da parte del personale.
5. I comitati di cui al comma 3 sono costituiti da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali firmatarie del presente CCNL e da un pari numero di rappresentanti dell’Amministrazione. Il presidente del comitato viene alternativamente designato tra i rappresentanti dell’Amministrazione ed il vicepresidente dai componenti di parte sindacale. Per ogni componente effettivo è previsto un componente supplente. Ferma rimanendo la composizione paritetica dei comitati, di essi fa parte anche un rappresentante del comitato per le pari opportunità, appositamente designato da quest’ultimo, allo scopo di garantire il raccordo tra le attività dei due organismi.
6. Gli Uffici scolastici regionali favoriscono l’operatività dei comitati e garantiscono tutti gli strumenti idonei al loro funzionamento. In particolare valorizzano e pubblicizzano con ogni mezzo, nell’ambito lavorativo, i risultati del lavoro svolto dagli stessi. I comitati sono tenuti a redigere una relazione annuale sull’attività svolta.
7. I comitati di cui al presente articolo rimangono in carica per la durata di un quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I componenti dei comitati possono essere rinnovati nell’incarico per un sola volta.
ART. 99 – CODICE DI CONDOTTA RELATIVO ALLE MOLESTIE SESSUALI NEI LUOGHI DI LAVORO
1. I Direttori generali regionali danno applicazione, con proprio atto, al codice di condotta relativo ai provvedimenti da assumere nella lotta contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, come previsto dalla raccomandazione della Commissione europea del 27.11.1991, n. 92/131/CEE, allegata a titolo esemplificativo al n. 1 del presente contratto per fornire linee guida uniformi in materia. Dell’atto così adottato i Direttori generali danno informazione preventiva alle OO.SS. firmatarie del presente CCNL.
2. Decreto legislativo n. 165/2001
(artt. da 55 a 55-octies)
55. Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all’articolo 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti
collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente determinata all’esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l’inizio e la conclusione.
4. Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3.
55-bis. Forme e termini del procedimento disciplinare
1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’articolo 55-ter. Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all’uso della posta elettronica certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell’istruttoria, il capo della struttura o l’ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
55-ter. Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento
disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell’articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.
55-quater. Licenziamento disciplinare
1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso.
55-quinquies. False attestazioni o certificazioni
1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica
falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica
al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.
55-sexies. Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione
e limitazione della responsabilità per l’esercizio dell’azione disciplinare
1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito
dal contratto collettivo.
4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
55-septies. Controlli sulle assenze
1. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall’articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all’amministrazione interessata.
3. L’Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L’inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce
illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta l’applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
5. L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze
funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto
del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto all’amministrazione generale del personale, secondo le rispettive
competenze, curano l’osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell’interesse della funzionalità dell’ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3.
55-octies. Permanente inidoneità psicofisica
1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 2, comma 2, l’amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell’idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell’Amministrazione;
b) la possibilità per l’amministrazione, nei casi di pericolo per l’incolumità del dipendente interessato nonché per la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in attesa dell’effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;
c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall’amministrazione in seguito all’effettuazione della visita di idoneità;
d) la possibilità, per l’amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità.
3. Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici
(D.P.R. n. 62 del 16 aprile 2013)
IL PRESIDENTE DELLLA REPUBBLICA
Emana
il seguente regolamento:
Art. 1 Disposizioni di carattere generale
1. Il presente codice di comportamento, di seguito denominato “Codice”, definisce, ai fini dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.
2. Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n.165 del 2001.
Art. 2 Ambito di applicazione
1. Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decretolegislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro e’ disciplinato in base all’articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all’articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 stendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.
4. Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.
Art. 3 Principi generali
1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui e’ titolare.
2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza,equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.
4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.
5. Nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilita’, condizioni sociali o di salute, eta’ e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.
6. Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.
Art. 4 Regali, compensi e altre utilità
1. Il dipendente non chiede, ne’ sollecita, per se’ o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per se’ o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per se’ o per altri, regali o altre utilità’, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, ne’ da soggetti nei cui confronti e’ o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.
3. Il dipendente non accetta, per se’ o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d’uso di modico valore.
4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.
5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all’esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni.
6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza.
7. Al fine di preservare il prestigio e l’imparzialità dell’amministrazione, il responsabile dell’ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.
Art. 5 Partecipazione ad associazioni e organizzazioni
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Il presente comma non si applica all’adesione a partiti politici o a sindacati.
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, ne’ esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.
Art. 6 Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d’interesse
1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Art. 7 Obbligo di astensione
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il
responsabile dell’ufficio di appartenenza.
Art. 8 Prevenzione della corruzione
1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.
Art. 9 Trasparenza e tracciabilità
1. Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
2. La tracciabilita’ dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.
Art. 10 Comportamento nei rapporti privati
1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, ne’ menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.
Art. 11 Comportamento in servizio
1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda ne’ adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza.
2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell’ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell’amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d’ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d’ufficio.
Art. 12 Rapporti con il pubblico
1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l’esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall’amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera più completa e accurata possibile. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l’interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d’ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall’amministrazione, l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.
2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell’amministrazione.
3. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in un’amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall’amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
4. Il dipendente non assume impegni ne’ anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.
5. Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima amministrazione.
Art. 13 Disposizioni particolari per i dirigenti
1. Ferma restando l’applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell’articolo 19, comma 6,del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.
2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all’atto di conferimento dell’incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l’assolvimento dell’incarico.
3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.
5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui e’ preposto, favorendo l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all’aggiornamento del personale, all’inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di eta’ e di condizioni personali.
6. Il dirigente assegna l’istruttoria delle pratiche sulla base di un’equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita’, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.
7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e’ preposto con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.
8. Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l’illecito all’autorità disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attivita’ e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’amministrazione.
Art. 14 Contratti ed altri atti negoziali
1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, ne’ corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, ne’ per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l’amministrazione abbia deciso di ricorrere all’attività di intermediazione professionale.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell’amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l’amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell’ufficio.
3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell’amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.
5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l’amministrazione, rimostranze orali o scritte sull’operato dell’ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.
Art. 15 Vigilanza, monitoraggio e attività formative
1. Ai sensi dell’articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull’applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.
2. Ai fini dell’attività di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell’ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell’articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresì, le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia’ istituiti.
3. Le attivita’ svolte ai sensi del presente articolo dall’ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L’ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all’articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l’aggiornamento del codice di comportamento dell’amministrazione, l’esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell’amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell’articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all’Autorità nazionale anticorruzione, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, l’ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all’articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.
4. Ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l’ufficio procedimenti disciplinari può chiedere all’Autorità nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.
5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili
in tali ambiti.
6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l’attuazione dei principi di cui al presente articolo.
7. Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 16 Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice
1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, da’ luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa e’ fonte di responsabilità disciplinare
accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalitàdelle sanzioni.
2. Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione e’ valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravita’ del comportamento e all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell’amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravita’, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l’immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un’attività tipici dell’ufficio,
5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.
3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.
Art. 17 Disposizioni finali e abrogazioni
1. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell’amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell’amministrazione. L’amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all’atto di conferimento dell’incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.
2. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalità previste dal comma 1 del presente articolo.
3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante “Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e’ abrogato. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma addì, 16 aprile 2013
NAPOLITANO
Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri
Patroni Griffi, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione
Visto, il Guardasigilli: Severino
Registrato alla Corte dei conti il 23 maggio 2013
Registro n. 4, foglio n. 300